Bardelli: impresa, passione, successo
Diventare imprenditore vuol dire raggiungere la piena consapevolezza e libertà di se stessi, vuol dire svegliarsi la mattina con una ragione di vita, vuol dire migliorarsi continuamente. Mettere su un’ organizzazione piccola o grande che sia, fondata sulle proprie passioni, non è da intendere come un lavoro ma come un’opera sociale. La maggior parte degli imprenditori iniziano un business grazie ad un interesse. Un business basato su un interesse, un hobby o una passione ha molta più forza di qualunque altro business. Quando fai quello che ti piace, è solo vita, non lavoro.
Questo è il caso di Antonio Maria Bardelli. Nato nel 1955, entra nel mondo dell’impresa nel 1978 accanto a suo padre, il comm. Antonio Bardelli, ed è subito un successo.
Poi l’idea illuminante, quel colpo di genio che pochi hanno la fortuna di avere: la nascita e lo sviluppo del Centro Commerciale “Città Fiera”, diventato oggi il centro commerciale più grande d’Italia.
“Quello che si è realizzato oggi è un processo che è iniziato ben quindici anni fa. L’iter amministrativo è stato lungo e faticoso, ora cogliamo finalmente i frutti. Quando intrapresi questo percorso nessuno credeva che si potesse realizzare qualcosa del genere a Udine. Io invece ci ho sempre creduto, ho rischiato per creare qualcosa di nuovo, per un certo verso sono stato un visionario. Devo ringraziare mio padre per avermi dato questo spirito e questa tenacia”.
Passo dopo passo Bardelli ha raggiunto la vetta ma il percorso non è stato affatto facile: “Sono molte le difficoltà alle quali qualunque imprenditore, me compreso, va ogni giorno incontro. La crisi ha rallentato molto il mio progetto, crescere in un periodo nero per l’economia è stato complicato. Altro punto critico è poi stata la burocrazia, lavorare con un quadro normativo poco chiaro è un handicap. Ci siamo dovuti adattare al momento ma l’ambizione di voler migliorare, di innovare, è però sempre prevalsa. La crescita comunque non si fermerà di certo qui”.
Il segreto è scommettere sull’innovazione, per questo motivo Bardelli è smpre pronto a lanciare nuove idee e nuovi progetti: “Stiamo portando avanti una precisa strategia che ha come obiettivo finale quello di riuscire a portare il meglio del mondo qui nella nostra terra. Siamo già al lavoro per aumentare le possibilità per il mondo della casa, del divertimento e dell’outlet. E’ su queste direttrici che avvieremo il grosso delle operazione future. Il tutto sarà realizzato con grande flessibilità, sempre step by step. Quello di poter operare in più fasi è un vantaggio non da poco rispetto alle grandi multinazionali che portano avanti operazioni simili. In più dalla nostra parte c’è la conoscenza capillare del territorio, un fattore che ci dà quel qualcosa in più rispetto a tutti”.
Altra sfida per il futuro potrebbe essere quella del rilancio del centro storico di Udine: “Mi sento molto legato alla città e sono pronto a collaborare per lo sviluppo economico del centro. In un mondo sempre più globalizzato è inutile continuare a parlare di concorrenza tra Città Fiera e Udine. Credo che queste due realtà dovrebbero partecipare attivamente assieme alla realizzazione di un piano che si rivolga ad un bacino più ampio di quello friulano. Per vincere le sfide che il futuro ci riserverà bisogna imparare a fare sistema. Questa è una sfida però che non posso vincere da solo. Spero che qualcuno comprenda questo messaggio e metta da parte una volta per tutte antipatie ed invidie personali, la logica del nemico non porta a nulla ma nuoce e basta”.
Collaborazione non solo con il centro ma anche con l’Udinese e la vicina area del nuovo Stadio Friuli: “Io credo che sia sempre intelligente trovare delle sinergie, soprattutto tra entità vicine di casa. Con i Pozzo ne parlai molto tempo fa senza tramutare però il discorso in un piano operativo. Sicuramente da parte mia c’è la volontà di collaborare per creare un polo unico nel suo genere. Si tratta ora di capire quale possa essere il progetto più vantaggioso sia per noi che per loro”.
Grande imprenditore, geniale uomo d’affari, quello di Bardelli è un profilo che attira l’attenzione della politica, soprattutto in un periodo di campagna elettorale come quello che la nostra regione si appresta a vivere: “Mi rendo conto che fare politica è una cosa importante e che tutti dovrebbero occuparsene. Personalmente ho avuto qualche esperienza da giovane, dal 1980 al 1985 sono stato Consigliere Comunale a Udine durante la giunta Candolini, poi ne sono rimasto sempre fuori. Ho declinato diversi incarichi per via dei miei impegni lavorativi. Non accetterei mai una proposta fatta a due mesi dalle elezioni, se mi dovessi impegnare lo farei in maniera seria, per fare qualcosa di concreto per il bene comune. Da imprenditore consiglio comunque ai politici di dedicarsi alla semplificazione burocratica del nostro Paese. All’Italia servono poi norme certe. Oggi siamo alle prese con delle leggi che si interpretano è ciò rende il terreno fertile per la corruzione. Il sistema normativo deve essere più chiaro”.
Attirare capitali stranieri, questa invece potrebbe essere la soluzione per il rilancio del Friuli Venezia Giulia: “Il Friuli è una regione piccola, sia dal punto di vista geografico che in termini di abitanti, che però può vantare una posizione strategica unica. Mi piace sempre ricordare Aquileia, una delle città più grandi ai tempi dei romani, che fu un punto nevralgico al centro dell’Impero. Ora il Friuli deve sapere prendere spunto da questo suo grande passato e diventare il cuore della nuova Europa. Per far sì che questo sia possibile però servono investimenti ed infrastrutture. Solo così si potranno attirare nuovi capitali dall’estero in grado di far crescere la nostra economia. Il Friuli non deve guardare solo al suo territorio ma deve saper aprirsi al mondo”.
Quali allora le prospettive per il futuro? Come si vede Bardelli tra dieci anni? “Mi vedo ancora qui ma in un regime semipensionistico” -ci dice con un sorriso- “Mi auguro che tra dieci anni si sia completato il passaggio generazionale che è in corso. Ogni cosa ha la sua stagione. A 72 anni vorrei però avere la consapevolezza di essere diventato non indispensabile. Ho la firtuna di avere dei figli capaci a cui affidare quanto ho costruito in tanti anni di lavoro”.