Giovedì a Pordenone l’inaugurazione della mostra fotografica di Marco Aime. 77 scatti per conoscere l’Africa
E’ una mostra di parole e di immagini in cui tradizionali proverbi africani accompagnano gli scatti realizzati in Mali, Benin, Ghana, Malawi, Tanzania, Congo e Algeria, “Il soffio degli antenati”, che sarà inaugurata giovedì 6 settembre, alle 18, nella sala esposizioni della biblioteca di Pordenone, primo impegno autunnale per l’associazione Thesis nell’ambito di “Dedica Incontra”. Autore delle fotografie è Marco Aime – che sarà presente alla “vernice” – uno dei maggiori e più influenti antropologi italiani, scrittore, editorialista, saggista, docente all’Università di Genova.
La mostra, che rimarrà aperta fino al 20 ottobre, con ingresso libero, (dalle 9 alle 19, dal martedì al sabato), è prodotta dalla Fondazione Genova Palazzo Ducale ed è organizzata da Thesis con la collaborazione della Biblioteca di Pordenone e dell’assessorato alla cultura e con il sostegno della Bcc Pordenonese. Ed è arricchita da un catalogo (Il soffio degli antenati. Immagini e proverbi africani – Einaudi, 2017).
Grazie alla sua assidua frequentazione dei tanti paesi africani, Aime ha realizzato un progetto che presenta una lettura visiva dell’Africa e delle sue molteplici anime in un racconto suggestivo e poetico, combinando antropologia e fotografia. Aime fa compiere al visitatore un viaggio in Africa – attraverso settantasette splendidi scatti, tutti in bianco e nero – tentando di restituirne la vitale bellezza, specchiandola nell’antica e icastica saggezza dei proverbi, molto spesso in modo un po’ denigratorio chiamati “luoghi comuni”, ma che in realtà rappresentano, almeno in linea di massima, dei pensieri condivisi da gran parte della società che li ha creati. In Africa gli anziani parlano spesso per proverbi, soprattutto nei contesti collettivi in cui la parola assume una valenza importante: pronunciare in un consiglio o in un’assemblea un certo proverbio significa ricordare agli altri la norma da rispettare, la tradizione. Si tratta di un “linguaggio mascherato”, caratterizzato da una forte valenza narrativa e da una carica metaforica quasi teatrale, che colpisce l’uditorio e arricchisce il racconto, soprattutto in un contesto collettivo.
Alla carica sapienziale della cultura orale si affiancano così delle concrete microstorie, spesso riassunte in un volto scolpito dalle fatiche della vita o in un luminoso sorriso.
Un percorso fatto non solo di molteplici incontri, quelli dell’autore con le persone ritratte, ma anche di due sguardi in un gioco di rimandi intrecciati. Settantasette immagini che evocano alcuni aspetti fondamentali del mondo africano: la vecchiaia, la solidarietà, la famiglia, l’amicizia. Il soffio degli antenati – dal titolo ispirato ai versi di Birago Diop, poeta senegalese che aderì al movimento della Negritudine – intende catturare e reinterpretare il misterioso sapere che proviene dal passato e forse rappresenta l’ultimo soffio di una storia che finisce, ma la cui forza evocativa sopravviverà ancora, se sapremo ascoltarla.