OLTRE IL VISIBILE
Realtà e visione onirica, concretezza ed evanescenza, vissuto e immaginato: da queste coordinate si sviluppa l’arte di Diego Valentinuzzi, artista visionario in possesso di un’innata abilità nel riuscire a fondere e mettere in scena tutti questi elementi antitetici in un’unica, complessa, rappresentazione libera ed anticonvenzionale.
E’ evidente che il surrealismo storico, la metafisica, il Dada hanno avuto un ruolo determinante per l’artista e la sua formazione, il sogno e l’inconscio si pongono come fondamenti della sua produzione pittorica, supportata però da un’immaginazione fervida e una capacità narrativa vivace e feconda ritrovabile in ogni suo dipinto. Molteplici sono inoltre i riferimenti intellettuali a cui Valentinuzzi attinge, dall’arte classica alla cartellonisitca, alla pop art, all’optical, all’arte cinetica. Tutte relazioni che convivono nelle sue composizioni in singolare e felice armonia, dove il confronto non genera uno scontro ma piuttosto un dialogo costante e costruttivo tra immagini contrapposte.
Dentro le tele di Valentinuzzi c’è tanto e di tutto. Simboli, allusioni, immagini, numeri, decori. Pur dipingendo oggetti e situazioni reali e riconoscibili, Valentinuzzi ne congela il senso comune, immergendoli in un’altra dimensione, del tutto nuova.
Da attento osservatore e buon narratore di sogni qual è, Valentinuzzi crea un universo autonomo e personale, distante da tutto ciò che è vero e tangibile, dà forma e voce a pensieri che si dividono tra visioni oniriche e sogni metafisici, dove il rapporto tra consumismo e realtà si contrappone alla necessità del ritorno all’Eden.
Valentinuzzi auspica un progresso mediato dalla saggezza della tradizione, purtroppo non sempre attuabile, attraverso immagini iconograficamente distanti, originate in contesti completamente diversi, a volte opposti, che si incontrano nelle sue tele, in un continuo accostamento che diventa condizione essenziale, imprescindibile per qualsiasi riflessione sul suo lavoro. Il dualismo etico ed estetico di Valentinuzzi è audace, arguto, pervaso da una sottile ironia nella volontà di affiancare simboli riconosciuti e riconoscibili del passato e del presente con tale disinvoltura da creare un proprio lessico definito e immediatamente identificabile. In alcuni frangenti, all’osservatore può capitare di cercare una logica e una collocazione razionale a tutti gli elementi che Valentinuzzi predispone, individuare un significato e dare un ordine preciso a forma e contenuto. Ma se ci si abbandona liberamente, si varca quella soglia che delimita il confine tra il visibile e quello che non lo è, e si va, in qualche modo, oltre la realtà conosciuta, la prospettiva cambia, ed inizia il viaggio all’interno dell’arte e del pensiero di Diego Valentinuzzi.
Le donne raffigurate da Valentinuzzi, di una bellezza disarmante, perfetta e misteriosa allo stesso tempo, ispirate da artisti come Ingres, posano il loro sguardo sullo skyline di New York, mentre il volto enigmatico della Gioconda fa da supporto a scritte pubblicitarie, che scorrono come fossero attivate da tabelloni elettronici, o i paesaggi classicheggianti alla Poussin, che sembrano uscire dai taccuini di qualche Grand Tour, si adagiano sulle bottiglie sottostanti con la scritta love. C’è spazio anche per citare Andy Warhol e la sua Marilyn, visione onirica ma non troppo, accostata a figure classiche, mentre occhi languidi e bocche carnose si adagiano tra numeri non casuali, lettere sparse e piccole geometrie colorate. Nature morte morbide e voluttuose si tingono di colori improbabili sia nei dipinti, sia nei disegni, quest’ultimi resi con la leggerezza che le matite su carta concedono, mentre sullo sfondo si stagliano vedute urbane riconoscibili.
Sogno e realtà si scambiano i ruoli e diventano i protagonisti di una serena commedia dell’inconscio, come lo stesso Valentinuzzi riferisce, tra gioco e provocazione, fantasie, illusioni, percezioni che raccontano di un mondo irreale e fantastico, dove possono convivere esperienze visive e sensoriali diverse e in cui trovare sempre nuovi stimoli.
Sotto il profilo tecnico Valentinuzzi si conferma un ottimo disegnatore, preciso ed attento, che si destreggia con sicura perizia attraverso le diverse tecniche, con una spiccata propensione per il colore, saturo e denso, reso brillante dall’utilizzo dell’olio. Spesso si avvale di campiture monocromatiche, virate sempre sui toni del blu di gradazioni diverse, che mettono in risalto al meglio i profili, le nature morte, i paesaggi.
I colori fluorescenti, che sottolineano alcuni particolari mirati, e la morbida geometria, usata soprattutto negli sfondi, rimandano all’optical e danno profondo risalto all’intero impianto compositivo che restituisce opere di un’inaspettata armonia nonostante la ricchezza di elementi.
Diego Valentinuzzi riesce ad innestare il passato nel presente con assoluta naturalezza, a volte dividendo la composizione in due parti distinte e mettendo in relazione il mondo contemporaneo con l’antico, altre facendo coesistere i due ambiti su uno stesso piano.
Dà così vita ad un’unica dimensione, che consente l’accesso a tutto ciò che sta oltre il visibile e il tangibile, pensieri e desideri, luci e ombre dell’inconscio, generati dall’esperienza, con autenticità e in totale autonomia.
Cristina Feresin