Lavoro: Rosolen, per aumentare occupazione serve sostegno a maternità
“I numeri dicono tanto, ma non tutto, perché vanno pesati e analizzati, non semplicemente contati. Oggi in Friuli Venezia Giulia il vero problema è l’incrocio tra domanda e offerta: in una situazione così delicata è inconcepibile questo disallineamento tra reali esigenze delle imprese e disoccupati. Le possibilità occupazionali, in via teorica, ci sono ma per sfruttarle deve essere rafforzato e intensificato il raccordo tra il mondo della formazione e quello del lavoro. La politica non può e non deve tirarsi indietro: dobbiamo intervenire e riavvicinare due realtà costituite da vasi comunicanti che non possono essere organizzate per compartimenti stagni”. Questa la posizione espressa dall’assessore regionale al Lavoro, formazione, istruzione, ricerca, università e famiglia, Alessia Rosolen, in merito ai dati occupazionali in Friuli Venezia Giulia.
Rosolen ha evidenziato inoltre che nell’elaborazione delle strategie a favore dell’occupazione “va posta grande attenzione a due fattori: da una parte la profonda crisi del lavoro indipendente, che non può contare su adeguati ammortizzatori sociali, e dall’altro la complessa situazione dell’occupazione femminile. Anche nella nostra regione c’è un gap di genere elevato (74% contro 57%), ma soprattutto ci sono troppi casi di part time imposto”. L’assessore ha quindi spiegato che “il tema del lavoro femminile si intreccia con il capitolo dedicato alla famiglia e alle politiche di conciliazione. Mi assumo quindi come impegno personale, oltre che politico, di fare molto per sostenere maternità e natalità. Arriveremo quindi a un testo unico che permetta di evitare dispersioni, coniugare infanzia, giovani, donne e anziani”.
Rosolen ha quindi individuato alcuni aspetti sui quali intende intervenire in via prioritaria. “C’è un eccesso di lavoro temporaneo, soprattutto in alcuni settori, quindi dobbiamo creare maggiore stabilità e migliorare la qualificazione e le competenze di chi cerca un’occupazione. Allo stesso tempo il mercato richiede flessibilità e capacità di passare da un lavoro all’altro, quindi servono interventi mirati per situazioni specifiche, non ricette generali. Inoltre, è urgente un intervento sul lavoro indipendente, in crisi ormai da troppi anni. Artigianato e piccolo commercio soffrono per il combinato disposto di fattori sociali ed economici”. L’assessore rimarca però che “si aprono spazi interessanti per le nuove professionalità, in particolare nel settore informatico, dell’information communication technology (Ict) e della comunicazione. Ambito nei quali si possono sviluppare opportunità occupazionali promuovendo al tempo stesso i servizi per la famiglia”.
Considerazioni che, secondo Rosolen, riconducono “alla voragine che separa domanda e offerta di lavoro e deve essere colmata con urgenza. Se le imprese hanno posti vacanti che non vengono coperti da professionalità del territorio, cercheranno soluzioni altrove e questo acuisce la crisi e alimenta pericolosamente la rabbia sociale”.
Per l’assessore è “urgente allineare le azioni delle direzioni regionali al Lavoro e alle Attività Produttive. Si tratta di ambiti che si intrecciano e devono parlare la stessa lingua, mettendo in campo iniziative congiunte. In seconda battuta, formazione e istruzione necessitano di nuove linee guida che partano da domanda e offerta, non da concetti astratti. In merito alle politiche attive per il lavoro, non basta il sostegno al reddito ma servono una visione e una strategia complessive. In particolare, punteremo sul terzo settore e sulle modalità di gestione degli appalti, con verifiche molto rigorose. Infine, rafforzeremo i Centri per l’impiego, apportando modifiche anche. rilevanti all’attuale sistema”.
Rispetto al quadro regionale, Rosolen ha quindi precisato che “il Friuli Venezia Giulia ha superato la soglia psicologica dei 505mila occupati nel 2017, per poi rallentare nel 2018 fino a 499.130 unità. Abbiamo l’obbligo di ammettere che, spesso, i numeri omettono un dettaglio: in alcuni casi si tratta di impieghi di scarsa qualità, a part time e con salari bassi. Al netto dei numeri, che ovviamente sono un indicatore imprescindibile, si deve analizzare la situazione: abbiamo perso 4mila occupati rispetto al 2017, mentre il primo trimestre del 2018 è in linea con quello dello scorso anno. Ma il problema – conclude – è generale: troppi lavori precari, poco pagati e con tutele pressoché inesistenti. Dai call center ai rider, ad altri impieghi che rientrano nella categoria dei servizi, ci sono moltissime situazioni da migliorare”.