L’“Alabarda magica” e i destini del Friuli
«Notizie preoccupanti arrivano per il Friuli, su diversi fronti. Uno di questi – osserva il segretario del Patto per l’Autonomia, Massimo Moretuzzo – è il definitivo e recente strappo consumatosi in casa degli industriali regionali, con l’accordo di Pordenone con Trieste e Gorizia e il conseguente isolamento di Udine. Passaggio questo che non deve sorprendere troppo, considerati i molteplici segnali che da tempo giungono sul tema: dalla dibattuta vicenda delle Camere di Commercio allo strano mosaico di uno dei pezzi da novanta del sistema confindustriale, quell’Ance (imprese edili) che vede l’alleanza Trieste-Pordenone distinta dai costruttori di Udine e Gorizia».
Segnali evidenti che «l’annosa questione della rappresentanza dei diversi territori che compongono la nostra regione, e in particolare quello del Friuli occidentale, è ancora irrisolta, sospesa fra quello che è stato (le Province) e quello che ancora non è (mi auguro non le Province 2.0). Il tutto si sta consumando sullo sfondo di una crisi che negli ultimi 10 anni ha colpito e sta colpendo il Friuli-Venezia Giulia molto più duramente che il resto del “favoloso” Nord est, la cui portata non è stata compresa e analizzata fino in fondo da chi avrebbe avuto il compito di farlo. Se guardiamo ai dati sull’economia regionale a partire dal 2008 in termini di PIL, di saldo del numero di imprese, di occupazione intesa come numero di ore lavorate, e magari li abbiniamo agli inquietanti trend demografici degli ultimi anni, allora capiamo che è necessario mettere in campo prima possibile una exit strategy da una situazione che rischia di diventare insostenibile. Se poi depuriamo questi dati regionali dall’enclave della cantieristica navale e dai segnali che arrivano dal sistema della portualità triestina, si evidenzia che ci sono territori che escono peggio degli altri e la provincia di Udine è fra questi. Il “sistema Friuli” – continua Moretuzzo – non sembra aver capito quello che sta succedendo e non sta attuando alcuna forma di resistenza: si pensi, ad esempio, al commissariamento de facto di Friuli Innovazione in funzione di una sua prossima annessione da parte di Area Science Park a Trieste, avvenuto senza colpo ferire da parte degli industriali friulani, dell’Università, della Camera di Commercio e del Comune di Udine».
Per il segretario del Patto per l’Autonomia «non sembrano averlo capito neppure la maggioranza che guida l’Amministrazione regionale e i suoi consiglieri eletti in Friuli, incapaci di dare qualsivoglia segnale di sterzata rispetto a un declino ormai sotto gli occhi di tutti. Di proposte in questo primo quarto di legislatura ne abbiamo fatte diverse: dal piano straordinario di riqualificazione dei centri storici a sostegno delle filiere dell’edilizia alla “regionalizzazione” degli appalti facendo leva sulla specialità regionale, dalla “riconquista” pubblica e locale dei sistemi di produzione energetica, a partire da quello idroelettrico, all’avvio di un piano massiccio di azioni per l’adeguamento del territorio a cambiamenti climatici sempre più evidenti e incombenti. Nulla di tutto questo è stato seriamente preso in considerazione e non si intravedono elementi che vadano in questa direzione. Un tempo in Italia furoreggiava il “Giglio magico” di Renzi, ora sulle lande friulane detta legge l’“Alabarda magica” di Fedriga, sempre più impegnato a trovare il suo spazio nel surreale dibattito italico, fra muri confinari da costruire e videocamere da piazzare, ben attento a non inimicarsi i ministeri romani cui ha lasciato l’obolo dei 94 milioni di extragettito IMU che lo Stato avrebbe dovuto restituire ai nostri Comuni. Il tutto – conclude Moretuzzo – mentre nella Giunta regionale cresce progressivamente il peso dei rampanti assessori giuliani, con buona pace dei leghisti friulani e dei loro accoliti».