Sciopero della scuola: «Serve un contratto vero, non elemosine»
Le ragioni dello sciopero di oggi spiegate dai segretari regionali di categoria Cgil, Uil, Snals e Gilda
«Ottantacinque euro non coprono neppure l’inflazione». Obbligo vaccinale, una scadenza che preoccupa
Respingono al mittente l’ipotesi di 85 euro medi lordi mensili di aumento per i rinnovi contrattuali, perché non garantisce neppure il recupero dell’inflazione dal 2018, anno di scadenza dell’attuale contratto. Giudicano offensiva l’indennità aggiuntiva di 12 euro prevista per i docenti dalla Finanziaria 2022. Chiedono la proroga fino a giugno 2022 anche per il personale Ata, «fondamentale per garantire il funzionamento e la sicurezza delle scuole». E lamentano il tardivo addio dei concorsi per i docenti, fondamentali per consentire una riduzione del numero di alunni per classe. Queste le ragioni dello sciopero della scuola indetto per oggi, venerdì 10 dicembre, da Flc-Cgil, Uil scuola, Snals Confsal e Gilda Unams, in sostanza tutti i sindacati firmatari del contratto nazionale, con la sola eccezione della Cisl scuola.
In attesa dei dati sulle adesioni allo sciopero in regione, ma con numerose segnalazioni di scuole chiuse, soprattutto nei primi cicli di istruzione, i segretari regionali Adriano Zonta (Flc-Cgil), Ugo Previti (Uil scuola), Mauro Grisi (Snals) e Massimo Vascotto (Gilda) hanno fatto il punto sia sulla trattativa tra sindacati e Governo, sia sulla situazione della scuola in regione di fronte al pesante impatto della quarta ondata. «Il ruolo del sindacato – questo il messaggio – è contrattare, non prendere atto delle decisioni dei Governi di turno. Governi che, dal 2018 a oggi, hanno progressivamente ridotto le poste sul contratto: da una richiesta iniziale di 100 euro netti medi di aumento, siamo scesi agli 85 euro lordi stanziati dalla Finanziaria 2021 e confermati da quella in discussione, che sulla scuola non aggiunge nulla, se non l’elemosina di 12 euro battezzata come premio per la dedizione dei docenti». Si tratta, per i sindacati, di cifre che contribuiscono ad allargare a 350 euro mensili, a parità di titolo di studio, il gap salariale rispetto al pubblico impiego, cui si aggiungono altre penalizzazioni come i vincoli sulla mobilità del personale, che condizionano pesantemente le scelte familiari e la conciliazione tra lavoro e vita privata.
Ad accrescere il malessere l’imposizione di un obbligo vaccinale che i sindacati non discutono come scelta generale, ma contraddittoria rispetto alla mancata adozione di una misura analoga in altri settori, egualmente esposti al rischio. «Scelta – denunciano le segreterie regionali – che da un lato evidenzierebbe un rischio maggiore per chi opera nella scuola, senza però il contestuale riconoscimento di un’indennità a chi, in quasi due anni di pandemia, ha profuso uno straordinario impegno, anche lavorando da casa, per garantire la continuità didattica». Nell’avvicinarsi della scadenza del 15 dicembre, secondo Cgil, Uil, Snals e Gilda, i lavoratori non vaccinati rappresentano in regione circa il 10% del personale, che complessivamente conta oltre 22mila persone tra docenti e Ata. Lavoratori che, in assenza di certificazioni o di una prenotazione esibita alla dirigenza, trascorsi sei giorni dal 21 dicembre non potranno presentarsi al lavoro, pena pesanti sanzioni, previste anche per i dirigenti scolastici: da qui le preoccupazioni per le ricadute sugli istituti, che saranno inevitabilmente chiamati a far fronte a un aggravarsi delle carenze di personale.
Sempre sul fronte della gestione della pandemia, i sindacati denunciano anche la mancata adozione, da parte della Giunta regionale, di alcune misure sollecitate dal mondo della scuola sul fronte della sanità e del trasporto pubblico. Contestati, sul fronte delle politiche sanitarie, la mancata istituzione di centri per i tamponi rapidi nelle scuole e di una linea telefonica dedicata per le comunicazioni tra i dirigenti scolastici e le aziende sanitarie, mente in materia di trasporti le organizzazioni di categoria continuano a denunciare la carenza di controlli sui mezzi e sugli assembramenti, oltre all’insufficiente potenziamento delle flotte. Positivo, invece, il ruolo dell’assessorato alla Pubblica istruzione, «l’unico – rimarcano i segretari regionali – ad aver messo in campo misure concrete, a partire dalle risorse stanziate per il potenziamento del personale».