Se il cane abbaia in continuazione è stalking?
Il cane è il migliore amico dell’uomo? Ed il padrone del cane può esser sempre amico dei vicini?
Se il cane abbaia e ringhia in continuazione spaventando le persone, è possibile sporgere denuncia contro il padrone? E, se sì, può considerarsi integrato il reato di stalking?
La Corte di Cassazione, con l’interessante sentenza n. 22124 del 2022, ha fornito una risposta a tale quesito, affermando che può anche avere rilevanza penale la condotta del padrone di un cane poco educato che spaventi gli altri, così optando per la tesi dell’integrazione del reato di atti persecutori.
Per comprendere tale interessante sentenza, dobbiamo ricordare che il reato di atti persecutori (che nella lingua dei camerieri è detto “stalking”) è previsto e punito dall’art. 612 bis CP, che punisce chiunque con la reclusione chiunque, con condotte reiterate, minacci o molesti taluno in modo da realizzare alternativamente uno dei seguenti eventi: cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura; ovvero ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, tale da costringere le persone ad alterare le proprie abitudini di vita.
Con la sentenza sopra citata, la Suprema Corte di Cassazione penale ha affermato che se la condotta omissiva del padrone dell’animale è tale da consentire che il cane, non controllato o sorvegliato, arrechi agli altri delle reiterate molestie e se ciò comporta il realizzarsi anche solo di una delle conseguenze sopra elencate, possono ritenersi realizzati tutti gli elementi costitutivi del reato che oggi ci interessa.
Anche nel caso di padrone che tollera un cane che abbaia e spaventa ripetutamente i vicini di casa, è dunque possibile ritenere integrato il reato di atti persecutori.
Il caso che è approdato all’attenzione della Corte di Cassazione penale riguardava infatti un soggetto rinviato a giudizio per atti persecutori ai danni dei vicini di casa perché il suo cane (un bel pitbull), era uscito più volte dalla proprietà e, non essendo controllato dal padrone, aveva terrorizzato i vicini. L’imputato era stato condannato dal Tribunale prima e dalla Corte d’appello poi, atteso che i giudici di merito avevano ritenuto integrato più di uno degli eventi alternativamente necessari del reato di atti persecutori, cioè il perdurante e grave stato di ansia e di paura e il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto.
La Corte di Cassazione, dopo aver letto le sentenze di merito che accertavano il caso concreto e le testimonianze rese, ha confermato la condanna per atti persecutori dell’imputato, reo di non controllare un cane che può anche diventare pericoloso.
Avvocato Roberto Omenetto
Laboratorio del Diritto
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da IL PAîS gente della nostra terra n.10/22 ottobre/novembre 2022 edizione cartacea
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