Alla riscoperta di antiche varietà di mais locale. Progetto di studio per lanciare una filiera produttiva
Studiare le vecchie varietà di mais locale, nostrano, “salvate” da tenaci agricoltori e da Enti di ricerca e sperimentazione per far partire una filiera produttiva che valorizzi questa agrobiodiversità. E’ l’obiettivo di un approfondimento multidisciplinare che ha visto la collaborazione dell’Orto Botanico Friulano della Provincia di Udine, dell’Università di Udine e dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale-ERSA i cui risultati sono stati resi noti nel corso di un convegno a palazzo Belgrado. Incontro che ha visto, dopo i saluti dell’assessore provinciale Marco Quai e del direttore dell’Ersa Paolo Stefanelli, susseguirsi le relazioni degli esperti: Michele Fabro e Giorgio Barbiani (Ersa), Luca Poggetti assegnista di ricerca, Pietro Zandigiacomo (Università di Udine) e Paolo Ermacora (Banca del Germoplasma).
Gli studi sono stati eseguiti su gruppi varietali di mais “Biancoperla”, “Marano” e “Rosso” a libera impollinazione, materiale prezioso che deriva dalla selezione fatta dai nostri “nonni” e fortemente minacciato di scomparsa per effetto della loro sostituzione con le specie ibride commerciali. L’attuale panorama varietale del mais, infatti, è caratterizzato da innumerevoli specie ibride e i mais sul mercato vengono coltivati per svariati usi, principalmente per la produzione di granella e silomais per l’alimentazione animale, per la produzione di biomassa per scopi energetici, per la produzione di ‘mais dolce’, da pop corn e per altri utilizzi industriali. Nell’Ottocento e fino alla metà del Novecento la situazione era nettamente diversa: venivano coltivate diverse varietà a libera impollinazione derivanti da selezioni svolte dai contadini sui caratteri più interessanti, con particolare attenzione alla produzione di farina. Erano presenti varietà precoci (a ciclo breve), denominate ad esempio ‘quarantino’ (‘quaranta giorni’ di ciclo) e ‘cinquantino’ o ‘brigantino’ (‘cinquanta giorni’) adatte come secondo raccolto dopo un cereale autunno-vernino, e varietà più tardive da primo raccolto, denominate ad esempio ‘maggengo’ (varietà tardiva adatta per la semina in aprile-maggio), ‘agostano’ (varietà a maturazione medio-lunga, raccoglibile ad agosto). A partire dagli anni ’50 le varietà ibride americane hanno preso progressivamente il posto delle varietà a libera impollinazione selezionate localmente, in quanto queste ultime erano meno produttive, sebbene bisognose di minori input chimici e talvolta di elevata e superiore qualità della granella, in particolare per la produzione di farina da polenta per l’alimentazione umana.
Nel convegno verranno illustrati i risultati delle ricerche storiche, delle analisi genetiche e tecnologiche. Questi dati sono necessari per iscrivere le varietà nel Registro Nazionale delle Varietà da Conservazione, passo necessario per la coltivazione e commercializzazione da parte degli agricoltori friulani oltre che per amplificare le attività di valorizzazione che diversi gruppi e associazioni hanno avviato utilizzando le farine ricavate da questi mais. Sono stati due gli assegni di ricerca finanziati dalla Provincia di Udine all’Università a tale scopo a partire dal 2015, mentre il materiale oggetto di studio proviene dalla collezione di mais antichi custodita dall’Ersa a partire dagli anni ’80 che ha curato anche la loro selezione e caratterizzazione morfologica e tecnologica.
L’incontro si è aperto con l’esposizione di varietà di mais storici locali e si è concluso con una degustazione di una polenta ottenuta da farine di queste varietà