Parlamento Europeo, il potere alle donne in politica. Il 26 maggio cambierà la mappa?
La situazione dell’universo femminile nelle istituzioni politiche non è ancora rappresentato come si deve. Ciò vale sia a livello locale – infatti solo il 15% dei sindaci di tutti i Paesi Ue è donna – sia sulle scene nazionali – dove nei parlamenti e nei governi degli Stati membri le donne sono il 30%- secondo le cifre Eurostat diffuse il 6 marzo, con fortissime differenze nazionali.
E le istituzioni europee? Anche in Europa la percentuale di rappresentatività femminile non è un’eccezione: il 36,1% dei deputati al Parlamento europeo è donna; in Commissione, su 28 posti solo 9 sono occupati da donne.
Questa la mappa: al Parlamento europeo, dunque, le donne sono poco più di un terzo. Il gruppo politico più “rosa” è la Sinistra unitaria europea (Gue/Ngl) con il 51,9% di donne; tra i Liberali e democratici per l’Europa (Alde) ce ne sono il 45,6%, i Socialdemocratici hanno il 44,0% di deputate, i Verdi 40,4%, il Gruppo Europa della libertà e democrazia diretta (Efdd) 39,0%, Europa delle nazioni e delle libertà (Enf) 29,7%; sono donne il 28,6% dei deputati del Partito popolare, il 22,7% dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) e tra i “Non iscritti” (Ni) 18,2% sono donne. Sono dati che emergono da uno studio interno realizzato dal Parlamento europeo in vista della Giornata internazionale della donna. Se si guarda invece alla rappresentanza per Paese, batte tutti la Finlandia, che nella sua delegazione ha il 76,9% di donne. Sono attorno alla parità Irlanda e Croazia (entrambe con il 54,5% di donne), ma anche Malta e Svezia (50%), la Spagna è quasi arrivata al “fifty fifty” (48,1%). Tra gli eurodeputati francesi il 43,2% è donna; Austria, Regno Unito, Paesi Bassi e Italia sono intorno al 38%. Sopra la media del 36,1% sono ancora la Lettonia, la Slovenia e la Germania. Nelle delegazioni di Belgio, Lussemburgo Danimarca, Slovacchia la rappresentanza femminile è tra il 30 e il 34%. Nella fascia tra il 20 e il 30 per cento si collocano le delegazioni di Portogallo Romania, Polonia, Repubblica ceca, Grecia. Chiudono la classifica l’Ungheria, che ha portato in emiciclo una delegazione che ha solo il 19% di donne, la Lituania (18,2%) la Bulgaria (17,6%) Cipro e l’Estonia (entrambe al 16,7%).
Saranno 11 gli Stati europei che per le elezioni del 26 maggio avranno “quote di genere”, vale a dire imporranno che le liste elettorali siano bilanciate tra rappresentanza maschile e femminile. Per la tornata del 2014 le quote vigevano già in 8 Paesi: Belgio e Francia, che avevano imposto la parità di rappresentanza; Slovenia e Spagna con la soglia del 40%; il Portogallo con la proporzione del 33%, Polonia il 35% e Romania, con la regola “le liste non possono essere tutte di persone dello stesso sesso”. A questi si aggiungeranno per il voto del 2019 Grecia (che ha imposto il 33%), Lussemburgo con il 50% e sanzioni pecuniarie per chi non la rispetta. Anche l’Italia imporrà liste di parità (candidati dello stesso sesso non possono superare la metà dei candidati della lista) e i primi due candidati non dovranno essere dello stesso sesso. Sempre in Italia già nel 2014 valeva la regola per cui i voti di seconda e terza preferenza non vengono conteggiati se gli elettori hanno scelto solo candidati di un genere. Secondo informazioni raccolte dal Parlamento europeo, negli Stati membri che non impongono una quota di genere, i partiti “a volte introducono volontariamente quote per la scelta dei candidati”: l’aumentare “progressivamente la rappresentanza delle donne è talvolta considerato più efficace della corsia preferenziale delle quote legislative di genere”. Lo dimostrerebbero i casi della Svezia, Danimarca e Paesi Bassi che hanno molte donne in parlamento e questo senza quote.
Scritto da Ermes Capelli
IL PAîS gente della nostra terra – Maggio 2019 – edizione cartacea