Il Sapere, Saper fare e Saper essere
Il ruolo educativo dell’infermiere nell’ambulatorio diabetologico
Mi chiamo Elena e sono un’infermiera. Da tanti anni ormai mi occupo per gran parte delle mie ore lavorative di persone con diabete. Mi piace pensare come la vita dei miei pazienti sia veramente migliorata negli anni anche se parlando di diabete tipo 2 il numero è aumentato e si è abbassata l’età di esordio. Quando in ambulatorio arriva un paziente nuovo tanto più è giovane tanto più è difficile e complicato fargli capire che la malattia che gli abbiamo diagnosticato sarà una compagna di vita che non lo abbandonerà più, ma con l’aiuto del personale dell’ambulatorio sarà in grado di tenerla sotto controllo e conviverci nel migliore dei modi. Guardando indietro mi vedo ancora utilizzare per fare la glicemia ai miei pazienti un campione di urine che messo all’interno di una provetta di vetro (altrimenti si scioglieva durante la reazione chimica) e aggiungendovi una compressa, dopo averle scosse per alcuni minuti e confrontata con una scala colorimetrica mi dava l’indicazione della glicemia nelle urine e da questo valore si decideva la quantità di insulina da fare! Per chi oggi usa dei sistemi sofisticati come monitoraggi o microinfusori penserà che io sia una vecchia infermiera, ma vi giuro che non è così.
Il modo di approcciarsi al paziente è passato negli anni da una semplice osservazione di numeri relativi alla glicemia ad un più globale modo di considerare la persona con diabete. Dico la persona con diabete perché prima di tutto i nostri pazienti SONO PERSONE.
Gli operatori sanitari in ambulatorio mettono in atto quella che si definisce Educazione Terapeutica ovvero un processo condiviso sin dall’inizio con il paziente che ha il diabete di acquisizione di conoscenze e competenze, e che può essere erogata a livello individuale o in gruppo.
Quello che ci prefiggiamo quando cominciamo il percorso con i nostri utenti è garantire un’ assistenza globale al paziente, che ne migliori la soddisfazione, la qualità di vita e l’aderenza alle indicazioni ricevute, coinvolgendo più esperti possibili (medico, infermiere, dietista, ecc.) e molte volte anche la famiglia o chi si prende carico del paziente.
Diventare un operatore sanitario in grado di fare educazione implica un percorso di approfondimento che si incentra soprattutto sul rapporto con il paziente e l’acquisizione di una serie di tecniche che mi permettano di capire la persona che ho davanti, il grado di comprensione, il grado di autosufficienza e non da ultimo quanto sa della sua malattia e quanto l’abbia accettata. Perché diventa per noi operatori molto difficile insegnare qualcosa ad un paziente riguardo come comportarsi per curare il diabete quando vi è un rifiuto nell’accettazione della malattia.
L’Educazione Terapeutica è considerata come un processo di insegnamento che permette la formazione dei pazienti ad un’autogestione della cura per mantenere un buon livello di salute.
Processo di cura che come ho detto prima deve essere spiegato alle persone che ho davanti.
Provo a farvi un esempio: in una classe scolastica non tutti i bambini hanno le stesse capacità, a qualcuno piacciono di più le materie letterarie a qualcun altro le materie scientifiche. L’insegnante è bravo se sa appassionare i ragazzi ad entrambe le materie, ma con metodi diversi per portare la classe ad un buon livello.
Questo è l’infermiere di diabetologia colui che sa capire il paziente che ha davanti, la sua storia di malattia, le sue capacità e lo accompagna passo verso l’autonomia.
Quindi lo aiuta in quello che noi definiamo il Sapere, Saper fare e Saper essere: dare conoscenze (sapere); insegnare l’abilità pratica (saper fare, saper fare meglio con precisione); applicare l’abilità per modificare comportamenti sbagliati o indirizzarli verso uno stile di vita sano (saper essere).
Il paziente alla fine di questo percorso deve arrivare ad autogestire la sua malattia, deve sentirsi libero, capace di prendere decisioni autonome.
Il paziente si sentirà coinvolto e quindi sarà più partecipe al suo percorso di cura, facendogli capire che noi siamo sempre pronti ad ascoltarlo ogni qualvolta vi sia necessità. Il diabete è una malattia lunga e non di rado capita che il paziente entri in un periodo di sfiducia quando la situazione per un qualche motivo peggiora.
In ambulatorio vi è la possibilità di fare Educazione Terapeutica in due modi: individualmente o in gruppo. Nel secondo caso il paziente ha comunque fatto un percorso individuale e viene inserito in un gruppo per un’ulteriore approfondimento sulla malattia.
Addestriamo il paziente a: autocontrollo della glicemia, terapia (insulina, farmaci ipoglicemizzanti), prevenzione e alla gestione delle complicanze, prevenire e gestire il piede diabetico, ad uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata.
Educare un paziente singolarmente ha molti vantaggi, l’intervento è mirato al paziente che ho davanti e ai suoi reali problemi tenendo conto dei suoi bisogni ma anche delle sue conoscenze e del suo vissuto.
Se un paziente è abbastanza autonomo gli proponiamo, in base a delle caratteristiche in modo da avere un gruppo omogeneo, l’inserimento in un gruppo (tipo di diabete, età, presenza di complicanze importanti).
Per questi incontri utilizziamo dei kit educativi che ci aiutano a trasmettere in modo più efficace tutte le informazioni che vogliamo passare al paziente. Lo scopo di questi incontri è quello di rendere il paziente autonomo per gestire al meglio il diabete.
E’ a volte difficile far partecipare i pazienti a questi gruppi perché non ne vedono l’utilità e perché a volte antepongono i loro impegni alla salute, quindi secondo me dovrebbero diventare obbligatori nel Piano di cura del paziente. Chi vi partecipa comunque poi ci dà veramente un feedback positivo e chiede anche di ripetere l’esperienza perché durante gli incontri si è potuto confrontare con persone che vivono lo stesso problema e molte volte in un’altra persona ha trovato risposte ai suoi quesiti, perché mi sono dimenticata di dirvi che il ruolo dell’infermiere non è quello di fare la solita lezione ma è quello di portare, con il ragionamento, il paziente alle risposte che l’argomento del gruppo impone. Naturalmente se il personale non è formato non può pensare di condurre un gruppo terapeutico in quanto diventerebbe solo una riunione conviviale non uno convivio-terapeutico.
Nell’essere infermiera di diabetologia ho trovato la mia realizzazione professionale perché ho la possibilità di mettere in campo le competenze da me acquisite per consentire a una persona, a cui è stata diagnosticata una malattia cronica molto invadente, nella quotidianità di vivere meglio la sua vita e di perseguire degli obiettivi di salute che vanno via via rimodulati nel tempo e nelle evoluzioni dei bisogni.
Se uno ti chiede “Che ore sono?”
non vuole come risposta la descrizione del funzionamento dell’orologio”
Jean Philippe Assal, 2011
Rosso Elena
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