A Cividale i 652 anni della Messa dello Spadone
Il 6 gennaio per Cividale del Friuli non è solo la festa dell’Epifania, ma una giornata in cui si tiene una manifestazione che richiama folle di turisti e curiosi provenienti anche da oltre confine.
In tale data infatti, un rito religioso tra i più originali che la Chiesa Romana ha conservato ed un’attenta rievocazione storica catapultano la città longobarda indietro nel tempo, al XIV secolo, ricostruendo un frammento importante della storia cividalese.
Stiamo parlando della Messa dello Spadone e della rievocazione storica che la segue. Questa mattina sono stati rievocati i 652 anni di uno dei riti liturgici più singolari del mondo cattolico, la Messa solenne detta “dello Spadone”. Il particolare rito liturgico prevede che il Diacono, che indossa l’elmo piumato, saluti i fedeli impugnando con la mano destra la spada e con la sinistra l’Evangeliario (simboli del potere temporale e spirituale del Patriarca).
L’appellativo “dello spadone” deriva dal fatto che, durante la cerimonia liturgica, fa la sua comparsa una spada, appartenuta al Patriarca Marquardo di Randeck, che il Diacono usa, in diversi momenti, sollevandola e fendendo l’aria in segno di saluto o benedizione, quando si rivolge al clero disposto nel coro e ai fedeli. La tesi più accreditata è quella che vuole dare alla cerimonia il doppio significato liturgico e politico, in quanto celebrata dal Patriarca all’atto del suo insediamento. Il Patriarca, infatti, era anche uomo d’arma in quanto deteneva il potere “temporale” di un vasto territorio: il Patriarcato d’Aquileia. Questa tesi può essere ulteriormente avvalorata dal fatto che il Diacono, con in testa un elmo piumato, durante alcuni momenti del rito impugna con la mano destra la spada e con la sinistra l’Evangeliario. La messa ha inizio con la processione del clero che esce dalla sacrestia secondo un preciso protocollo: il primo ad uscire è un chierichetto con una croce astile in argento, ai suoi lati due ceroferari con i loro candelieri; seguono i canonici ( un tempo una quarantina) con la cappa magna e le insegne di conti di Tolmino; il Suddiacono e il Diacono con in testa l’elmo piumato, la spada impugnata con la destra e l’Evangeliario appoggiato al petto sorretto con la sinistra; il celebrante con a fianco il maestro delle cerimonie seguiti da altri chierici che chiudono la processione. Salita la gradinata che porta al presbiterio, tutti si arrestano davanti all’altare (sormontato dalla famosa Pala d’argento dorato del Patriarca Pellegrino I), si voltano verso l’assemblea e il Diacono si fa avanti sino al limite della gradinata e con la spada vibra tre colpi in aria in segno di saluto o benedizione. Il celebrante si avvia all’altare e i canonici dell’insigne Collegiata di Cividale prendono posto nel coro. Il Diacono consegna la spada e l’elmo a due chierici mentre il libro dei Vangeli viene deposto sul leggio. La Messa sino all’Epistola si svolge in rito Romano. L’Epistola è cantata dal Suddiacono in antica melodia aquileiense. Prima della lettura del Vangelo il celebrante incensa il Diacono che si rimette l’elmo, prende la spada e L’Evangeliario e, accompagnato dai chierici e dai ceroferari, si porta nuovamente al sommo della scalinata per ripetere i tre fendenti di spada in aria. Successivamente il Diacono si toglie l’elmo e consegna la spada per poter incensare il libro del Vangelo e cantare il Vangelo epifanico secondo le modulazioni del rito patriarchino aquileiense, in cui trovano unione solennità di tono e melodia gregoriana. Al termine del canto, il Diacono ritorna sulla cima della scalinata per ripetere il saluto con la spada e cantare, sempre con intonazione aquileiense, l’annuncio delle festività liturgiche che culmineranno nella Pasqua. La parte rimanente del rito non ha variazioni rispetto alle comuni liturgie. Alla fine il Diacono, sempre con elmo e spada, al canto dell’ Ite Missa est, saluta i fedeli con tre poderosi colpi di spada. Il corteo si ricompone e discende la scalinata per tornare in sacrestia. Tutta la cerimonia è accompagnata dai canti e dalle musiche della Cappella Musicale del Duomo.