L’inverno rigido ha portato al decesso di molti animali nella foresta di Tarvisio
È strato un inverno difficile per la Foresta di Tarvisio che abbraccia i territori dei comuni di Pontebba, Malborghetto e Tarvisio, specie per la folta popolazione degli ungulati (oltre due mila), caprioli, cervi e camosci, che vi vivono. La situazione, per loro, si è acuita in febbraio per le continue nevicate che hanno ricoperto quei pochi lembi di prati indispensabili alla loro alimentazione. La conseguenza è stata che gli animali, in cerca di cibo, si sono avvicinati ai paesi, alle abitazioni, trovando conforto nella gente, questi probabilmente hanno potuto superare la crisi della fame, altri, invece, no. Purtroppo, a causa degli investimenti e per il deperimento, a parere degli esperti, sono ormai più di cento i decessi in fondo valle, dei quali si occupano anche il Servizio regionale della fauna selvatica e la Riserva di caccia Tarvisio-Mallborghetto, che come l’Ufficio delle biodiversità, provvede anche a rifornire di fieno alcune greppie nella foresta.
La dottoressa Stefania Buzzi, medico veterinario con master in gestione della fauna selvatica, che gestisce l’ambulatorio veterinario Rio Bianco, di Santa Caterina, a Malborghetto , spiega la situazione patologica degli ungulati selvatici. «In un ambiente con una sovrappopolazione di ungulati selvatici, la durata di un inverno rigido con nevicate abbondanti può determinare una condizione di malnutrizione prolungata che a sua volta può causare un’elevata percentuale di decessi. In condizioni di scarsità di foraggio, gli animali si nutrono in quantità insufficiente e possono ingerire vegetali che liberano tossine una volta digeriti. A livello digestivo questo processo riduce in maniera drammatica i processi digestivi e l’assimilazione di componenti nutritivi. L’animale. Anche se continua ad alimentarsi, può ritrovarsi stremato dal progressivo dimagrimento e dalla perdita di massa muscolare e tende ad avvicinarsi all’uomo alla ricerca di cibo o perché stremato dalla fatica. Purtroppo si tratta di una fase terminale in cui l’intervento medico non basta».