Università di Udine: progetto per ricostruire organi con tessuti ricavati da materiali di origine vegetale
La sostituzione di organi con protesi che ne ripristinino le funzionalità è un problema medico estremamente complesso e che richiede un approccio fortemente interdisciplinare. In questi anni si sono diffuse tecniche di biostampa, che utilizzano stampanti 3D e nuovi materiali per riscostruire parti del corpo, come le ossa. Nel caso però di protesi che devono mantenere la stessa elasticità di quelli originali, come l’aorta, o la vescica urinaria, i problemi si fanno più complessi, perché i nuovi organi devono garantire di mantenere nel tempo al contempo robustezza e flessibilità.
Un progetto che vede la collaborazione dei Dipartimenti di Area medica e di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine punta a rivoluzionare il modo di pensare e produrre protesi di organi.
«Le opzioni per la sostituzione di organi, come per esempio la vescica urinaria, sono ad ora molto limitate – spiega Fabrizio Dal Moro, direttore della Clinica Urologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria integrata di Udine –. Siamo soliti ricostruire la vescica prendendo una parte dell’intestino dello stesso paziente. Questi tipi di interventi hanno però complicanze post operatorie non certo trascurabili, e legate nella maggior parte dei casi proprio alla manipolazione dell’intestino necessaria per prelevare il segmento usato poi per la creazione della neo-vescica. L’ideale sarebbe poter usare un materiale completamente nuovo, che abbia tra le caratteristiche richieste, non solo l’assenza di reazioni di rigetto da parte del corpo, ma anche e soprattutto quella impermeabilità, elasticità e flessibilità tali da permettere alla nuova vescica sia di contenere l’urina espandendosi facilmente sia di potersi “lasciar spremere” nel momento della minzione. Il tutto senza deteriorarsi nel corso del tempo».
I materiali sintetici comunemente usati, come alcuni tipi di polimeri, non garantiscono la permanenza di queste caratteristiche di elasticità, perché con l’andare del tempo si trasformano in tessuti cicatriziali rigidi.
I ricercatori dell’Università di Udine hanno invece ipotizzato di utilizzare tessuti di origine vegetale, anziché animale, per costruire i nuovi organi.
«Grazie ad anni di studio sulle piante – dice Paolo Ceccon, direttore del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine – abbiamo acquisito una conoscenza molto vasta delle proprietà dei tessuti vegetali, e stiamo selezionando quelle con le caratteristiche che ci interessano. Combinando queste con tecniche di stampa 3D, sarà forse possibile ricostruire dei tessuti biocompatibili strato per strato».
«Al momento – prosegue Ceccon – stiamo studiando i modi di poter “tessere” fibre di diverse tipologie in modo tale che l’organo si mantenga impermeabile e al tempo elastico. Successivamente passeremo alla parte di sperimentazione».
«Il mondo delle piante offre tantissime opportunità e infinite applicazioni – conclude Dal Moro – non solo nel campo della sostituzione di organi, ma anche nella produzione di cibo: pensiamo ad esempio agli analoghi della carne ottenuti a partire da ingredienti di origine vegetale. Importanti anche i risvolti in campo etico. Se le sperimentazioni ci daranno ragione, questo potrebbe significare un importante passo avanti nella chirurgia ricostruttiva degli organi».
Il progetto, per la sua innovatività, è stato selezionato dal Polo di Innovazione Tecnologica Como Next tra quelli presentati lo scorso novembre in Cina, su invito del governo dello Zhejiang.
ComoNExt è una delle più grandi strutture italiane operative nel campo della promozione di innovazione: 21mila metri quadri nella sede centrale di Lomazzo, 900 persone attive nella location, circa 150 le realtà al lavoro. In Cina Como NExt opera dopo aver sviluppato una attenta e dettagliata relazione con le realtà cinesi alle quali si propone una valutazione delle proposte italiane.