Chef giapponesi in visita in Carnia per imparare la ricetta dei cjarsons
I cjarsons si preparano a sbarcare in Giappone. Insieme a blecs, al tiramisù e al frico, si preparano a far parte dell’offerta gastronomica del ristorante Pepe Rosso di Tokyo. Sono giunti in Carnia per l’occasione il propietario del ristorante giapponese, il 33enne Imai Kazumasa, che propone specialità italiane e lo staff della cucina con cinque chef per imparare a cucinare i cjarsons, il tipico piatto carnico nato dalla saga dei Cramars.
Il sindaco di Forni Avolti Clara Vidale, il presidente dell’accademia dei Cjarsons Tullio Cecconi, Ines Caneva della cucina Canobio e Tiziana Romanin dell’albergo Al Sole hanno composto il comitato di benvenuto. L’albergo Al Sole ospiterà lo staff giapponese. Imai spiega come sia nato l’interesse: “Abbiamo partecipato ad Expo a Milano e abbiamo assaggiato il cibo della Carnia, che riteniamo molto genuino”. Il primo contatto è stato con lo staff del ristorante “Da Alvise” di Sutrio, che i nipponici hanno visitato ieri, e da cui è nata l’idea dell’importazione. Accompagnati dal presidente dell’associazione Cecconi, gli chef hanno visitato anche il caseificio di Sutrio, da dove si prende il burro e la ricotta affumicata per condire i cjarsons.
Una sosta particolare è stata effettuata nella casa di Carmen Ferrari, dove hanno appreso come fare i Cjarsons in maniera artigianale: “Gli ospiti non si aspettavano una simile accoglienza, con il sindaco e la gente del paese. Il fatto che siano venuti sin qui per apprendere dal vivo come si prepara un piatto, invece di leggere una ricetta magari da un libro di un altro cuoco, è segno di grande serietà” questo il parere di Cecconi.
Non sono però mancati i momenti di preoccupazione, con i carnici che temono di vedersi privati di un’altra specialità, come successo con il frico. “L’accademia dei cjarsons da una parte è felice del successo riscontrato da questo piatto, ma intende salvaguardarne il marchio d’origine”. Sarà disposto un “Doc”, un marchio per la “denominazione d’origine comunale” dove si elencheranno gli ingredienti principali, lasciando poi ad ogni Comune la possibilità di apporre varianti tipiche di ogni ricetta. C’è la voglia di attivare anche un marchio europeo, ma qui mancano le finanze per poterlo fare, la speranza è che qualche organismo possa interessarsene e sopperire al problema economico, ora che i cjarsons stanno assumendo un ruolo anche nella cucina internazionale.