Epifania in Friuli
“L’Epifania tutte le feste si porta via”: recitava così il vecchio detto che esplicitava la fine delle feste natalizie a favore di un ritorno della quotidianità feriale. Ma la Befana friulana, così amata sia dai bambini che dai grandi, raccoglie in sé tradizioni e misteri che raccontano
superstizioni e riti benaugurati. In tutto il Friuli si festeggia l’Epifania con cerimonie e tradizioni che affondano le radici in riti celtici e precristiani. In tutte le località grandi e piccole della regione, al calare della dodicesima notte, quella dell’Epifania appunto, l’ultima
del periodo natalizio, si organizzano altissimi falò propiziatori (detti “pignarûi” o “foghere”), si bruciano feticci, si fanno previsioni dell’anno che sta per iniziare, traendo gli auspici dall’andamento del fumo e delle faville. Il pignarûi vedono la loro origine nel culto di Beleno, divinità protoceltica della luce, e della sua compagna Belisma, dea del fuoco e continuano tutta la ritualità delle festività legata ai fuochi propiziatori, in grado di scacciare la sfortuna ed il maligno.
Nei paesi, nelle borgate del nostro Friuli si preparano le pire che poi vengono acceso il 6 gennaio. Il più celebre fra tutti è quello di Tarcento, dove i Pignarulârs, in folto corteo salgono le strade del paese con la loro festosa fiaccolata che richiama gli antichi cortei che dalle chiese si muovevano verso le cataste dei borghi e dei cortili.
Dal grant pignarûl si attende poi con ansia che il “Vecchio Venerando” tragga i suoi auspici interpretando la direzione del fumo. Tarcento, assieme a Gemona e a Cividale sono, a buon diritto, le “capitali” dell’Epifania in Friuli.
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