Fridays for Future, studenti in piazza per l’ambiente
Riscaldamento globale e inquinamento da plastica, ci meritiamo o no questo pianeta?
Quello che notiamo tutti i giorni, è la presenza di plastica ovunque, ai lati delle strade, nei parchi, nel letti dei fiumi, in spiaggia, e nei mari.
Ma questo materiale, creato dall’ uomo, arriva anche dove non te l’aspetti, ovvero nelle zone disabitate, ma ancor più fragili dell’artico, portata dalle correnti marine. Nelle isole Svalbard, dove sono stato qualche anno fa, sulle spiagge degli isolotti più remoti, a 1200 km circa dal Polo Nord, si trovano bidoni di plastica, reti da pesca e altre tipologie di rifiuti. Ogni anno in quelle terre tra luglio e agosto, si organizzano delle spedizioni per rimuoverli. Ci sono stato per vari motivi, fotografare l’orso polare, vedere le enormi lingue glaciali che arrivano fino al mare, ma anche per rendermi conto di quante decine di metri arretrano i ghiacciai artici, si va da un minimo di 100 metri l’anno, ma si arriva anche a qualche centinaio di metri in media. Questa mancanza di ghiaccio è impressionante, il loro arretramento e assottigliamento dovuto al riscaldamento globale, è maggiore rispetto agli altri ghiacciai del pianeta, perché nell’artico gli effetti del riscaldamento globale incidono maggiormente rispetto ai ghiacciai delle latitudini più basse, come quelli alpini. La stessa situazione l’ho potuta notare anche nei ghiacciai del sud della Norvegia, quindi a latitudini più basse, e nel ghiacciaio continentale più grande d’Europa per volume, il Vatnajokull, che si trova nell’Islanda centromeridionale e che ha dato luogo, con l’arretramento della lingua glaciale, allo Jokulsarlon, lago di chiara origine glaciale e che si collega all’oceano Atlantico settentrionale.
Partendo quindi dal fatto che i ghiacciai si stanno ritirando in tutto il mondo, si parli di ghiacciai artici, alpini, himalayani o antartici, il destino è lo stesso, cosa comporta per le popolazioni vicine ai ghiacciai la scomparsa di questi giganti? Comporterà una riduzione della disponibilità di acqua potabile necessaria a tutte le attività umane, come ad esempio l’agricoltura. Un’altro aspetto del Global Warming, è la carenza di precipitazioni in vari luoghi del pianeta. I cambiamenti climatici porteranno sempre di più alla continua ricerca del cosidetto oro blu, l’acqua, il bene più prezioso per l’uomo, ben più prezioso dei minerali, come l’oro o i diamanti, che però non ci permettono di sopravvivere e di coltivare. Nel mondo ben 2,5 miliardi di persone devono convivere con la scarsità dell’acqua nel proprio paese, come Cina, India, Nigeria ed Etiopia. In molti paesi poveri, magari attraversati da fiumi condivisi da più nazioni, nascono focolai di tensione tra le varie popolazioni e questo già accade, portando quindi al fenomeno dell’immigrazione di massa di rifugiati climatici da alcuni stati asiatici.
Ma perché vi parlo di inquinamento dovuto alla plastica, e inquinamento aereo dovuto all’ emissione di co2? Fino a non molto tempo fa, qualche anno, si diceva che non c’era una correlazione tra la plastica rilasciata nell’ ambiente, e le emissione di co2 nell’ atmosfera. Qualche mese fa tutto ciò è stato smentito. Nelle isole Hawaii, i risultati pubblicati da un gruppo di ricercatori, che hanno eseguito vari test per un lungo periodo, ha messo in evidenza che la plastica, anche se molto lentamente, degradandosi, emette due gas serra come l’etilene e il metano. In particolare il metano, è capace di produrre un surriscaldamento 25 volte maggiore rispetto alla co2 pur stazionando meno in atmosfera e se pensiamo a tutta la plastica che finisce abbandonata nell’ ambiente… E’ per questo motivo che la lotta alla plastica, assieme a quella della co2 che si emette in atmosfera tramite i vari mezzi di locomozione, il riscaldamento invernale, le industrie e altre nostre abitudini antropiche, devono andare di pari passo, ed essere l’obbiettivo primario di questo secolo.
Si arriva quindi alla conclusione che anche l’inquinamento da plastica nel suolo, e nei mari, porta ad aumentare i gas serra in atmosfera. Dobbiamo quindi prendere atto che la co2 aumenta sempre più in fretta e gli ultimi rilevamenti parlano di 410 ppm, all’ inizio dell’era industriale era a 280/300. Molto spesso mi sento dire, che i cambiamenti climatici sono una normale fluttuazione della natura, nulla di più vero, ma a fare la differenza sono i tempi nel quale si realizza il cambiamento. La natura impiega da alcune migliaia a centinaia di migliaia di anni, per andare incontro a un periodo più freddo o più caldo, mentre quello che sta avvenendo, l’inarrestabile salita della co2, l’aumento della temperatura a livello globale, sta avvenendo in poco più di un secolo, proprio con l’industrializzazione.
Come combattere questa inarrestabile ascesa della co2?
Innanzitutto cambiando le nostre abitudini, in modo anche radicale, dall’ alimentazione basata sull’ uso eccessivo di carne, al riciclo di ogni materiale e componente, dalla riduzione dell’uso di energia elettrica e del riscaldamento,usando i mezzi meno inquinanti, piantare alberi sempreverdi e consumare il meno possibile il nostro prezioso suolo. L’edilizia deve diventare un’edilizia 2.0, che collabori con la natura, usando nuovi prodotti green, come ad esempio l’isolamento delle abitazioni, rendere obbligatori i pannelli solari, sia per immobili domestici ma anche per capannoni, scuole e centri commerciali. Se la maggior parte degli immobili esistenti in Italia, venissero usati per l’installazione di pannelli solari, il nostro paese diventerebbe autonomo. La nuova edilizia deve anche cessare di consumare terreno, ambiente, ma puntare alle ristrutturazioni o al demolire e ricostruire, lasciando un 40% dell’intero lotto destinato a verde e piantumazione di piante autoctone. Bisognerà rendere le città sempre più vivibili, con vasti parchi cittadini, una rete ciclo-pedonale soddisfacente e mezzi, pubblici e privati, elettrici o a idrogeno.
Il prossimo decennio, ci dirà se meriteremo o no questo pianeta, se avremo vinto la doppia scommessa sul riscaldamento globale e l’inquinamento da plastica di oceani e terra ferma.
Scritto da Fabio De Stefano