L’Azienda Agricola Pighin si prepara a raccogliere la prima uva biologica certificata da vitigni resistenti
L’Azienda Agricola Pighin, realtà ubicata nella culla della più alta tradizione vinicola del Friuli che da due generazioni porta avanti un percorso produttivo incentrato sulla genuinità del vino e sulla più alta qualità delle uve, crede da sempre nei vitigni resistenti, tanto da averne piantato le prime barbatelle tra anni fa. “Nel 2016, all’interno delle mura della Villa Veneta di Risano, oggi sede di rappresentanza dell’azienda, sono state piantumate 3.100 barbatelle di vitigni resistenti: era il primo anno di commercializzazione di questi vitigni appena registrati dai Vivai di Rauscedo e autorizzati all’impianto dal Ministero – spiega Roberto Pighin, contitolare dell’azienda. “Oggi la lotta fitosanitaria viene condotta con principi attivi sicuramente più attenti all’ambiente rispetto al passato e questi vitigni, frutto di uno scrupoloso programma di incrocio tra fiori della vite (non incroci ogm) e selezione di viti di nuova generazione resistenti a peronospora e oidio, permettono di ridurre i trattamenti contribuendo nel tempo alla salubrità e alla sostenibilità ambientale”. Due le varietà piantumate nel 2016: Fleurtai e Soreli. È stata questa l’occasione per mettere a riconversione i terreni che ospitano tali vitigni con il metodo dell’agricoltura biologica. Racconta Cristian Peres, enologo dell’azienda “abbiamo fortemente creduto in questo percorso tanto che nel 2017 sono state piantate altre 18.000 barbatelle su un appezzamento di 4 ha già in riconversione biologica dal 2016 con la semina di erbaio da sovescio. In quell’anno, grazie alla più ampia possibilità di scelta sulle varietà omologate, abbiamo scelto il Fleurtai, il Sauvignon Nepis e il Sauvignon Ritos, con caratteristiche più affini alla nostra tipologia di prodotto. Questi incroci – continua Peres – a differenza che nel passato non sono stati eseguiti in modo casuale, ma grazie alla codificazione del genoma della vite condotta ormai 10 anni fa da parte dell’Università di Udine, è stato possibile impostare incroci ragionati, demoltiplicando e riducendo in modo drastico il numero arrivando ad un obbiettivo in tempi relativamente brevi”. Un progetto, questo, tutto Friulano che nasce dalla collaborazione tra Università, Vivai e Aziende vitivinicole regionali. L’Azienda Agricola Pighin ha colto subito questa opportunità per implementare il percorso di una viticoltura sempre più attenta all’ambiente e al territorio, dove la naturale resistenza del vitigno ad avverse condizioni ambientali è alla base di una serena gestione biologica del vigneto. Ecco dunque che grazie a questo progetto, nell’imminente vendemmia 2019 l’Azienda Friulana si accinge a raccogliere la prima uva biologica certificata dell’azienda. Nel 2018 l’azienda Pighin ha sperimentato le sue prime vinificazioni separate da vitigni resistenti registrando risultati positivi: “Le vinificazioni di questi particolari vitigni a cui ci siamo approcciati – racconta Roberto Pighin – ne stanno esaltando le caratteristiche primarie: profumi delicatamente aromatici, esotici e di buona persistenza.” “Da un punto di vista tecnico – spiega l’enologo Peres – è stata realizzata criomacerazione per 24 ore su entrambe le tipologie. Successivamente i mosti sono stati flottati con l’uso di gas inerte e inoculati con lieviti selezionati seguendo una classica vinificazione in bianco. Per il 2019 ripeteremo la criomacerazione delle uve visto lo stato sanitario perfetto. Una volta puliti i mosti sempre con utilizzo del flottatore, verranno inoculati dei batteri lattici “prefermentativi” che oltre a svolgere la fermentazione malolattica senza apportare al vino i classici sentori burrosi faranno da bioprotettori . In questo modo avendo anche già eliminato il problema legato ad eventuali fermentazioni malolattiche spontanee potremmo ridurre i tenori di anidride solforosa nel vino. Seguirà poi la fermentazione sempre con utilizzo di lieviti selezionati. I vini poi verranno mantenuti il più possibile sulle feccie fini in modo da dargli volume in bocca e protezione degli aromi nel tempo.” “I risultati finora ottenuti da questa nuova ed appassionante sfida – spiega Roberto Pighin – sono particolarmente lusinghieri anche se molta strada è ancora da fare. Si tratta infatti di un percorso fatto di sperimentazione e ricerca, ma siamo certi che i vitigni resistenti rappresentino oggi un’importante strada da intraprendere con convinzione e impegno per andare verso una viticoltura “ecologica” e compatibile con il futuro. Poiché ad oggi le disponibilità, dal punto di vista produttivo, sono ancora limitate, il nostro obiettivo è poter degustare il frutto di questo importante lavoro entro i prossimi due anni”.