I figli maggiorenni fannulloni possono rifiutare un lavoro senza perdere l’assegno di mantenimento dei genitori ?
Se mantenere la prole rientra tra i doveri del padre separato e della madre separata, deve essere garantito l’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne non autosufficiente e/o il suo mantenimento diretto, a seconda che conviva o meno con il genitore. La Suprema Corte di Cassazione nella primavera del 2021 è tornata su questo argomento.
Con l’ordinanza 30 marzo 2021 n. 18785 gli ermellini romani hanno confermato che si deve escludere che l’assegno di mantenimento, seppur disposto in funzione assistenziale, può essere revocato ancorché concesso a favore di figli maggiorenni senza lavoro.
Il mantenimento, detto assegno di mantenimento è revocabile qualora il figlio non abbia ancora raggiunto l’autosufficienza reddituale per colpa.
Se per colpa di un suo comportamento negligente o per sua inettitudine o per sua trascuratezza e nell’avanzare dell’età la misura potrebbe essere modificata.
Se il ciclo di studi si è concluso da un tempo ragionevole, infatti, si può presumere che il beneficiario sia ormai inserito nella società e che il difetto di indipendenza economica derivi invece da una sua colpevole inerzia.
Ovviamente, si parla di presunzione che può essere vinta ma solo quando siano presenti situazioni e ragioni individuali specifiche, quali problematiche di salute o contingenze personali o motivi oggettivi.
Nel caso di cui al provvedimento della Cassazione si è agito in giudizio per ottenere la modifica delle condizioni patrimoniali tra gli ex coniugi e ottenere la revoca dell’obbligo di mantenimento a favore del figlio (nonché del coniuge che ha iniziato a convivere more uxorio con altra persona) perché l’età del figlio era di oltre 25 anni, sussisteva poca propensione allo studio e scarso impegno mostrato nel proseguire l’attività commerciale di uno dei coniugi avendone la possibilità.
La Suprema Corte ha confermato la decisione del Giudice del merito che ha correttamente illustrato le ragioni sottese alla revoca dell’assegno.
Nella motivazione si è sottolineato che la decisione era fondata principalmente sull’inerzia del figlio nel cercarsi un’occupazione e in assenza di un progetto formativo in corso.
Vieppiù che la decisione di revoca è stata emessa alla luce del comportamento del giovane beneficiario che ha rifiuto una concreta offerta lavorativa del genitore che provvedeva al mantenimento.
Di questa casistica si è occupata più volte la Cassazione (5088/2018; 2952/2016; 17183/2020) che ha confermato che l’obbligo di mantenimento a beneficio dei figli, anche maggiorenni, sussiste solo nel caso in cui non abbiano ancora raggiunto l’autosufficienza reddituale, senza loro colpa.
In conclusione, si può dire che se nessuno contesta l’obbligo di mantenere i figli sino a che non abbiano raggiunto una propria indipendenza economica, ma è ugualmente vero che vi sono dei limiti, perché non è corretto che il genitore debba mantenere un figlio fannullone.
Resta inteso che ogni caso è diverso e che va valutata con cura la mancanza di un progetto formativo perché il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento si giustifica all’interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni.
Detta valutazione deve considerare che la funzione educativa del mantenimento va calibrata sia in termini di contenuto e sia di durata tenuto conto del tempo mediamente necessario per l’inserimento nella società del soggetto interessato dal beneficio.
La funzione assistenziale, in sintesi, non è una funzione assistenziale illimitata e incondizionata perché va tenuto conto di: età, conseguimento effettivo di un livello di competenza professionale e tecnica, impegno profuso nella ricerca di un lavoro, complessiva condotta tenuta a partire dal compimento del diciottesimo anno d’età.
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In foto l’avvocato Roberto Omenetto
Rubrica a cura de Il laboratorio del diritto da IL PAîS gente della nostra terra ottobre/novembre 2021
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