Avvocato! E se cado per strada? Chi paga???
Diritto di …
Sarebbe da rispondere…impari a camminare! Infatti, molte volte è corretto procedere al risarcimento del danno patito da un pedone mentre inciampa in un affossamento non visibile e non prevedibile, ma molte volte…qualcuno “ci marcia”…
Ecco perché il Magistrato, che non esce certo da un armadio ma vive nel Mondo, è chiamato ad esercitare un’analisi approfondita e non può e non deve essere la mera bouche de la loi, come ricordava l’illustre Montesquieu nel Secolo dei Lumi.
È quindi interessante leggere la Sentenza n. 9863 del 13 aprile 2023 della Suprema Corte di Cassazione Civile, dove si affronta la responsabilità ex articolo 2051 CC in una situazione in cui la caduta di un pedone avviene in pieno giorno, su un percorso in lieve pendenza e con una superficie in materiale anticaduta… Il ruzzolone generava multiple fratture e di questo consistente danno biologico veniva chiesto il risarcimento. Ma la domanda veniva rigettata, sia in primo che in secondo grado. In particolare, la Corte d’Appello rilevava che il sinistro si era verificato in pieno giorno, su sentiero in lieve pendenza e le cui caratteristiche erano visibili, dotato di un presidio di sicurezza (una staccionata con corrimano ben visibile), privo di qualunque difficoltà. La Corte d’Appello richiamava il principio secondo cui quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle cautele normalmente attese e prevedibili, tanto più debba considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del danneggiato. Il sinistro, secondo i Giudici, era imputabile al comportamento del pedone, il quale aveva affrontato, pur potendone apprezzare, già all’imbocco del sentiero, le difficoltà o comunque ne aveva potuto osservare le caratteristiche, con ciò valutando la propria capacità di percorrerlo.
La Corte di Cassazione successivamente ha rilevato che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del danneggiato, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto e l’evento dannoso, connotandosi la condotta quale esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Spesso si nota molta superficialità da parte dei consociati e sembra essersi diffusa la convinzione, anche tra gli operatori del Diritto, che basti giustapporre la cosa ed il danno per assolvere l’onere probatorio di competenza del danneggiato, come se la prova del nesso causale fosse in re ipsa. Non è così! Forse è vero che lo Stato a volte è paternalista, ma noi non dobbiamo essere figli “a tempo”, ovvero criticare lo Stato e poi pretendere da esso protezione quando cadiamo! È vero che chiunque può stramazzare, ma è anche vero che la “cosa”, ossia il percorso, può essere mera occasione del danno, non la causa efficiente.
Potremmo forse scrivere interi manuali sul punto, ma la morale è una sola: stacchiamo gli occhi dai cellulari e guardiamo dove mettiamo i piedi!
Scritto da …
Alessio Pagnucco
Laboratorio del Diritto
alessio.pagnucco@laboratoriodeldiritto.it