La frenata si fa attendere, il Fvg ancora nel pieno della seconda ondata da Covid-19
Con una media di 4-5000 nuovi positivi, bisognerà attendere che i contagi scendano sotto quota 600 prima di allentare la guardia
La Regione sta lavorando per la più grande campagna vaccinale con 60mila dosi
(ACON) Trieste, 3 dicembre – Con una media di 4-5000 nuovi positivi alla settimana, il Friuli Venezia Giulia è ancora nel pieno della seconda ondata della pandemia da Covid-19 e bisognerà attendere che i contagi scendano sotto quota seicento prima di allentare la guardia. Anche perché la risalita dei casi, in regione, è avvenuta con un ritardo di un paio di settimane rispetto al resto del Paese, e di conseguenza la frenata si fa attendere.
È il messaggio di carattere generale che hanno dato questo pomeriggio i massimi dirigenti della sanità regionale, convocati in modalità telematica dal presidente della III commissione, Ivo Moras (Lega), e collegati dalla sala operativa della Protezione civile di Palmanova, dove era presente il vicegovernatore con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, che ha preferito far parlare i tecnici prima di esprimere la sua sintesi finale.
“Anch’io faccio parte della categoria dei preoccupati – ha detto il vicegovernatore alla fine delle cinque ore di dibattito – : non dobbiamo essere superficiali né catastrofisti, ma avere i nervi saldi per governare questa situazione che è di emergenza vera. Sento che qualcuno considera ingiustificabile essere arrivati impreparati alla seconda fase, eppure siamo passati da 200 a 2000 tamponi al giorno nel corso della prima fase, e ora i numeri sono molto più importanti”.
“Quanto agli ospedali – ha proseguito Riccardi – io non accuso nessuno, ma tra il 2013 e 2018 sono stati tagliati 700 posti letto, e dal 2018 al 2020 ne sono stati aggiunti 400”. “Non è vero che siamo peggio degli altri”, ha concluso Riccardi, che ha annunciato di essere già al lavoro per organizzare, di concerto con il Governo, “la più grande vaccinazione della storia, con una dotazione prevista tra le 50 e le 60mila dosi”.
La seduta di commissione era stata richiesta dai capigruppo delle forze di opposizione, che all’inizio del dibattito hanno formulato una dettagliata serie di domande sulle criticità emerse in queste ultime settimane nell’ambito della lotta al virus.
Il capogruppo del Pd, Sergio Bolzonello, si è detto preoccupato per i contrasti emersi di recente “tra la direzione generale di due aziende e una parte del personale sanitario e medico”, mentre il collega consigliere dem, Roberto Cosolini, ha chiesto chiarezza sulle procedure legate ai tamponi e sui piani di assunzione per contrastare le carenze di organico. Mariagrazia Santoro (Pd) ha posto l’attenzione sulle procedure attuate nelle residenze per anziani e sul tasso di occupazione dei posti letto, invocando un più massiccio impiego della telemedicina per il monitoraggio dei pazienti in isolamento a casa.
Massimo Moretuzzo, capogruppo del Patto per l’autonomia, ha chiesto chiarezza sugli atti aziendali emanati dopo la prima ondata, per capire se le difficoltà che stiamo vivendo fossero prevedibili o no. “I cittadini ci tempestano di domande – ha detto poi Ilaria Dal Zovo (M5s) – senza fare differenze tra Maggioranza e Opposizione. E noi non vogliamo usare le criticità come arma contro qualcuno”. Il collega di partito Andrea Ussai ha posto in particolare il problema delle unità Usca e della presa in carico a domicilio. Simona Liguori (Cittadini), anche a nome del capogruppo Tiziano Centis, ha elencato una serie di criticità evidenziate sul territorio e oggetto di un documento che è stato sottoposto al presidente della commissione Moras.
Furio Honsell, consigliere di Open Fvg, si è soffermato sulla lettera dei medici del Pronto soccorso di Udine: “Mi aspettavo – ha detto – una risposta dettagliata del direttore generale, che invece è stata molto generica e non appropriata. Quella lettera scuote tutti i cittadini”.
Il collega del Gruppo misto, Walter Zalukar, considera “grave la decisione di ospitare malati Covid nei due ospedali triestini” e trova “contraddittorie le giustificazioni addotte. Non va bene la promiscuità tra malati Covid e non Covid, e inoltre i percorsi ospedalieri non sono stati adeguatamente separati”.
A tutte queste sollecitazioni hanno risposto i dirigenti della sanità. Gianna Zamaro, direttore centrale della direzione Salute, e l’epidemiologo Fabio Barbone, direttore scientifico del Burlo Garofolo di Trieste, hanno spiegato la seconda ondata facendo riferimento al periodo estivo: “Il rientro dalle ferie – ha detto Zamaro – per noi spesso è dall’estero, specie dalla Croazia, e questo ha dato il via ai nuovi casi. Avevamo dei timori per la riapertura delle scuole, ma alla fine i casi sono stati pochi. La media d’età delle persone decedute è di 85 anni, e quasi tutte erano affette da altre patologie. Preoccupano invece i casi nelle comunità chiuse, come ad esempio il focolaio nel carcere di Tolmezzo”.
“Per tasso di ricoveri – ha reso noto l’epidemiologo Barbone – siamo ora la dodicesima regione in Italia, mentre a fine settembre eravamo la 19esima. Ora sono 630 i ricoverati per Covid, 59 dei quali in terapia intensiva”.
Prima di dare la parola ai dirigenti delle diverse aziende territoriali, il direttore generale dell’Arcs, Giuseppe Tonutti, ha voluto chiarire con i numeri il problema dei posti-letto, sollevato da più di un consigliere: “Nel 2010 – ha detto – erano più di 5300, poi negli anni sono scesi di un migliaio di unità e infine risaliti oggi a 4750 circa, 400 in più dell’anno scorso.
Erano decisioni nazionali a cui la Regione si adeguava, e c’era anche il vincolo sugli aumenti di personale”. Quanto ai malati non Covid “trascurati”, Tonutti ha spiegato: “Siamo stati tra i primi a riprendere gli screening e stiamo viaggiando con 2-3 mesi di ritardo rispetto al 2019, non di più”.
A queste disamine più generali hanno fatto seguito le relazioni dei dirigenti delle aziende sul territorio: Antonio Poggiana, direttore generale dell’AsuGi, ha spiegato la scelta dei due ospedali-Covid triestini, mentre Massimo Braganti, dg dell’AsuFc, ha risposto alle critiche legate alla lettera dei medici del Pronto soccorso, dicendosi pronto a incontrare operatori e sindacati per discutere delle problematiche emerse. Joseph Polimeni, direttore generale dell’AsFo, ha invece dettagliato la situazione nel Friuli occidentale.
ACON/FA-fc