Apprendimento delle lingue: meglio iniziare all’asilo nido
Il professor Franco Fabbro insiste sul valore della lingua friulana e invita ad andare oltre lo spirito di sudditanza che frena molti dall’ utilizzarla
Anticipare l’insegnamento delle lingue già all’asilo nido, insistere sul friulano perché nel nostro territorio è il modo più facile per essere bilingui, una condizione che favorisce lo sviluppo cognitivo nei bambini e porta vantaggi anche in età adulta ritardando l’insorgenza di malattie come l’alzheimer. Nella Giornata internazionale della lingua madre che ricorre il 21 febbraio, dal Salone del Consiglio provinciale in occasione del convegno “Neurolinguistica e apprendimento delle lingue”, è stata richiamata l’importanza della conoscenza precoce di più lingue ponendo enfasi, in particolare, sulla ricchezza e sulla potenza di quelle territoriali – il friulano in primis- accanto alle lingue standard come italiano o inglese. In apertura, dopo l’introduzione dell’assessore Beppino Govetto sul significato dell’incontro, il presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini ha sottolineato come bilinguismo e plurilinguismo siano molto diffusi in Friuli grazie alla presenza di diverse minoranze linguistiche; al tempo stesso, però, si è detto preoccupato per la diminuzione dei parlanti la marilenghe, lingua con una storia antica, auspicandone un uso più massiccio per prevenirne il decadimento. “La morte di una lingua è una perdita per tutta l’umanità che così diventa più stupida” gli ha fatto eco il professor Franco Fabbro, docente di neuropsichiatria infantile dell’Università di Udine e uno dei più attivi studiosi a livello mondiale sul cervello bilingue e multilingue, autore delle pubblicazioni “Il cjâf dai furlans” e il “Il cervello bilingue”. Nel corso del convegno, moderato dalla giornalista del Messaggero Veneto Giacomina Pellizzari, Fabbro ha illustrato alcune indagini sul bilinguismo dal punto di vista neurologico presentando casi specifici per spiegare in quali aree cerebrali sono rappresentate le lingue (quelle centrali per la prima lingua, la corteccia per la seconda) e come funzionano i sistemi di memoria delle stesse, come rispondono se vengono alterati da malattie o interventi neurochirurgici. Il docente ha quindi posto l’accento sull’importanza delle lingue in sé e per sé, sui vantaggi del bilinguismo dal punto di vista neurologico e psicologico. I bambini bilingue, a esempio, sono dotati di maggiore attenzione e controllo, sono chiamati a individuare cosa dire e che lingua usare. Questo autocontrollo, a parità di condizioni, è una “riserva cognitiva” che rallenta l’invecchiamento cerebrale. Ma se l’apprendimento precoce è quello più efficace, Fabbro caldeggia che anche gli adulti si avvicino e imparino le lingue senza ritenerne una migliore dell’altra “perché rinunciare alla lingua è un segno per dire: siamo schiavi. Ritenendo la lingua friulana un valore ho dedicato la mia vita a dimostrarlo” ha commentato. L’importanza del plurilinguismo e della salvaguardia degli idiomi territoriali contro il potere di ingurgitare e triturare dell’inglese globalizzante è stata richiamata dalla professoressa Antonella Riem Direttrice del Dipartimento di lingue e letterature straniere dell’Università di Udine che, impossibilitata a partecipare, ha inviato una relazione scritta al convegno che ha registrato un nutrita presenza di studenti e un’attenta partecipazione. La ricercatrice Barbara Tomasino, invece, ha presentato gli esiti di un corposo lavoro di catalogazione e di analisi dei risultati delle indagini sul cervello effettuate attraverso le “neuroimmagini” ovvero con la “risonanza magnetica funzionale”, una tecnica innovativa che permette di capire come vengono attivate le aree cerebrali sottoposte a uno stimolo cognitivo di tipo linguistico. Un centinaio gli studi selezionati da Elisa Cargnelutti grazie alla borsa di studio finanziata dalla Provincia di Udine e relativi a circa mille pazienti sottoposti a indagini e stimoli di natura linguistica con questa tecnica. Da questa “metanalisi” è emerso che l’apprendimento tardivo di una lingua comporta maggiore dispendio cognitivo durante l’esecuzione di compiti linguistici e quindi maggiore coinvolgimento di aree cerebrali.