Emergenza coronavirus, i medici di base sono pronti
Medici di famiglia baluardi nel triage. Ambulatori sempre aperti
Priorità d’accesso a chi ha sintomi influenzali
Inutili le scorte alimentari e la corsa a mascherine e disinfettanti
Emergenza coronavirus. I medici di base sono pronti. Tutti aperti gli ambulatori dei medici di famiglia che sono le sentinelle sul territorio in grado di rilevare, con il triage (il sistema per selezionare le priorità di trattamento), gli eventuali casi sospetti da inviare, con protocollo attivato dal 112, in ospedale. Se la persona ‘sospetta’ non arriva dalle zone rosse, ovviamente non rientra nel triage. Solo chi proviene da zone identificate dal Ministero come a rischio, verrà reclutato nella categoria a rischio e considerato come tale. L’82 per cento dei sintomi è simile alla normale influenza stagionale, pertanto la discriminante è proprio la provenienza geografica unitamente al fatto di essere passati o meno per le aree in isolamento.
Ed ecco le indicazioni pratiche date ai cittadini dall’Ordine dei Medici di Udine, resi noti dal Presidente Maurizio Rocco e dal segretario generale Mario Da Porto nella conferenza stampa di oggi, sono i seguenti: chiunque manifesti sintomi quali febbre pari o superiore ai 37.5, mal di gola, tosse, problemi respiratori, deve contattare telefonicamente il proprio medico di base che, con gli approfondimenti, chiederà se la persona è transitata nelle zone rosse nell’ultimo periodo, per decidere l’attivazione del protocollo del 112 o meno. In ogni caso è caldamente consigliato che chi ha questa sintomatologia non esca di casa. Se si tratta dell’influenza stagionale, il medico di base tratterà questa persona come sempre.
L’Ordine dei Medici invita i cittadini a non intasare i pronto soccorso degli ospedali né tanto meno gli ambulatori dei medici di famiglia.
Potrebbe però succedere che il paziente con sintomi sospetti si rechi comunque negli studi medici che, come detto, resteranno attivi. I medici di base stanno affiggendo i cartelli in cui si avvisano i pazienti che quanti presentano la sintomatologia influenzale con criticità respiratorie hanno la priorità, e quindi saltano la coda per evitare soste lunghe in sala d’attesa. A questo la persona entrerà direttamente nella stanza del medico di famiglia il quale gli chiederà se è stato nelle zone rosse e/o ha avuto contatti con persone delle aree del Veneto e della Lombardia. Se la risposta sarà sì, allora il medico fornirà subito al soggetto sospetto la mascherina (quella FFP3 senza valvola), metterà la tuta sterile, contatterà subito il 112 che preleverà il soggetto con ambulanza dotata di bio-contenimento. A questo punto, però, anche se il soggetto non è rimasto nella sala d’attesa, il medico dovrà comunque annotare l’identità di tutte le persone presenti ed inviare i nominativi al Dipartimento di prevenzione, visto che, per precauzione, anche questi soggetti potrebbero rientrare nella fascia ‘a rischio’.
“I medici di famiglia – dichiarano il Presidente Rocco e il segretario generale Da Porto – rivestono un ruolo imprescindibile nella gestione di questa emergenza: sono investiti di una forte responsabilità, anche perché, comunque, dovranno farsi carico di trattare anche le altre patologie dei propri assistiti e e garantire la continuità della terapia, lo stesso discorso vale anche per la continuità assistenziale.
L’Ordine dei medici, che approva le decisioni prese dalla Regione FVG, si appella anche al senso di responsabilità dei cittadini: evitare i luoghi affollati, gli assembramenti, ridurre in generale le uscite. “I cittadini seguano in maniera scrupolosa i consigli forniti dalle Autorità preposte”, sottolinea il dr. Da Porto.
Quanto alle due strutture individuate dalla Regione, una a Muggia e una nel castello di Tricesimo, esse vengono considerate per ora sufficienti.
I medici di base sono in attesa di ricevere tutti i presidi di prevenzione, sia per loro stessi sia per i pazienti ai quali sarà necessario fornirli.
Di “fenomeno grave” parla il Presidente Rocco in relazione all’accaparramento di scorte alimentari, gel disinfettanti, alcool, mascherine. “Non occorre assolutamente comportarsi così, non ha alcun senso, evitiamo isterie collettive di massa”. Non serve neppure la spasmodica caccia alle mascherine: esse verranno infatti fornite dai medici di famiglia nel caso di pazienti catalogati come a rischio, quindi quando manifestano sintomi ascrivibili al virus e sono stati nelle zone rosse.
Fondamentale anche fare chiarezza sulle mascherine: innanzitutto servono solo a limitare il contagio, quindi devono essere indossate da chi è risultato a rischio, inoltre l’unica mascherina efficace è quella FFP3 senza valvola da cambiare ogni giorno.
Fondamentale lavarsi sempre bene le mani, osservare quindi un’igiene ineccepibile, anche perché il virus sembra sopravviva sulle superfici fino a 9 giorni.