Renzo Tondo, l’uomo, il ristoratore, il politico
Ci aspetta seduto su una panchina sotto il portico del suo locale, “Al Fogolar” a Chiualis. Sono da poco passate le 14 e Renzo Tondo, respira un attimo dopo aver finito il servizio di pranzo. Gli ultimi clienti nel frattempo escono salutando, non rendendosi forse conto che chi li ha serviti non era un ristoratore qualunque ma l’ex Presidente del Friuli Venezia Giulia, ancora oggi uno degli uomini politici più influenti della regione.
“Gradite un piatto di tagliatelle con i porcini?”, ci accoglie così. “Si figuri Presidente, non vorremmo disturbare” replichiamo, “Prima si mangia, poi l’intervista”. Impossibile a quel punto rifiutare. Jeans e maglietta, Tondo torna subito dietro il bancone. È questo il suo vero lavoro, l’ha sempre detto con un certo vanto. La politica è un’altra cosa, il suo cellulare però sembra impazzito. Dopo la sua ultima dichiarazione in molti lo cercano, giornalisti, sindaci, interlocutori politici. La sua decisione di rendersi disponibile a ricandidarsi al ruolo di Presidente è stata una notizia che ha sconquassato molti piani, una bomba, non solo dal punto di vista mediatico. Legge i messaggi, risponde alle telefonate, di poche parole come sempre anche se tutti vorrebbero saperne qualcosa in più. Da buon carnico lui è molto pragmatico, diretto, certi fronzoli perferisce lasciarli agli altri.
Finito il pranzo finalmente si siede con noi. “Ditemi pure”, consapevole già che la prima domanda sarà scontata. “Presidente, allora è pronto a ricandidarsi?” “Ho dato la mia disponibilità. Ci sono anche io” schietto ci risponde “Ho un dovere nei confronti di chi ha votato Autonomia Responabile, dei consiglieri eletti e delle decine di amministratori locali che si sono avvicinati al movimento e hanno chiesto la mia disponibilità a candidarmi alla presidenza. Fare il Presidente non è facile, anzi. Sono stati cinque anni pesantissimi ma credo di aver fatto del mio meglio e ora vorrei continuare a dare il mio contributo. Per questo motivo farò parte della squadra. I nomi si sono ristretti a quattro, cinque persone, quelle che tutti ormai sanno. Si sceglierà tra questi e confermo, ci sono anche io”.
E’ il senso del dovere e non l’opportunismo a spingerlo a ricominciare la battaglia. A Tondo la carica in sè non interessa: “A me piace fare il ristoratore, da sempre. Non c’è nulla di meglio di stare fra la gente. Il mio mestiere mi ha sempre consentito di essere un uomo libero. Quando nel 2003 mi sacrificarono per la Guerra tornai qui nel mio ristorante. Vivere di politica non è un bene. Ho sempre creduto che il politico di mestiere fosse una cosa sbagliata, in politica servono politici che abbiano mestiere. Ora torno in corsa perché sento che posso ancora dare qualcosa a questa terra. La politica comunque è peggiorata molto in questi ultimi anni, la fine dei partiti ha tolto quel filtro che prima invece c’era. Oggi ci sono persone che senza alcuna esperienza fanno la corsa alla poltrona. Per questo motivo la politica è sentita sempre più lontana dai cittadini”.
Il ristorante, un modo anche per staccare la spina da un mondo crudele, che non perdona nulla, come quello della politica: “Vi racconto questo aneddoto. Un giorno mi chiamò Formigoni. Mi disse che il giorno dopo sarebbe venuto a Trieste e che doveva assolutamente incontrarmi. Mia figlia però mi aveva chiesto una mano in cucina e le promisi di esserci. Sapete me la cavo ancora bene. Non potendo dire che ero impegnato ai fornelli mi inventai una scusa, gli dissi che purtroppo non potevo muovermi perché erano arrivati dei parenti dall’Australia. Ho sempre messo prima la famiglia e poi la politica, non potrebbe essere il contrario”.
La sconfitta del 2013 però è ancora una ferita aperta: “Fu una sciagura. La divisione interna al centro destra mi costò la vittoria. Quelle elezioni le abbiamo perse noi. Sono stati fatti degli errori imperdonabili che hanno permesso alla sinistra di salire al potere. Dividerci sarebbe un atto irresponsabile. Errare human est, perseverare autem diabolicum”.
Sì, perché questa volta l’occasione è storica, sbagliare ancora sarebbe devastante: “Il centro sinistra è sulla china discendente, una china inarrestabile, iniziata con il referendum e proseguita con le ultime elezioni amministrative. Il destino è nelle nostre mani, anzi nelle nostre idee. Ci stiamo giocando un partita importante”.
In ballo infatti c’è il futuro della Regione. Il prossimo quinquennio sarà decisivo, o nel bene o nel male: “Si è rotto il patto sociale che garantiva equilibrio al nostro territorio. Tra la sanità e le Uti si capisce che è accaduto qualcosa di grave. Non si sono mai viste prima delle proteste così forti. Per questo motivo dobbiamo agire in fretta. Il Friuli Venezia Giulia ha bisogno di una netta sterzata. Dobbiamo essere tutti uniti per recuperare quanto ci è stato tolto, riconquistando il ruolo che questa regione merita”.
Ripartire, tutti lo dicono, ma da dove? Il Friuli ancora oggi infatti stenta ad uscire dalla crisi e serve un progetto concreto: “La nostra economia è basata sulla piccola e media impresa, quella fatta dai piccoli imprenditori e dai bravi artigiani che producono la vera ricchezza per il territorio. E’ lì che dobbiamo dare sostegno. Dobbiamo creare posti di lavoro e dare una prospettiva. Come? Detessando chi lavora. Meno tasse e più investimenti”.
Altro nodo da sciogliere è poi la sanità: “Si deve ritornare alla separazione tra aziende ospedaliere e territoriali. La riforma della Serracchiani è stata fatta male e non dà sicurezze ad una popolazione che diventa sempre più vecchia e bisognosa di servizi. Mi chiedo fino a quando ci permetteremo di pagare tutto. Prima cosa per razionalizzare le spese non è tagliare i servizi ma eliminare i doppioni.
Viene poi naturale passare a parlare delle Uti: “E’ l’errore più grave della Serracchiani. Una frattura con il territorio da ricomporre a tutti i costi. La struttura regionale andava semplificata, invece sono riusciti perfino ad appensantirla ancora di più. Va tutto semplificato nella gestione e nei costi. Per la Serracchiani comunque è stata una battaglia personale per dimostrare qualcosa a Roma”.
Proprio i tavolini romani rischiano di pesare anche sulle scelte del Friuli: “E’ sempre stato così. Gli equilibri non saranno ininfluenti ma dobbiamo far sì che il Fvg non diventi un tassello da mettere a posto nello scacchiere regionale”.
L’avversario da battere? Tondo non ha dubbi su chi sarà: “In pole c’è Bolzonello, il candidato più forte che la sinistra possa presentare. Anche per lui però sarà difficile sganciarsi dalla Serracchiani e dai suoi errori. La scorsa volta è stato il grande artefice della vittoria, poi però sulle decisioni prese della sua Presidente non ha messo becco”.
“Qui in Carnia si sta bene, l’aria è fresca” ci dice alzandosi per concludere il discorso. “Presidente, ci dica che le dobbiamo per il pranzo?”“State scherzando? Quando venite qui siete sempre miei ospiti” e se ne rientra dentro in quella che è e sarà casa sua.