Dialogo estremo di una donna
Bruna Braidotti con questo lavoro ribalta il modo in cui si affronta il tema della violenza alle donne, rinunciando a descrivere i fatti e le vittime massacrate ed offese, ma arrivando al nucleo del problema: una cultura che denigra di fatto la donna e che le donne inconsciamente accettano o tollerano.
Dalle barzellette offensive, alla paura della libertà e della solitudine delle donne, all’egocentrismo scambiato per amore, alla fame d’amore inesauribile che getta le donne nelle braccia di un carnefice, si dimostra che la violenza si manifesta in modo banale e che è violenza anche solo l’accettare di vivere con un uomo anaffettivo o scostante o che semplicemente non ama la sua compagna: violenza che le donne fanno a se stesse. Perse nel sogno d’amore come unico senso della propria vita le donne hanno spesso dimenticato se stesse e la propria felicità. Pare che gli uomini questo lo sappiano bene e ne approfittino, non necessariamente per seviziarle, ma anche solo per farsi stirare le camice o per tradirle senza sentirsi in colpa.
A corroborare queste argomentazioni la dialogante Braidotti ricorre al tempo remoto dei miti e delle tragedie greche in cui si scopre come e quando iniziò la sfortuna delle donne, dopo un lungo periodo basato sulla cultura materna di cui si ignora la storia ma di cui rimangono segni nascosti e occultati nei saperi femminili, sempre più misconosciuti e rinnegati in una società che anela alla scomparsa definitiva delle donne.
Il dialogo, in cui si chiede alle donne di essere parte in causa attiva per superare il tono vittimistico e offeso, che spesso sottende alle denunce contro la violenza, è provocatorio, sarcastico, pungente ed ‘estremo’, per scuotere le donne a dissotterrare l’ascia di guerra e ricominciare la loro giusta rivolta e rifare il mondo da capo.