Biomimetica: imparare dalla natura. Perché le zebre hanno le strisce alternate bianche e nere? Come fa il picchio a non avere il mal di testa?
L’importanza di imparare dalla natura è presente in ogni campo della scienza e della tecnologia.
Da quasi un ventennio, sono venuti alla ribalta, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, numerosi esempi di ricerca scientifica che fanno riferimento agli ambienti naturali come ispirazione tecnologia per la produzione di materiali.
Tale branca di ricerca va sotto il nome di biomimetica. In altri termini si studia e si imita la natura per comprende come, attraverso il processo evolutivo millenario, piante ed animali hanno trovato strategie di adattamento al variare delle condizioni ambientali.
La semplice osservazione fa nascere alcuni interrogativi:
perché le zebre hanno le strisce alternate bianche e nere?
Come fa il picchio a non avere il mal di testa?
Perché le zanzare riescono a succhiare il nostro sangue senza causarci dolore?
Strane domande? Tutt’altro!
Le zebre, grazie all’alternanza cromatica del bianco e del nero, sono in grado di attirare o riflettere i raggi solari, e di conseguenza “gestire” il calore in modo difforme sul loro manto, così che si generano delle micro correnti che raffrescano la superficie corporea in modo naturale.
Applicando questo stratagemma evolutivo alle pareti delle abitazioni, ovvero la successione di righe bianche e nere, si possono ottenere degli efficienti sistemi di raffrescamento a impatto zero.
Nel caso del picchio, la natura lo ha dotato di una sacca di fluido posta dietro al becco che ammortizza gli urti; tale scoperta è stata fondamentale per studiare gli airbag e i sistemi di ammortizzatori per le autovetture. Ancora, le tanto odiate zanzare, se osservate attentamente, rivelano una conformazione particolare della loro “proboscide”, più sottile in punta e svasata alla base, che permette a questi “simpatici” insetti di operare in piena tranquillità: è ispirandosi alle zanzare che sono state realizzate le siringhe indolore che utilizzano molte persone che soffrono di diabete.
Altri esempi li troviamo tra diverse specie di gli animali (animali soprattutto sociali, per le loro capacità collaborative); i batteri (efficienza organizzativa e comunicativa); altri organismi, come le vespe e le formiche in grado di produrre colonie mobili in cui gli individui attraverso comportamenti coordinati formano un super-organismo; oppure tra le piante, per le loro strategie di crescita organizzata (l’edera rampicante o le ramificazioni degli alberi), di reattività (la capacità della Drosera, una pianta carnivora, di catturare un insetto con un solo movimento) o di riproduzione (l’espulsione rapida dei semi). Le piante sono un importante riferimento progettuale anche per l’efficienza dei loro sistemi linfatici, che riescono a spingere flussi a decine di metri di altezza o a grandi distanze attraverso un’azione capillare.
Dal passato al presente, la biomimetica è diventata indispensabile in vari campi del progetto, come l’Intelligenza Artificiale, la Robotica (robot nuotatori a forma di pesce e robot bug ispirati a insetti), i nuovi materiali dotati di capacità avanzate come l’auto-pulizia di superfici sulla base di studi su foglie di loto; lo studio di idro e aerodinamici ispirati a organismi particolarmente veloci ed efficienti.
Di recente si è assistito alla progettazione di nuovi caschi bioispirati che si adattano alla struttura interna della testa o alla sostituzione di un organo del corpo umano con un dispositivo elettrico attivo biomimetico con un funzionamento energetico efficiente.
Oggi la natura come modello deve essere guardata non solo in termini di utilità funzionale, ma come esempio di vita a ciclo chiuso, di efficienza energetica, di coerenza organizzativa, auto-adattamento e multifunzionalità, abilità di condivisione, riciclo e riuso. Potremmo imparare dalla natura strategie appropriate per usare fonti di energia rinnovabili, di riutilizzo dei rifiuti, fino ad arrivare a soluzioni complesse, come quelle basate sulla capacità di auto-monitoraggio e auto-riparazione, come ad esempio la strategia di auto-guarigione delle ossa.
La complessità della natura può essere un efficace riferimento per la cultura del design. L’autonomia, come già osservato, può essere interpretata e trasferita, anche se semplificata, come l’indipendenza dalla manutenzione, pulizia, riparazione, sostituzione, nonché in termini di chiusura dei cicli delle risorse.
L’uomo e la natura hanno ancora oggi una forte relazione. Siamo parte della natura, non dovremmo quindi farne uso come una risorsa da sfruttare, piuttosto come una fonte d’ispirazione. La natura ci aiuta a vivere meglio anche per progettare meglio. Il percorso di ricerca e sviluppo della biomimetica lascia intendere che i meccanismi dei sistemi naturali hanno aiutato i progettisti a risolvere problemi di design in modo sempre più sostenibile ed elegante. Quindi la biomimetica verso la sostenibilità è la maniera più piena di utilizzare il design, non solo per risolvere problemi legati ai bisogni umani, ma anche per affrontare in modo adeguato e compatibile le questioni sociali e i problemi globali di questa epoca.
di Sergio Sichenze
per IL PAîS di giugno