Caso Regeni. Durissima presa di posizione dei genitori: «Il ritorno dell’Ambasciatore al Cairo è un fallimento»
Udine – Lo scorso 14 agosto il Governo italiano decideva per il ritorno del proprio Ambasciatore al Cairo, in virtù della “normalizzazione” dei rapporti diplomatici con il paese nordafricano. Il diplomatico era stato precedentemente richiamato a Roma in segno di forte disaccordo con le autorità egiziane, accusate di scarsa collaborazione – se non di ostruzionismo – nelle indagini relative alla morte di Giulio Regeni.
A sei mesi da quella, a suo modo storica, decisione, la famiglia del ricercatore friulano rompe il silenzio, e lo fa con parole durissime, attaccando l’operato del Governo e denunciando lo stallo delle indagini.
Le parole della famiglia
«Noi, e con noi tutti quelli che in ogni angolo del mondo hanno a cuore la verità sul sequestro, le torture e la morte di nostro figlio Giulio – dicono i signori Regeni, sostenuti dal legale Alessandra Ballerini – temevamo che questo gesto sarebbe stato interpretato come una resa incondizionata a quel potere che ha annientato Giulio e che occulta impunemente la verità da ormai due anni.
Ed in effetti – continuano – l’ambasciatore Cantini non aveva ancora fatto in tempo ad insediarsi che le autorità egiziane, forti di questa “normalizzazione” dei rapporti, provvedevano a oscurare il sito della ECRF, l’ONG alla quale appartengono i nostri consulenti egiziani; arrestare in aeroporto l’avvocato Ibrahim Metwaly che stava recandosi a Ginevra invitato dall’ONU a riferire sulle sparizioni forzate e sul caso di Giulio (il legale è ancora in carcere, sottoposto a trattamenti inumani e degradanti); e a disporre una perquisizione e un tentativo di chiusura di ECRF».
I video della metropolitana
Sempre lo scorso 14 agosto, le procure di Italia ed Egitto rilasciavano un secondo comunicato, congiunto, in cui si riferiva che: “Come preannunciato sempre nel maggio scorso, è stata poi effettivamente affidata ad una società l’attività di recupero dei video della metropolitana e le attività stesse sono in corso”.
I video a cui si riferisce il comunicato, e considerati fondamentali per le indagini, sono quelli ripresi dalle telecamere della metropolitana nel tragitto tra casa di Giulio, nel quartiere Dokki al Cairo, e la stazione della metro di El Bohoth dov’era diretto per una cena di compleanno la sera del 25 gennaio 2016. L’Italia aveva proposto di affidare i lavori di recupero alla tedesca Kroll Ontak (leader mondiale nel settore), ma le autorità egiziane avevano preferito affidarsi ad un’agenzia russa.
Veniva inoltre stabilito un “piano di lavoro”, da realizzarsi con tavoli tecnici congiunti ed incontri periodici.
«In realtà – riferiscono ancora i Regeni e l’avvocato Ballerini – i video della metropolitana non sono mai stati consegnati e, ad oggi, non si sa neppure se qualche e quale ditta sia stata incaricata del loro recupero.
L’incontro tra le due procure poi, diversamente da quanto annunciato, non si è tenuto a breve, ma solo a fine dicembre su insistenza dei nostri procuratori che hanno consegnato ai colleghi egiziani “una articolata e attenta ricostruzione dei fatti, effettuata dalla Polizia giudiziaria italiana (in cui veniva denunciata la responsabilità di 9 egiziani, fra esponenti delle autorità di pubblica sicurezza e dei servizi, nella scomparsa e nel successivo omicidio di Giulio – ndr).
Sono passati, da quel 14 agosto, altri sei mesi. Le atrocità commesse dal governo egiziano, a dispetto della volontà di alcuni, non sono state dimenticate, non solo dal “popolo giallo” ogni giorno più numeroso, ma dalle centinaia di altre famiglie che hanno subito e subiscono continuamente le sparizioni forzate dei loro cari».
“Serve un immediato cambio di rotta”
«Se, come ci era stato garantito dal nostro Governo – dice la famiglia Regeni – l’invio dell’ambasciatore, doveva consentire il raggiungimento della verità processuale su “tutto il male del mondo” inferto su nostro figlio, il fine evidentemente non è stato raggiunto e la missione in questo senso è fallita.
Non è possibile normalizzare i rapporti con uno Stato che tortura, uccide e nasconde oltraggiosamente la verità, se non a scapito della credibilità politica del nostro Paese e di chi lo rappresenta».
«Crediamo – dicono ancora i Regeni – sia necessario un immediato cambio di rotta. Occorre alzare la voce e pretendere, senza ulteriori indugi, un incontro tra le due procure finalizzato all’immediata consegna dei video della metropolitana e alla concertazione di una strategia investigativa comune sulle nove persone già identificate come responsabili dai nostri investigatori e magistrati.
Solo così – concludono – la presenza dell’ambasciatore Cantini al Cairo non avrà il sapore di una resa ma acquisterà la dignità di una pretesa e, possibilmente, di una conquista di giustizia».