Sant’Osvaldo, quattro proposte per aprire il parco a Udine e al territorio
Nel comprensorio di 22 ettari dell’ex ospedale psichiatrico
Le idee progettuali degli studenti del dottorato interateneo in Ingegneria civile-ambientale e architettura e della laurea magistrale in Architettura
Nell’ambito del progetto generale di valorizzazione dell’area condotto dall’Asufc con l’Ateneo di Udine, il sostegno della Regione e il coinvolgimento del Comune
Riconfigurare il sistema di accesso dalla città; ridisegnare lo spazio aperto con interventi minimi legati alle percorrenze, alle soste, ai sistemi verdi, ai suoli attrezzati, all’accessibilità, agli spazi della memoria, dello sport, del ristoro; rafforzare le relazioni fisiche e percettive con il contesto. Sono questi i punti qualificanti delle idee progettuali per valorizzare un patrimonio architettonico e ambientale come il parco dell’ex ospedale psichiatrico di Sant’Osvaldo a Udine, presentati oggi nel comprensorio ora sede della direzione dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc) e del Dipartimento di salute mentale. L’intento è quello di proporre un quadro di indirizzo di progetto per aprire alla città uno spazio nuovo dal rilevante valore storico e paesaggistico, inclusivo e sostenibile. L’iniziativa rientra in un progetto generale di riqualificazione dell’intero complesso condotto dall’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc), proprietaria dell’area, con l’Università di Udine, il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e il coinvolgimento del Comune del capoluogo friulano. Le proposte sono state messe a punto da un gruppo di studenti del dottorato interateneo Udine-Trieste in Ingegneria civile-ambientale e architettura e del corso di laurea magistrale in Architettura dell’università friulana.
Quattro idee chiave per un patrimonio verde
Il parco è il valore aggiunto di quest’area in una logica di interventi infrastrutturali ambientali per la realizzazione di habitat biodiversi e di servizio al cittadino, attrattivi per lo svago, il ristoro e lo sport. Sostenibilità, biodiversità e inclusione sono i requisiti del progetto di riqualificazione nel rispetto del tessuto urbano esistente del quartiere di San Paolo e Sant’Osvaldo. Le proposte progettuali avanzate dagli studenti, con riferimento alla natura, alla vocazione e al paesaggio del parco e del comprensorio in cui è inserito sono quattro.
L’Area ingresso e ludo prevede uno skatepark, un’area giochi attrezzata, un viale pedonale con una “piazza cittadina”, infopoint nell’ex casa del direttore.
L’Area memoria, con percorsi tematici, punti d’osservazione, visita ad architetture storico-museali, ai giardini storici e agli elementi vegetali dell’architettura del parco.
L’Area food immagina un chiosco esterno con l’area consumazione, integrato con attrezzature multifunzionali in un nuovo sistema di disegno dello spazio open air nell’ex padiglione 4.
L’Area sport e orti che prevede campi sportivi, spogliatoi e servizi, percorsi della salute e l’area orti e colture.
Cinque direttrici strategiche
La progettazione, secondo gli indirizzi dell’Asufc, doveva rispondere a cinque esigenze: valorizzare gli spazi; tutelare il comprensorio; incentivare lo sviluppo attrattivo di fruibilità dell’area da parte della collettività; migliorare i servizi al cittadino e i percorsi di salute; migliorare l’inserimento lavorativo in una logica di convivenza tra Centro di salute mentale, cooperative e le associazioni impegnate nel comprensorio e società civile.
Il lavoro dell’Ateneo
Le proposte rientrano nelle attività del gruppo di ricerca dell’Università di Udine sull’area dell’ex ospedale psichiatrico nell’ambito del progetto interdipartimentale “Energia, sostenibilità dei processi produttivi e resilienza territoriale” (Espert). Il lavoro è condotto da un team con ricercatori dei dipartimenti Politecnico di ingegneria e architettura e di Scienze agroalimentari, ambientali e animali e del dottorato interateneo in Ingegneria civile-ambientale e architettura.
Il comprensorio
L’area del parco di Sant’Osvaldo è parte integrante del comprensorio dell’ex manicomio della Provincia di Udine costruito nel 1904 nella periferia sud-ovest del capoluogo friulano. Gli avvicendamenti storici hanno determinato notevoli modificazioni della superficie territoriale occupata. La cittadella storica è costituita da un impianto quadrilatero che occupa circa 6 ettari. Il perimetro del comprensorio è variato da 59 ettari ai 22 attuali dopo la cessione dell’ex colonia agricola all’Azienda agraria universitaria “Antonio Servadei” all’Ateneo friulano. Il comprensorio conta una trentina di edifici. Alcuni sono utilizzati dall’Azienda sanitaria, altri sono in uso a enti pubblici, altri ancora in uso a cooperative sociali (residenze assistite, laboratori artigianali e artistici, magazzini, serre, sedi per comunità diurna e un’area sportiva), altri inutilizzati. Il parco confina con l’Azienda agraria universitaria “Antonio Servadei” dell’Ateneo friulano, che ha acquistato i terreni che una volta erano parte della colonia agricola dell’ospedale psichiatrico. Negli anni passati, in attesa dell’avvio di un percorso di riqualificazione generale, l’Asufc ha attuato alcuni interventi di manutenzione, recupero e razionalizzazione degli immobili.
La storia
Un insieme apparentemente disordinato di siepi, arbusti e alberi, assieme al rigoroso ordine dei padiglioni raccontano l’avvicendarsi edilizio di un secolo di trasformazioni. Questo articolato complesso edilizio funzionava autonomamente come “una città nella città”. Fu realizzato in un’ampia prateria agricola segnata dalla Roggia e dai “roielli” secondari. Il complesso fu uno fra i diciotto maggiori ospedali psichiatrici in Italia. Un patrimonio architettonico, urbanistico e paesaggistico che è giunto ai giorni nostri inalterato nella sua essenza. Anche dopo la chiusura avvenuta alla fine degli anni Novanta a seguito della Legge Basaglia che comportò la soppressione di tutti gli ospedali psichiatrici. Il comprensorio di Sant’Osvaldo si presenta oggi come un organismo invecchiato, con pochi edifici utilizzati e grandi comparti dismessi che raccontano la storia di oltre un secolo di realtà udinese. Un organismo però ancora vivo, affascinante, ma escludente ed esclusivo.
Le dichiarazioni
Alla presentazione sono intervenuti, fra gli altri, il rettore dell’Università di Udine, Roberto Pinton; l’assessore regionale alla salute, politiche sociali e disabilità, Riccardo Riccardi; il direttore generale dell’Asufc, Denis Caporale; per il Comune del capoluogo friulano il sindaco, Alberto Felice De Toni, e l’assessore a lavori pubblici, viabilità, verde pubblico, Ivano Marchiol; per l’Ateneo udinese, il direttore del Dipartimento Politecnico di ingegneria e architettura, Alessandro Gasparetto, e il coordinatore del corso di dottorato e dei corsi di studio di architettura, Alberto Sdegno.
«L’Università di Udine – ha affermato Pinton – partecipa con convinzione al processo di riqualificazione del comprensorio di Sant’Osvaldo avviato dall’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale e sostenuto dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un’opportunità importante di ricerca e sperimentazione per specifiche e qualificate competenze che l’Ateneo ha messo a disposizione di tutta la comunità territoriale. E anche di una fondamentale “palestra scientifica” per i nostri studenti e dottorandi che hanno contribuito a questa attività di progettazione con passione e impegno, che meritano tutto il nostro plauso».
Il comprensorio di Sant’Osvaldo con il suo parco, ha detto Riccardi, «è un pezzo di città che dobbiamo restituire alla vita quotidiana, anche per dare risposta a un bisogno reale. Abbiamo voluto che sia l’Università di Udine a immaginare il futuro dell’area con i suoi studenti e ricercatori. Ora mi auguro che presto si possa anche cominciare a passare alla fase realizzativa».
La collaborazione con l’Università di Udine, ha sottolineato Caporale, «ha permesso all’Azienda sanitaria di avvalersi delle competenze multidisciplinari degli ambiti dell’architettura e ingegneria oltre che delle scienze della natura. Fermo restando che un intervento di riqualificazione presuppone l’acquisizione di approfonditi elementi di conoscenza dell’area e delle sue potenzialità, la didattica è una opportunità di sperimentazione coerente con i macro obiettivi perseguiti che produce visioni svincolate dal rigore processuale richiesto alle procedure a bando per la progettazione. Le attività svolte con gli studenti – ha concluso Caporale –, nel loro insieme hanno attivato un importante processo di reciproca formazione e si sono trasformate in occasioni di confronto avanzato oltre che divulgativo, informativo e di partecipazione con il territorio».
De Toni, ha ringraziato la Regione «per i fondi messi a disposizione del progetto di riqualificazione del comprensorio. È molto positiva – ha detto l’idea di coinvolgere l’Ateneo in questa iniziativa che deve coinvolgere tutti e il Comune ci sarà fino alla fine».
Gasparetto e Sdegno hanno evidenziato la «fortissima vocazione territoriale del Dipartimento politecnico di ingegneria e architettura e dei corsi di studio di architettura dell’Ateneo friulano. Questo progetto – hanno detto – è un esempio bellissimo di quanto le competenze dipartimentali possono raggiungere obiettivi importanti».
Per la responsabile scientifica dei progetti, Christina Conti, che ha coordinato l’incontro «l’aver ‘aperto’ i temi della ricerca sul comprensorio di Sant’Osvaldo a sperimentazioni didattiche con gli studenti, su invito della Regione e con la richiesta di Azienda sanitaria, è stata una occasione culturale importante per l’acquisizione di idee, spunti e riflessioni coerenti e concrete che, seppur svincolate dal necessario rigore dei processi esecutivi, hanno concorso alla definizione degli elementi di indirizzo di progetto. Per gli studenti – continua Conti – è stato, invece, un modo per sperimentare su un caso di studio concreto le componenti strategiche di rigenerazione, di valorizzazione territoriale, di inclusione nello specifico dei processi di fruizione del cittadino e terapeutici di cura, di sostenibilità ambientale ed economica, e di biodiversità».
Le idee progettuali sono state introdotte dal professor Giovanni La Varra e dal ricercatore Luca Zecchin. A seguire le descrizioni dettagliate da parte di Tommaso Antiga, Martina Di Prisco, Anna Dordolin, Ambra Pecile, Andrea Peraz e Linda Roveredo del corso di dottorato, e Letizia Criscuolo, del corso di laurea magistrale in architettura.
Foto anteprima: Disegno a terra del Giardino dei tranquilli che affianca l’ex padiglione 8 dei Tranquilli (foto Andrea Measso)