Gli archeologi dell’Ateneo friulano riportano alla luce le vasche per il vino e gli acquedotti degli Assiri
Presentati i risultati della campagna di scavo 2021 nel Kurdistan iracheno. Online la visita virtuale al sito di Faida
Udine, 10 dicembre 2021 – Una vasta area destinata alla produzione vinicola e i più antichi acquedotti della storia sono le ultime eccezionali scoperte realizzate dagli archeologi dell’ateneo friulano durante l’ultima campagna di scavi nel Kurdistan iracheno, presentate durante il convegno dello scorso 9 dicembre a Udine da Daniele Morandi Bonacossi, professore di Archeologia del Vicino Oriente Antico all’Università di Udine e direttore del Progetto Archeologico Regionale Terra di Ninive del Dipartimento di Scienze Umanistiche e del Patrimonio Culturale (DIUM) dell’Università di Udine. Francesca Simi, vicedirettrice del progetto e assegnista dell’ateneo friulano ha parlato invece dell’archeologia pubblica e della protezione del patrimonio culturale in uno scenario post bellico.
LE VASCHE PER IL VINO. Gli archeologi hanno riportato alla luce 14 vasche per la spremitura dell’uva, scavate direttamente nella roccia calcarea, lungo il pendio della collina che si trova alle spalle dall’antico sito di Khinis (l’antica Khanusa assira), dove il fiume Gomel fu deviato nel grande canale scavato dal re assiro Sennacherib per irrigare la campagna del centro dell’impero e portare l’acqua alla sua capitale Ninive. Quattro di queste grandi installazioni per la produzione “industriale” di vino sono state scavate e documentate e gli archeologi sono ora al lavoro per analizzarle e definire la loro datazione. Al momento, i dati raccolti sembrano confermare che si tratti del primo e più antico sito per la produzione vinicola dell’intera Mesopotamia.
GLI ACQUEDOTTI. A Shiv Asha, a est di Duhok, gli archeologi hanno portato alla luce un monumentale acquedotto collegato al canale fatto costruire dal sovrano assiro Sennacherib e da lui chiamato nelle sue iscrizioni “Canale di Sennacherib”. L’acquedotto di Shiv Asha è simile al celebre, non troppo distante, acquedotto di Jerwan scavato da archeologi americani negli anni ’30 del secolo scorso. Prima dell’inizio dei lavori del progetto PARTeN, l’acquedotto di Jerwan sembrava rappresentare un unicum. Le ricerche del team friulano, invece, hanno identificato altri quattro acquedotti. Lo scavo dell’acquedotto di Shiv Asha ha dimostrato come questi monumentali acquedotti in pietra (larghi oltre 20 metri) e costruiti nel loro nucleo interno con grandi blocchi di pietra non lavorati e rivestiti di conci di calcare ben squadrati, fossero presenti lungo tutto il corso del canale per permettere all’acqua trasportata di evitare le distruttive piene stagionali dei corsi di acqua minori che ne intersecavano il percorso e di continuare a scorrere verso sud fino alla capitale dell’impero assiro, Ninive (moderna Mosul). Questi monumenti rappresentano i primi acquedotti in pietra della storia e sono più antichi di circa quattro secoli dei più noti acquedotti romani.
LA VISITA VIRTUALE. Durante il 2021, tuttavia, gli archeologi non hanno solo lavorato sul campo, ma si sono anche impegnati nel rendere accessibile alle comunità locali e al pubblico internazionale una delle più importanti scoperte del progetto: il canale e i rilievi rupestri di Faida. A questo scopo, è stata creata la visita virtuale al sito di Faida, accessibile gratuitamente dal sito internet del progetto: http://www.terradininive.com/visita-virtuale-di-faida/, grazie alla collaborazione con la Direzione delle Antichità di Duhok e il Lab Gis dell’Università Roma Tre. Attraverso il sito, illustrato durante il convegno da Alessandro Cecili, responsabile del laboratorio Lab Gis di Roma Tre, è possibile navigare tra dieci dei dodici pannelli di Faida e avere uno sguardo a 360° sul sito archeologico e il paesaggio circostante. La visita è arricchita da contenuti audio e video che permettono di conoscere e comprendere il sito archeologico e la sua storia millenaria comodamente seduti al proprio computer. Per il momento la visita è disponibile solamente in inglese, ma in futuro sarà tradotta in italiano, curdo e arabo.
IL PROGETTO PARTEN. Il Progetto Archeologico Regionale Terra di Ninive (PARTeN) lavora da 10 anni nel Governatorato di Dohuk nel Kurdistan iracheno in collaborazione con la Direzione delle Antichità di Duhok. Nel 2021, il team di PARTeN è tornato in Iraq dopo un anno di blocco forzato di tutte le missioni archeologiche dovuto alla situazione epidemiologica globale. Quest’ultima campagna della missione archeologica dell’Università di Udine ha confermato le aspettative degli studiosi che confidavano in importanti risultati con le riprese delle attività sul campo. Gli archeologi dell’Università di Udine sono tornati a Faida, nel complesso archeologico monumentale dove due anni fa erano stati scavati i 10 pannelli scolpiti che hanno poi portato all’assegnazione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” (6° edizione 2020). Il premio consegnato a Morandi Bonacossi in occasione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico a Paestum lo scorso 26 novembre, rappresenta l’unico riconoscimento mondiale dedicato agli archeologi e alla più importante scoperta archeologica fatta nel mondo ogni anno. Il Progetto Archeologico Regionale Terra di Ninive è sostenuto da: Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, Regione Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli, Aliph Foundation, Gerda Henkel Stiftung, Ministero dell’Università e della Ricerca, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, Lab GIS dell’Università di Roma Tre, ArcheoCrowd e 3DTarget.
I LAVORI DEL 2021. Il complesso archeologico di Faida è di fatto un sito straordinario che consiste in un lungo canale scavato nella roccia per quasi 9 km costruito dal al sovrano assiro Sargon II (721-705 a.C.) o da suo figlio Sennacherib (704-681 a.C.) alla base di una collina. Lungo il canale, il sovrano assiro fece scolpire grandi pannelli di quasi 5 m di larghezza e 2 m di altezza rappresentanti il sovrano assiro ai due lati di una serie di divinità stanti sui loro animali simbolo. Nell’agosto del 2021, sono riprese le attività per lo studio, documentazione, conservazione e protezione del sito. Il lavoro è stato portato avanti dal Kurdish-Italian Faida Archaeological Project, una équipe curdo-italiana di archeologi provenienti dalla Direzione delle Antichità di Duhok e dall’Università di Udine, co-diretta dal Prof. Morandi Bonacossi e dal Dr. Bekas Hasan. Il team, composto non solo da archeologi ma anche da restauratori, geologi, fotografi, disegnatori e topografi, ha lavorato per oltre due mesi per studiare e comprendere meglio questo complesso così unico e difficile da proteggere. Oltre 150 metri di canale ancora inesplorato sono stati scavati e altri due straordinari rilievi sono venuti alla luce, indagini geochimiche e idrogeologiche sono state condotte per comprendere come proteggere al meglio i rilievi rupestri e una recinzione è stata costruita per delimitare e proteggere l’area che gli archeologi italiani stanno trasformando in un esteso parco archeologico che renda questi straordinari monumenti fruibili alle comunità locali e al turismo nazionale e internazionale.
LE DICHIARAZIONI DELLE AUTORITA’.
Roberto Pinton, rettore dell’Università di Udine: “Oggi celebriamo un progetto archeologico multidisciplinare condotto ormai da un decennio e che ha visto la mappatura di oltre 1.100 siti individuati nell’arco degli anni e l’impegno nella preservazione del patrimonio culturale in pericolo nel periodo post bellico iracheno. Senza dimenticare la formazione di archeologi locali e la creazione di un parco archeologico. In sintesi, con questo progetto la nostra università compie tutte le sue missioni”.
Linda Borean, direttrice del Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale: “Il nostro è uno dei 180 dipartimenti di eccellenza del sistema universitario pubblico e gli archeologi danno un contributo importante nello scenario internazionale con le loro ricerche. Soltanto continuità e costanza permettono di arrivare a risultati di questo genere. Il premio vinto è dedicato a chi ha dato la propria vita per difendere il patrimonio culturale, dunque non è un premio qualunque: mai in tempi come oggi proteggere l’eredità del passato sia importante”.
Fabrizio Cigolot, assessore alla Cultura del Comune di Udine: “Riuscire ad affermarsi in un contesto internazionale con ricerche di questa portata e di questo valore ci rende tutti orgogliosi, è davvero un grande traguardo. La sezione di archeologia dei Civici Musei ospiterà una selezione dei reperti e dei documenti realizzati durante queste campagne di scavo nelle sale del Comune di Udine con una mostra che allestiremo con la collaborazione di Francesca Simi, assegnista dell’università di Udine”.
Giuseppe Morandini, presidente della Fondazione Friuli: “Se vogliamo fare la differenza ed essere attrattivi dobbiamo avere la spinta continua a cercare dei tratti di unicità facendo scelte coraggiose che ci distinguono dagli altri, con grande continuità perché se ha successo costruisci una reputazione che contiene valori di tipo scientifico ma anche relazionali e umanitari, di interscambio culturale. A Udine continuiamo ad avere volgia di fare la differenza”.
Guido Giordano del Dipartimento di Scienze – Sez. Geologia dell’Università di Roma Tre: “Il carattere di interdisciplinarietà che ha questa ricerca è molto importante, un modo moderno di pensare la ricerca, rafforzando anche i legami tra la componente accademica. Il progetto è un esempio a livello nazionale da questo punto di vista, oltre che per quanto sta facendo nella diffusione della cultura della pace”.
Francesco Zorgno di ArcheoCrowd srl, società italiana che sostiene la ricerca del patrimonio culturale con fondi privati: “Siamo il collegamento tra la ricerca e la propensione dei privati a investire nel patrimonio culturale, come investimento in reputazione ma anche in formazione degli imprenditori e dei privati”.
Paolo Girardi, CEO di 3DTarget: “Ho partecipato con grande entusiasmo a questo progetto a cui sono legato in modo particolare sia come archeologo sia per i miei legami con la città di Udine”.
Alessia Rosolen, assessore regionale al Lavoro, Ricerca e Università: “Come Regione è un grande orgoglio essere al fianco di questo progetto e celebrare i successi di una disciplina come la valorizzazione del patrimonio archeologico dotata di un fascino straordinario e di un’importanza molto più grande di quanto si possa immaginare”.
Nella foto: Khinis, le 4 vasche per la spremitura dell’uva scavate durante la campagna 2021