Il colore, il segno e la sfida di Elio Cuzzi
La tempra di un pittore non sta sempre nelle sue conoscenze storico artistiche, anche se va ribadita la forza della storia che offre prospettive e potenzialità al pittore, in ogni caso la maturazione di una rilettura espressionista e in taluni casi posti impressionista, con l’appassionata riscoperta di alcuni francesi dell’età dell’Impressionismo storico, ha determinato fortemente la consapevolezza di Cuzzi, autore incline alla figurazione che ha fatto del realismo un punto di partenza, rifacendosi alla tradizione di tutti i grandi friulani, per poi prendere una via personale e carica di una nervosa e vitale energia che la mano ha trasmesso al pennello .
Decoratore nella vita quotidiana, da subito alimenta un’ urgente necessità espressiva, i suoi primi quadri sono infatti del 55. Ne ho uno davanti agli occhi che manifesta in un oggettivo richiamo ad una figura femminile ripresa dal vivo o da una foto, con una partecipazione emotiva e una capacità tecnica interessante.
Da subito, scrivevo, immediatamente il pennello di Cuzzi si alimenta di storia artistica e rivede l’Impressionismo e alcuni capolavori di esso, richiamandoli con una sua personalità che vuole essere superamento della mera copia.
Le piu’ belle composizioni ci rimandano ad anni piu’ recenti, comunque ottanta e novanta, quaranta, trenta anni fa, quando entra nel paesaggio con la sua vocazione, senza prestiti, senza rimandi, ma senza dubbio nutrito dai grandi maestri friulani della seconda metà del novecento, con i quali probabilmente alimenta conoscenze e amicizie e anche suggerimenti.
Alcuni passi sono carichi di aria e di generosa pennellata, i cieli si aprono luminosi e le campagne ci fanno immaginare assolati mattini o pomeriggi a cercare la luce.
Sarebbe interessante capire se l’autore in questione si sofferma nella campagna, magari tra Campoformido, il suo paese e il Friuli centrale, perche’ potrebbe essere un indizio sapere come e se si è svolto il lavoro nella natura.
Non lo possiamo sapere per certo, ma indubbiamente quello che conta è lo spirito dell’osservatore che indipendentemente dal metodo ha agito in sinergia con la natura, la ha sentita dentro palpitante e profumata come quei campi tra i quali si muove .
Una delle sfide che ha dovuto affrontare e che in molte occasioni mi è parsa vinta, è quella con il moto della natura, con l’urgenza di superare la staticità.
Le opere non appaiono ferme in un immobilismo cristallizzato , ma spesso, dagli anni ottanta in poi ,quasi sempre, fluidificano tra cielo e terra, aria e vento, cielo e terra sono mobili creature non fredde liquefazioni di colore.
Le maggiori opere, quelle che richiamano la maggior soddisfazione da parte del lettore delle mostre di Cuzzi, si svolgono su tela o su tavola, ma è ricca la componente cartacea con attenti studi che dimostrano un autore instancabile e fertile nella fantasia e negli spunti che riceveva dalla natura.
Un mondo di tela e di carta, una nascosta dote forse mai pienamente raccontata, forse una timidezza o una riservatezza, quella di Cuzzi che nella opere che ho visto e apprezzato mi rivela un mondo nascosto di passioni e di sentimenti nei confronti della creatività artistica.
Un po’ di rimpianto per non averlo conosciuto in vita e aver potuto condividere e chiedere quale spinta lo muoveva nei suoi lunghi tempi in cui ha rivisto la vita e il suo dinamico scorrere accanto.
Una bella pagina di creatività, nel novecento e nel primo ventennio duemila, che ci consente oggi che il capitale cartaceo e di tele rimane, di ritrovare un autore interessante e genuino, figlio di un Friuli contadino che si nutre di paesaggi ,di colori e di segni, e dico segni e sottolineo segni, perche’ la traccia che sta nella pelle di questi colori è nutrita da un disegno consapevole e serio, impegnato e per nulla dopolavoristico, ma tracciante un carattere , un modo di essere, di interpretare la vita e di raccontarla, attraverso questa parola a colori che dice molto e molto fa intuire
vito sutto