Intervista a Simone Mestroni: come conquistare una città con la cultura
A cura di Chiara Tomasella.
Passeggiando per le strade di Udine e imboccando via Paolo Sarpi non si può fare a meno di notare un nuovo, curioso angolo di piazza San Giacomo: quello abbellito dai versi “Sogni miei tramontati / voglio credervi / sorti altrove”. L’autore è il ventinovenne Simone Mestroni, che abbiamo avuto il piacere di intervistare.
Innanzitutto, complimenti per il progetto Città della Poesia. Riempire gli spazi pubblici con citazioni e componimenti originali per diffondere il seme della cultura è certamente un’iniziativa da far conoscere ai nostri lettori. Per cominciare: come ti sei avvicinato all’arte e alla poesia?
Quando frequentavo gli stadi ero uno dei ragazzi che si occupava, tra le altre cose, dei murales. Non sono mai stato un writer, ma mi adoperavo per realizzare i loghi e le scritte che rappresentavano noi ragazzi della curva. Alla poesia da artista di strada mi sono avvicinato come conseguenza di un rifiuto verso il mondo editoriale: un mio slogan è “Esci dalla Casa (Editrice): ti accorgerai che la poesia è di strada“. Ho sempre scritto e letto per passione; una volta presa coscienza del fatto che oggi pubblicare un libro significa molto spesso essere un personaggio anziché uno scrittore capace, ho deciso di pubblicare sui muri.
Quando hai iniziato a scrivere versi di tuo pugno e da che cosa – o da chi – prendi ispirazione per crearli?
Ho iniziato sui vent’anni, forse poco prima. Non parliamo, però, di “prendere ispirazione”: a dirla in questo modo, sembra quasi che l’ispirazione sia un prodotto da acquistare al supermercato. Se fosse così ne avremmo pieni i carrelli, di questa benedetta ispirazione. Invece, accade che all’improvviso ti nasce qualcosa nella mente e corri subito a scriverla, prima che svanisca l’idea che ti ha fatto alzare di scatto dalla sedia.
Qualcosa però lo posso dire: sono la sofferenza, le tragedie personali e la delusione che spesso portano a scrivere. Un uomo felice non potrà mai arrivare ad esprimere determinate cose.
Qual è stato il tuo primo lavoro? Pensi che le tue opere e progetti affini sensibilizzeranno il pubblico verso il bello e l’espressione lirica del bello?
Il primo lavoro che ho realizzato è stato il ritratto di Luis Ferdinand Céline. Un uomo vero, concreto, capace di affermare in modo cinico aspetti crudi della vita, senza girarci troppo intorno.
Schivo alle masse, avverso alla borghesia, Céline è per me un faro nella notte. In ogni caso, il mio intento è fare cultura antiborghese e alternativa: diffondere il sapere grazie ai muri anziché andare a cercarlo nei programmi ministeriali. Ecco perché i miei soggetti spesso non sono presi dalle antologie scolastiche. Porto avanti una riscoperta dell’Europa letteraria, in un tempo di esterofilia dovuta alla perdita di consapevolezza della nostra identità.
Una curiosità in merito alla realizzazione dei volti che disegni: come procedi per trasferirli dal bozzetto alle serrande?
Disegno su carta il volto del poeta, poi lo proietto e ne ricreo la sagoma. Può essere visto come un “imbroglio”, ma non devo dimostrare la mia abilità ad una giuria: la mia è soltanto una tecnica come un’altra. Il mio fine è portare bellezza tra la gente, non dimostrare una maestria autoreferenziale. Inoltre, devo rispettare delle tempistiche ben precise: disegnare a mano libera significherebbe dover cancellare, modificare e ritracciare più volte il tutto. Il tempo, soprattutto per me che utilizzo gli smalti, è denaro. Non posso rischiare che occorra alzare una saracinesca dipinta da me mentre il disegno è ancora fresco!
Con le logiche conseguenze. Qual è, invece, l’ultima commissione che hai ricevuto? Ti piacerebbe trasformare altre città allo stesso modo, magari invogliando altri artisti a seguire il tuo esempio?
L’ultimo lavoro in programma è un Jacque Prévert, poeta francese i cui scritti temo possano essere meno noti di quelli di Luciana Littizzetto e Francesco Totti. Le mie opere, lo ripeto, sono una crociata culturale contro il nichilismo e l’appiattimento del mondo moderno. Il mio sogno è quello di poter girare in lungo in largo e costruire in quante più città possibili una locale “città della poesia”.
Ci auguriamo che tu possa realizzarlo. Grazie!
Chiara Tomasella