Mollo tutto e vado a vivere in Perù
l Perù è, probabilmente, uno dei primissimi luoghi del mondo associati all’idea che noi Occidentali del XXI° secolo abbiamo del periodo storico caratterizzato dai conquistadores, e dalla scoperta del nuovo mondo. Patria di una delle più antiche comunità di esseri umani, la civiltà Norte Chico, e di quello che con ogni probabilità è lo stato dell’America pre-colombiana più grande di tutti, ovvero l’Impero Inca, dal XVI° secolo in avanti è stato un vero e proprio calderone di culture di diverso tipo e origine: una vera e propria terra selvaggia.
Circa 500 anni dopo, il Perù è riuscito a mantenere la propria apertura verso il concetto dell’assimilazione di diverse realtà culturali, come fosse un grande papà buono dalle braccia aperte. Della sua esperienza (tutt’ora in corso) in Perù, e in parte proprio nel ruolo di padre, abbiamo parlato con Davide Bozzano.
“Sono originario del Friuli, di Palmanova per la precisione, dove ho vissuto gran parte della mia vita. A fine maggio del 2015 mi sono trasferito in Perù a Lima, dove vivo attualmente”.
Come ci si arriva, dal friuli in Perù? E perché?
“La mia compagna è peruviana, però ha vissuto a Udine dove ci siamo conosciuti anni fa, per diversi anni. I motivi sono vari: da parte sua c’era la possibilità lavorativa di gestire le imprese di famiglia, da parte mia la possibilità di lavorare nel campo della coltivazione del caffè”.
Come ha vissuto, personalmente, la condizione di “migrante”, quale la sua esperienza con il tema dell’integrazione?
“La mia condizione di migrante è sicuramente privilegiata in quanto avendo la compagna peruviana è stato più facile l’inserimento in una realtà totalmente nuova. Inoltre sono arrivato già con un impiego, avendolo trovato tramite un collega italiano che aveva lavorato qui anni fa. Generalmente sono ben visti gli stranieri in quanto portatori di novità e in particolare gli europei, di cui si apprezza l’ordine, la puntualità, l’organizzazione e la affidabilità, che qui latitano un po’”.
Se dovesse fare un paragone tra la popolazione della nostra regione e quella peruviana, come descriverebbe entrambe, anche in relazione l’una all’altra?
“Sono due popolazioni completamente diverse, come differente può essere considerato un friulano rispetto ad un milanese o napoletano. Caratterialmente il peruviano è più gioviale ed aperto, oltre che più festaiolo, mentre il friulano è più chiuso, pacato e riflessivo. La grande virtù di un peruviano è la fantasia nel sapersi adattare a qualunque problema o avversità e la spensieratezza con la quale spesso vive l’oggi senza preoccuparsi troppo del domani. Il cuneese, o l’europeo in generale, si gode meno il momento forse, sempre preoccupato di cosa accadrà in un futuro più o meno prossimo. Per questo, molto spesso il peruviano anche se è difficoltà economica sembra più sereno e felice in quanto si gode le semplici, ma importanti gioie quotidiane. Da questo punto di vista abbiamo molto da imparare, frustrati e stressati come siamo sempre. Il peruviano vive meglio il senso della famiglia: la domenica la si passa spesso insieme, nonni, figli e nipoti. Non ho sentito di case di riposo ed affini: nonni o genitori anziani li si accudisce in casa, come si ospita fratelli e nipoti senza problemi. Ad esempio: se un andino trova lavoro o va a studiare a Lima lì ci sarà sempre un familiare pronto ad ospitarlo. La famiglia è tale nel vero senso della parola. Per contro il cuneese è più riflessivo, chiuso e, sul lavoro, preciso ed organizzato… e proprio questo aspetto è quello che noto manchi di più in Perù, l’ordine e l’organizzazione”.
Rimpiange mai la sua scelta di spostarsi a vivere in Perù? Quale consiglio si sente di dare, a chi volesse effettuare una scelta simile?
“Rimpiangere sicuramente no anche perché qui è nato il mio bellissimo figlio 11 mesi fa, Alessandro. Il problema di Lima è l’incredibile traffico che c’è e che a spiegare non rende l’idea, quasi 2 ore nelle ore di punta per fare 20 km, oltre che la diffusa criminalità, che ti costringe a stare sempre attento oltre che a non addentrarti in molti quartieri o distretti. Più che rimpianto a volte c’è un po’ di nostalgia per parenti ed amici lasciati in Italia e per la tranquillità ed il calore della piccola città. Il consiglio che posso dare è che si deve meditare bene prima di scegliere di vivere in una nazione come il Perù. Lima non è Londra a livello di infrastrutture e sbocchi lavorativi e non. Se uno non arriva già con un appoggio come capitato a me non è facilissimo l’inserimento e questo dipende dalle capacità lavorative. Venire qui a fare l’operaio non conviene perché lo stipendio è basso, però se si ha un mestiere, come cuoco, pasticciere o gastronomo, con un investimento iniziale non particolarmente alto si più avere successo. A differenza dell’Italia, però, il Perù ti da la possibilità di fare e premia la tua fantasia: ci sono meno permessi e problematiche burocratiche e ci si può inventare il lavoro nel vero senso della parola. Io, ad esempio, lavoro come allenatore professionistico e come professore in un collegio, ma avendo tempo libero insegno privatamente italiano ed inglese. Sintetizzando: se si cerca infrastrutture e lavoro sicuro meglio Germania, Francia o Scandinavia, se si vuol coronare il sogno di avere un lavoro indipendente e di fare ciò di cui si è capaci allora vada per il Perù, più che altro Lima che accentra le migliori possibilità lavorative, anche se città come Cusco ed Arequipa sono meravigliose e probabilmente più vivibili”.