Oltre 1600 firme a sostegno della petizione che chiede più friulano in Rai
Molte sottoscrizioni “illustri”
Il primo firmatario Navarria: «Se la nuova Convenzione non accoglierà le nostre richieste, studieremo altre forme di lotta»
Oltre 1700 firme per chiedere una maggiore presenza della lingua friulana sulla Rai. Continua a raccogliere consensi la petizione lanciata poco più di tre settimane fa con lo slogan “Basta minoranze di serie B!” con la quale si sollecita l’effettivo riconoscimento dei diritti della minoranza linguistica friulana nella programmazione radiotelevisiva della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. «L’ampia adesione all’iniziativa dimostra come le persone che l’hanno sottoscritta ritengano la causa giusta e meritevole, al punto che molti volontari si sono spesi per condividerne e diffonderne il messaggio», commenta il primo firmatario della petizione Diego Navarria, già sindaco di Carlino e primo presidente dell’Assemblea della Comunità linguistica friulana.
La petizione è stata firmata in modo significativo da persone impegnate nella valorizzazione della lingua e nella cultura friulana, ma anche da numerosi personaggi autorevoli della cultura e dello spettacolo, della politica, dell’economia, del sindacato, dello sport, oltre che da molti friulani che vivono all’estero, dimostrando la sua trasversalità rispetto alle appartenenze politiche. Molti hanno voluto anche “metterci la faccia”. È il caso dello storico e scrittore Angelo Floramo; della cabarettista Caterina Tomasulo, in arte “Catine”; di Leo Virgili, musicista e direttore artistico del festival “Suns Europe”; del rapper Dj Tubet, che hanno invitato a firmare la petizione con un appello video pubblicato sul gruppo Facebook “Furlan te Rai! E no dome”, creato a supporto della petizione, che può essere sottoscritta in rete sulla piattaforma change.org (all’indirizzo http://chng.it/zHPxhNBX) fino al 29 aprile, scadenza della convenzione integrata tra Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri e Rai che definisce la programmazione radiotelevisiva in lingua friulana della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
Le richieste, rivolte al Governo e alla Rai, sono chiare: garantire con continuità e con qualità la presenza delle trasmissioni in lingua friulana nella programmazione radiofonica e televisiva regionale attraverso “notiziari informativi radiofonici e televisivi in lingua friulana e ampliamento dei programmi in lingua friulana, almeno nella misura prevista per la lingua ladina” e “la creazione di una struttura autonoma dedicata alla radio e alla televisione in lingua friulana a Udine, con l’assegnazione di una redazione deputata alla ideazione e produzione di notiziari e trasmissioni informative e programmi di approfondimento” e la conseguente “assunzione di personale competente e formato: figure specializzate e professionisti forniti di competenze linguistiche (l’uso della lingua friulana), professionali (comunicazione e informazione), professionali nella lingua (comunicazione e informazione in lingua friulana)”. Nella petizione si chiede anche “il potenziamento della redazione di Udine, negli anni depauperata, il ripristino delle sedi di corrispondenza di Pordenone e di Gorizia, nonché quello dei collegamenti del telegiornale delle ore 14 da Udine e Pordenone (eliminati all’improvviso senza spiegazioni agli abbonati del servizio pubblico), a beneficio dell’intero territorio friulanofono”.
«Se quanto verrà concordato nella nuova Convenzione che dovrebbe sostituire quella in scadenza, non garantirà, anche scaglionate nel tempo, le richieste formulate, la raccolta firme continuerà a oltranza – spiega Navarria –. Pretendiamo il rispetto dei diritti del popolo friulano, riconosciuti dalla Costituzione e dalle leggi statali ed europee. Siamo pronti ad un impegno ancor più organizzato di quanto si sia riuscito a fare in così breve tempo dal lancio della petizione, studiando anche altre forme di lotta. È una questione di giustizia e una battaglia di civiltà. Con l’uso della lingua si difende il tesoro di cultura che la lingua trasmette. È indispensabile salvaguardare ciò che ci rende unici, che caratterizza il nostro modo di pensare, di vivere, di lavorare. È la radice che ci permette di progettare un futuro che sia nostro e di relazionarci con gli altri con una nostra identità, una nostra lingua e cultura, con la nostra faccia e la nostra anima».