Ludovico Einaudi in concerto a Trieste con il progetto musicale più ambizioso della sua carriera
È il pianista compositore italiano più amato e acclamato nel mondo, ha suonato nei principali teatri e sale da concerti del globo (da La Scala di Milano alla Royal Albert Hall di Londra, passando naturalmente per l’Arena di Verona, le Terme di Caracalla, la Sydney Opera House, l’Olympia di Parigi, la Radio City Music Hall a New York e tantissime altre), è stato insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e di Cavaliere dell’Ordine Des Arts et Lettres dal Ministero della Cultura Francese.
Stiamo ovviamente parlando di Ludovico Einaudi che, a tre anni e mezzo dall’ultimo lavoro “Elements”, venerdì 15 marzo ha pubblicato il primo disco di “Seven days walking”, il suo progetto musicale più ambizioso e visionario finora realizzato: sette dischi che verranno pubblicati nell’arco di sette mesi consecutivi.
In contemporanea all’uscita del primo disco della serie, Ludovico Einaudi presenta dal vivo “Seven Days Walking” in un tour che nel corso del 2019 toccherà le principali città d’Europa e Stati Uniti. Partito con una serie di teatri italiani che registrano il tutto esaurito già da diversi mesi, per poi approdare in alcune tra le più importanti città europee (Lisbona, Bruxelles, Londra, Monaco, Lucerna, Berlino, Vienna, Parigi) e statunitensi (Washington, Philadelphia, New York, Chicago, San Francisco, San Diego, Los Angeles, etc.), per poi tornare in Italia in estate negli anfiteatri e nel resto d’Europa. L’unica tappa nel Triveneto, di questa prima tranche di concerti, si terrà domani, giovedì 11 aprile al Politeama Rossetti di Trieste, organizzata dall’agenzia VignaPR srl in collaborazione il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Anche il concerto di Trieste è soldout da mesi e non ci saranno pertanto biglietti in vendita alle casse.
Cosa abbia portato il compositore classico più ascoltato di tutti i tempi nello streaming e nelle classifiche alla concezione di questa nuova impresa, ve lo raccontiamo con le sue parole. L’ispirazione nasce in montagna:
“Nel gennaio dell’anno scorso facevo lunghe passeggiate in mezzo alla neve, seguendo più o meno sempre lo stesso percorso. Nevicava molto e coi pensieri mi perdevo dentro quello stato di tormenta in cui le forme, spogliate dal freddo, avevano perso i loro contorni e colori. Forse quella sensazione di essenza estrema è all’origine di questo album.”
Il disco è stato registrato in autunno a Schloss Elmau in Germania e negli Air Studios di Londra. Con Einaudi al pianoforte, Federico Mecozzi al violino e Redi Hasa al violoncello. Riascoltando la registrazione delle prime prove, l’idea si precisa ulteriormente:
“Ogni versione mi sembrava avere un carattere proprio, con sfumature distinte. Associavo il tutto al camminare, all’esperienza di fare e rifare gli stessi percorsi, scoprendo ogni volta nuovi dettagli. E così alla fine ho deciso di inserire tutte le versioni in un percorso di ascolto labirintico, per entrare nei meandri del processo creativo e per capire come un’idea musicale si possa sviluppare in tante direzioni, cambiare ogni volta che viene eseguita e cambiare nuovamente quando viene ascoltata.”
“Seven days walking” è dunque suddiviso in sette episodi, ognuno dei quali è focalizzato su alcuni temi principali, sette variazioni intorno a uno stesso percorso immaginario o sette momenti diversi dello stesso itinerario. Sette album dal Day One al Day Seven che, dopo l’uscita del Day One il 15 marzo, verranno pubblicati in digitale a scadenza mensile fino a essere riuniti in cofanetto nell’autunno 2019.
CONCERTO SOLDOUT (biglietti esauriti da mesi!)
LUDOVICO EINAUDI / BIOGRAFIA
Il pianista e compositore Ludovico Einaudi nasce a Torino il 23 novembre 1955. Deve forse a sua madre, pianista amatoriale, il primo impulso alla musica e a quella che sarebbe diventata una carriera illustre. Inizia gli studi musicali al Conservatorio di Torino e si diploma al Conservatorio di Milano con Azio Corghi, perfezionandosi poi con Luciano Berio, di cui diventa assistente, e con Karlheinz Stockhausen. Nel 1982 vince una borsa di studio per il Tanglewood Music Festival, dove entra in contatto con le nuove tendenze del minimalismo americano. Negli anni seguenti compone musiche per balletto, cinema e teatro, come “Sul filo d’Orfeo” (1984), “Time out” (1988), “The wild man” (1991), “Salgari” (1995) e diversi lavori per orchestra e ensemble che vengono eseguiti alla Scala di Milano, all’Ircam di Parigi, al Lincoln Center di New York. Con l’album “Stanze” del 1992, che raccoglie sedici composizioni per l’arpa di Cecilia Chailly, inizia “un viaggio verso l’essenziale, alla ricerca della massima intensità con il minimo indispensabile”. Ma è con “Le Onde”, primo album in solo e ispirato ai racconti di Virginia Woolf, che nel 1996 cattura l’attenzione internazionale, ulteriormente accresciuta dai successivi “Eden Roc” (1999), in cui ospita un quintetto d’archi e il duduk di Djavan Gasparyan, e da “I giorni” (2001), un ciclo di ballate per piano ispirate da un viaggio in Mali. In Africa torna due anni dopo, su invito del Festival au Desert. Da quell’esperienza incide “Diario Mali” insieme al maestro della kora Ballaké Sissoko. La musiche che scrive nel 2002 per il remake del “Doctor Zhivago” trionfano al New York Film Festival, confermando il crescente prestigio di cui godono le sue colonne sonore, da “Fuori dal mondo” (2000), “Luce dei miei occhi” (2001), “Sotto falso nome” (2004), “This is England”, film (2004) e serie tv (2010), fino a “Intouchables” (2011), “Samba” (2014), “Mommy” (2014, “The water diviner” (2015) e “The third murder” (2017). I teatri in cui suona diventano sempre più significativi. I concerti alla Scala di Milano, incisi anche su disco, all’Hangar Bicocca e alla Royal Albert Hall contrassegnano una raggiunta pienezza artistica. Nel nuovo album in studio “Una mattina” del 2004, la musica di Einaudi si fa più concentrata e introspettiva, mentre nel successivo “Divenire” si espande nelle sonorità della Royal Liverpool Philharmonic Orchestra. Entrambi i dischi, che già primeggiano le chart di musica classica, irrompono per la prima volta in quelle pop. Sarà l’unico musicista classico a suonare nel primo festival iTunes. Nel lungo tour mondiale che segue, scrive costantemente musica nuova. Nel 2009 escono “Cloudland” con Robert e Ronald Lippok, e “Nightbook”, lavoro notturno, interiore, che “proietta il pianoforte come un’ombra, in tutte le direzioni”. Il concerto culmine delle tournée in Europa e Usa è ancora una volta alla Royal Albert Hall, da cui viene tratto un disco doppio e un dvd. Per due estati consecutive dirige l’Orchestra della Notte della Taranta, producendosi in una visionaria prova di regia musicale che lascia il segno nella musica tradizionale della “terra nera della tarantola”. Nel 2013 esce “In a time lapse”, una riflessione sul tempo, che viene registrato in un monastero e “concepito come una suite o i capitoli di un unico romanzo”, in cui convergono intorno al pianoforte archi, percussioni ed elettronica. Molti sono i concerti memorabili del tour mondiale che segue, quelli alla Sidney Opera House e all’Arena di Verona su tutti, ma anche lo speciale concerto “Piano Africain”, per sei pianoforti e altrettanti balafon e marimbe con cui apre Piano City Milano del 2014. Il nuovo “Elements” scaturisce nel 2015 “dal desiderio di rincominciare da capo, di provare strade diverse”. Tre mesi di registrazioni nello studio di casa nelle Langhe “mentre fuori esplodeva la primavera” e l’album diventa “una mappa di pensieri e sentimenti, punti, linee, forme e frammenti di un solo flusso interiore tra mito, Euclide, la tavola periodica, gli scritti di Kandinsky”. Nei tre anni successivi le tournée di “Elements” riempiono i teatri e le grandi arene del pop nel mondo. Suona la sua “Elegy for the Arctic”, commissionata da Greenpeace, su una piattaforma galleggiante tra i ghiacci del Mar Glaciale Artico. Sempre nel 2016 comincia l’appuntamento annuale con le “Dieci Notti” al Teatro Dal Verme di Milano: dieci concerti consecutivi con ospiti ed eventi speciali “per restituire qualcosa a una città che mi ha dato tanto”.