Direzione del Pd, tocca a Martina guidare il partito: ““M5s e Lega governino”
L’Assemblea tra almeno un mese, il congresso chissà quando. Nel frattempo ci sono due linee interne neanche lontanamente agguerrite: da una parte il reggente Maurizio Martina, che vuole continuare a lavorare con i renziani e incarna la linea del segretario. E cioè nessun sostegno al M5s e un nuovo leader scelto dal congresso e non dalle primarie. Dall’altra Andrea Orlando, che invece chiede l’azzeramento di tutta la segreteria. “Come garanzia“, si scusa subito, offrendo in cambio addirittura lo scioglimento della sua corrente. Eccola qui quella che doveva essere la resa dei conti del Pd. Eccola qui l’autoanalisi interna dopo la disfatta delle politiche. invece, come previsto, è tutto rinviato a data da destinarsi. Forse di almeno un mese quando all’Assemblea del Pd Matteo Renzi spiegherà le ragioni delle sue dimissioni.
La lettera di Renzi – Alla direzione, invece, come previsto il segretario non c’è. Al suo posto l’ex premier invia la lettera di dimissioni, letta in apertura di lavori da Matteo Orfini. “Caro presidente, rassegno le mie dimissioni preso atto del risultato delle elezioni. L’effetto immediato di questa lettera è di avviare le procedure: c’è un mese di tempo per avviare l’assemblea. In quella sede spiegherò le ragioni delle dimissioni”, scrive Renzi. Subito omaggiato dai suoi, ma anche – a fine giornata – dal premier Paolo Gentiloni che definisce le dimissioni del suo predecessore “esempio di stile e coerenza politica. Dalla sconfitta il Pd saprà risollevarsi, con umiltà e coesione. Ora fiducia in Maurizio Martina”.
La direzione, infatti, è solo l’occasione per l’entrata in scena di Martina, che come nuovo reggente prova a chiedere un armistizio. “Cercherò di guidare il partito nei delicati passaggi interni e istituzionali a cui sarà chiamato. Lo farò con il massimo della collegialità e con il pieno coinvolgimento di tutti, maggioranza e minoranze, individuando subito insieme un luogo di coordinamento condiviso. Chiedo unità”, dice il ministro dell’Agricoltura. Che non chiude la porta ai renziani, tutt’altro: “La segreteria si presenta dimissionaria a questo appuntamento. Ma io credo sia importante che continui a lavorare insieme a me in queste settimane che ci separano dall’Assemblea”. In pratica il partito rimarrà comunque in mano a Renzi e ai suoi uomini. E dopo, comunque, non ci saranno le primarie. “La prossima Assemblea dovrebbe avere la forza di aprire una fase costituente del Partito democratico in grado di portarci nei tempi giusti al congresso – dice Martina – Perché il nostro progetto ha bisogno ora più che mai di nuove idee e non solo di conte sulle persone. Questo lavoro potrebbe iniziare proprio con la prossima Assemblea dando vita a una Commissione di progetto incaricata di elaborare unitariamente ipotesi concrete per il percorso”. Tradotto: dovrebbe essere il congresso eleggere un segretario traghettatore. Più o meno come avvenne dopo le dimissioni di Pierluigi Bersani e la designazione di Guglielmo Epifani.