Aumenta l’occupazione dipendente nell’agricoltura Fvg: +30% dal 2008 al 2017
Tra il 2008 e il 2017 il numero di operai agricoli occupati in Friuli Venezia Giulia è cresciuto di 2.000 unità (+30,6%, da 6.500 a 8.500). Lo rileva il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo sulla base di dati Inps. Tale tendenza è comune a quasi tutto il territorio regionale; solo in provincia di Trieste, dove il settore primario ha un ruolo minore, la crescita è stata marginale (poche unità in più nel decennio in esame). Questo andamento positivo ha subito una particolare accelerazione nel 2017, anno che ha fatto segnare un aumento di quasi 1.200 occupati (+15,8%) rispetto al 2016. La dinamica illustrata è strettamente legata all’abolizione dei voucher a partire dal 18 marzo 2017 (decreto legge n.25/2017), sostituiti dai contratti a tempo determinato. In effetti il numero di operai agricoli a tempo indeterminato risulta in diminuzione nel tempo (da un numero medio di 2.200 nel 2008 a meno di 2.000 nel 2017), con una modesta inversione di tendenza avvenuta solo nell’ultimo triennio. Nel confronto 2016-2017 appare invece in forte crescita la componente a tempo determinato; ad esempio nel mese di agosto 2017 (in cui comincia la vendemmia e si registra il picco dell’occupazione a tempo determinato in agricoltura) si contavano 2.000 operai agricoli in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (da 7.500 a 9.500). Si ricorda che in base alle definizioni fornite dall’Inps un operaio a tempo determinato, detto anche bracciante agricolo o giornaliero di campagna, viene assunto per l’esecuzione di lavori di breve durata, a carattere saltuario, per compiere una fase lavorativa o in sostituzione di operai per i quali esiste il diritto di conservazione del posto. Un operaio a tempo indeterminato, detto anche salariato fisso, viene assunto con un contratto di lavoro senza scadenza.
Si conferma la prevalenza della componente maschile
Le donne impiegate come operaie in agricoltura sono il 30% del totale; nello specifico tra i lavoratori a tempo indeterminato costituiscono un’esigua minoranza (appena il 16,7%). Nel decennio considerato la crescita dell’occupazione ha inoltre riguardato in misura maggiore la componente maschile (+35,4%) rispetto a quella femminile (+20,6%).
I dati illustrati si riferiscono alla media delle rilevazioni dei dodici mesi; se si considerano tutti gli operai agricoli che hanno lavorato in Fvg nel corso del 2017, anche quelli impiegati per un breve periodo di tempo, il totale arriva a quasi 17.000 unità. Il numero di aziende regionali che occupano operai agricoli dipendenti è infine passato da 1.873 nell’anno 2008 a 2.139 nel 2017; anche in questo caso il 2017 ha fatto segnare un netto incremento.
Sempre meno lavoratori autonomi
Sono considerati lavoratori autonomi gli imprenditori agricoli che esercitano un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento di animali e alle attività connesse (in base all’art.1 del Decreto Legislativo n. 228/2001). Il numero regionale di lavoratori autonomi in agricoltura è sensibilmente diminuito nell’ultimo decennio, passando da 9.721 nel 2008 a 8.705 nel 2017 (-10,5%). A livello nazionale si osserva una flessione generalizzata ad eccezione di alcune aree del Sud (Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna). A tale proposito si può ricordare che anche la nostra regione è stata interessata dal ridimensionamento del settore primario e da processi di concentrazione che hanno portato alla chiusura di molte piccole aziende a conduzione diretta. La diminuzione osservata ha riguardato prevalentemente le lavoratrici autonome donne (-20,5% contro -4,1%), che sono circa un terzo del totale, spesso attive come coadiuvanti familiari. Su 8.705 lavoratori autonomi rilevati nel 2017 i titolari delle aziende agricole sono 6.388, il resto (2.317) sono collaboratori. Tra le province Gorizia presenta la variazione negativa di maggiore entità (-17,9%), Trieste un dato quasi invariato (-2,3%, pari a 5 unità in meno).
Sempre basandosi sui dati forniti dall’Inps è possibile distinguere gli agricoltori autonomi in tre categorie: coltivatori diretti, coloni e mezzadri, imprenditori agricoli professionali. I coltivatori diretti sono proprietari, affittuari, usufruttuari, pastori e assegnatari di fondi, nonché gli appartenenti ai rispettivi nuclei familiari che, direttamente e abitualmente, si dedicano alla coltivazione dei fondi, all’allevamento del bestiame e allo svolgimento delle attività connesse. I coloni e mezzadri sono coloro che svolgono l’attività agricola sulla base di rapporti di natura associativa, scaturenti da contratti di mezzadria, colonìa e soccida. La legge 203 del 1982 ha disposto la conversione di tutti i contratti di mezzadria e colonìa in contratti di affitto, pertanto quei pochi ancora esistenti sono in via di estinzione. Viene infine considerato imprenditore agricolo professionale colui che, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedica all’attività agricola di impresa, direttamente o in qualità di socio, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro (25% per le aziende ubicate in zone svantaggiate di cui all’art. 17 del Reg. CE n. 1257/99). In regione la quasi totalità (8.312 su 8.705) dei lavoratori autonomi in agricoltura rientra nella categoria dei coltivatori diretti (a livello nazionale la percentuale è un po’ meno elevata ma comunque superiore al 95%). Si può anche rilevare che il numero di imprenditori agricoli professionali, seppure ancora residuale, è in netto aumento nel tempo (+50%). Infine, il comparto dell’agricoltura vede un processo di invecchiamento degli operatori particolarmente marcato: la classe degli over 60 comprende ormai più di 2.500 lavoratori autonomi su 8.700, con un incremento di circa 10 punti percentuali rispetto al 2008 (dal 19% al 29%).