Superbonus: lo sblocco tardivo che rischia di essere inutile
Subito dopo l’approvazione da parte del Senato della legge di conversione del Decreto Aiuti bis, tutti i partiti hanno fatto a gara per intestarsi il merito dello sblocco dei crediti edilizi.
A decidere concretamente il disincaglio (che oscilla fra i 5 e i 20 miliari di euro, il 70% dei quali riguarda il superbonus) sarà l’Agenzia delle Entrate. Se non interverrà una modifica o comunque una revisione del paragrafo 5.3 della circolare n. 23/E/2022 dello scorso 23 giugno, le banche manterranno un atteggiamento prudente e continueranno a consolidare il profilo della loro diligenza.
Ricordiamo, infatti, che l’Agenzia delle Entrate ha indicato i seguenti profili per la valutazione della sussistenza o meno del profilo della diligenza:
– assenza di documentazione o palese contraddittorietà rispetto al riscontro documentale prodotto;
– incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore e l’oggetto dei lavori asseritamente eseguiti e il profilo dei committenti beneficiari delle agevolazioni in esame;
– sproporzione tra l’ammontare dei crediti ceduti ed il valore dell’unità immobiliare;
– incoerenza tra il valore del credito ceduto e il profilo finanziario e patrimoniale del soggetto cedente il credito qualora non primo beneficiario della detrazione;
– anomalie nelle condizioni economiche applicate in sede di cessione dei crediti;
– mancata effettuazione dei lavori.
Se il primo e gli ultimi due indici sono di agevole comprensione, gli altri creano non poche problematiche interpretative a tutto il comparto.
A complicare il quadro c’è il fattore temporale: il 30 settembre è scaduto il termine per il completamento del 30% dei lavori per consentire ai proprietari di unifamiliari di poter usufruire delle agevolazioni, tenendo conto che comunque le opere dovranno concludersi inderogabilmente entro il 31 dicembre 2022.
Come se non bastasse, mancano le materie prime oppure hanno prezzi stellari, le imprese sono oberate e c’è carenza di manodopera.
Difficile credere che il combinato disposto della legge di conversione e di una futura nuova circolare dell’Agenzia dal contenuto imprevedibile possa come per miracolo dipanare ogni dubbio e far ripartire celermente tutti cantieri in stand by.
Tornando alla questione afferente la responsabilità, che, come detto, ha finora frenato non poco banche e intermediari finanziari, la legge di conversione del Decreto Aiuti bis ha recepito l’emendamento che permette di riformulare la responsabilità sui crediti fiscali ceduti per i bonus edilizi, come Bonus ristrutturazione, Bonus facciate e per il Superbonus 110%, che scatterà adesso solo in presenza di dolo o colpa grave. In sostanza, si interviene sul Decreto Rilancio che aveva stabilito il recupero degli importi riconosciuti come crediti fiscali relativi al Superbonus nei confronti del soggetto beneficiario, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo. Quest’ultima fattispecie, come detto, scatterebbe in presenza di dolo o colpa grave del fornitore o del cessionario.
Volendo schematizzare, si prevede:
- a) abolizione della responsabilità solidale, in ogni caso, per i cessionari di crediti derivanti dal Superbonus e per i cessionari dei crediti collegati ad altri bonus edilizi se generati dopo l’entrata in vigore del DL Antifrodi, ossia dopo l’11 novembre 2021;
- b) per i crediti precedenti a tale data, la responsabilità solidale è abolita solo in presenza di asseverazione e a condizione che il cedente coincida con il fornitore e sia un soggetto diverso da banche e istituti finanziari. Il cedente, ai fini della limitazione della responsabilità solidale, dovrà acquisire ora per allora la documentazione relativa alla certificazione del credito (articolo 121, comma 1-ter DL Rilancio);
- c) resta sempre ferma la responsabilità per dolo o colpa grave.
Ma cosa comporta la responsabilità de quo?
Giova ricordare che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto allo sconto praticato o al credito ricevuto.
L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli Uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento:
– per i crediti non spettanti, 5 anni dalla dichiarazione;
– per i crediti inesistenti, 8 anni dall’utilizzo del credito.
In assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle Entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti come previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 (per la compensazione di crediti inesistenti la sanzione va dal 100% al 200%).
Il recupero del predetto importo è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni, (il che vuol dire il contribuente/cedente)
Resta ferma:
– in presenza di concorso nella violazione, l’applicazione della norma (art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997) per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta;
– la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.
Semplificando:
– il recupero dell’importo della detrazione non spettante è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario;
– i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto.
Inoltre, l’utilizzo dei crediti d’imposta nel caso in cui tali crediti siano oggetto di sequestro disposto dall’autorità giudiziaria, può avvenire, una volta cessati gli effetti del provvedimento di sequestro, entro i termini previsti, aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro medesimo, fermo restando il rispetto del limite annuale di utilizzo dei predetti crediti d’imposta.
Con la conversione del Decreto Aiuti bis si va ad attenuare la responsabilità dei cessionari, ma nulla si dice in relazione ai cedenti truffati, ossia coloro che si sono visti scippare il credito in assenza di qualsivoglia intervento sulla casa: in altre parole, si tratta dei casi in cui il dolo e la colpa grave sono ravvisabili solo nel comportamento del cessionario, che, sulla base di contratti-capestro, ha creato crediti fittizi per lavori inesistenti. Evidente in questi casi l’assenza di dolo e colpa grave in capo ai cedenti, ma rischiano di subire l’azione di rimborso del Fisco, pur se vittime. La magra consolazione sarà l’eventuale non applicazione di sanzioni e interessi, anche in virtù dell’art. 10 Dlgs. n. 472 del 1997 (c.d. autore mediato), ma il credito fiscale andrà restituito.
Tali soggetti continuano a restare indifesi: non possono sapere neppure se i cessionari fraudolenti hanno monetizzato i crediti e/o se li hanno portati in detrazione, quindi restano fluttuanti in un limbo ansiogeno.
Non possono neppure (anche perché oramai non c’è più tempo) avviare una nuova procedura superbonus, trovandosi il cassetto fiscale occupato dai crediti fittizi creati artatamente da chi li ha truffati.
In altre parole, possono solo aspettare e sperare, se credono pregare, di non ricevere una busta verde nei prossimi 5- 8 anni, il che mai si concilia con il principio della certezza del diritto e dei diritti. Dopodiché, salvo ulteriori modifiche legislative, potranno solo rivalersi giudizialmente, intentando un’azione civile affinché venga accertata la responsabilità del fornitore/professionista/impresa e riconosciuto il relativo risarcimento del danno, ammesso e non concesso che fornitore/professionista/impresa non siano nel mentre irreperibili.
Più o meno allo stesso destino soggiaceranno coloro che non riusciranno a completare i lavori alle scadenze fissata dalla legge. Chi ha inaugurato i lavori edilizi e attualmente si trova col cantiere bloccato per l’impossibilità di ottenere realmente la cessione non rischia soltanto di non vedere mai concluse le opere: se ha già ricevuto il credito a stato avanzamento lavori (30 o 60%), potrebbe anche dover restituire gli importi, con o senza sanzioni dipenderà dalla sua diligenza.
Il rischio concreto è che da non dover pagare nulla per i lavori, ci si ritrovi a dover pagare tutto e anche di più.
Senza una proroga questo è il rischio reale. Ma una proroga vorrebbe dire rifinanziare il superbonus e, al di là della scarsa simpatia del Premier verso il superbonus, un tanto è impossibile considerato che il governo è dimissionario, pertanto può occuparsi solo degli affari correnti: un’eventuale proroga potrà venire disposta solo dal nuovo governo, che si insedierà presumibilmente a novembre inoltrato, un mese prima del gong finale del 31 dicembre (per le unifamiliari).
Insomma, è davvero ancora presto per brindare: il superbonus è tutt’altro che sbloccato e l’incertezza regna ancora sovrana.
Avv. Ester Soramel
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da IL PAîS gente della nostra terra n.09/22 settembre/ottobre edizione cartacea