Ritorna in Val Saisera “Un passaporto per la Storia”
Sabato 31 agosto e domenica 1 settembre, in Val Saisera, sarà possibile vivere un appuntamento speciale e ripercorrere “dal vivo” oltre un secolo di storia
– È impossibile capire il presente, senza aver chiaro il passato.
Questo profondo senso della memoria è alla base dell’iniziativa “Un passaporto per la storia” che ritorna protagonista in Val Saisera.
Sabato 31 agosto e domenica 1 settembre infatti, gli “Amici di Valbruna – Wolfsbachfreunde” in collaborazione con l’associazione “Cingoli e Ruote per Conoscere la Storia Aps” riproporranno la fortunata manifestazione che permetterà ad appassionati o a singoli curiosi di capire di più le vicissitudini storiche della Valcanale.
In queste zone, infatti, chi passeggia lungo i boschi della zona si trova, in maniera spesso inconsapevole, catapultato all’interno di vicende legate al passato e che hanno contribuito a creare il presente. Un viaggio che inizia durante le guerre napoleoniche, passa attraverso la Grande Guerra, prosegue lungo la Seconda Guerra mondiale e, superando la Guerra Fredda, arriva fino ai giorni nostri. Un percorso caratterizzato non solo da costruzioni ancora oggi visibili in parte o nella loro interezza, ma anche e soprattutto da storie e aneddoti particolari, a volte, sconosciuti.
UN VIAGGIO NEL TEMPO
Dopo il grande successo ottenuto negli anni scorsi, ritorna dunque “Un passaporto per la storia” fortunata iniziativa ideata e curata dall’associazione “Amici di Valbruna” guidata dallo storico Davide Tonazzi, che da anni opera sul territorio in favore della “riscoperta” di un passato meno lontano di quanto si immagini.
Questa volta protagonista sarà una vecchia caserma nei pressi del cimitero degli Eroi di Valbruna – Heldenfriedhof costruito all’imbocco della Val Saisera in corrispondenza della seconda linea difensiva dell’Impero Austroungarico durante la Prima Guerra Mondiale. Quell’edificio non è stato scelto a caso: è infatti il simbolo di come qui la storia si sia sovrapposta. Nato come fortino Austroungarico, è stato prima trasformato in casermetta della Milizia Confinaria poi diventata Guardia alla Frontiera, quindi – dopo l’8 settembre 1943 – convertito in officina per i mezzi corazzati tedeschi. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato occupato dalle truppe alleate e successivamente, fino al 1954, utilizzato dai Carabinieri.
UN PASSAPORTO PER LA STORIA
Dalle ore 14 di sabato 31 agosto questo luogo davvero particolare, da anni abbandonato, ritornerà ad essere vivo, con l’inizio dell’allestimento di un campo in cui il giorno dopo troveranno spazio alcuni mezzi militari e diversi gruppi di rievocatori. Domenica 1 settembre, dalle ore 9 alle 17, i visitatori potranno quindi ammirare alcuni veicoli storici e ascoltare, dalla viva voce dei figuranti che vestiranno i panni dei diretti protagonisti che hanno segnato le vicende della zona, particolari aneddoti di chi ha “abitato” quel piccolo ma incredibilmente significativo, fazzoletto di terra. Sempre domenica, alle ore 10, sarà anche possibile partecipare a una particolare visita guidata che, nell’arco di circa un’ora e mezza, condurrà i partecipanti attraverso i resti dello “sbarramento Saisera”.
DAI SOLDATI AUSTROUNGARICI ALLA GUERRA FREDDA
Sarà quindi possibile vedere con i propri occhi e “in carne e ossa” alcuni dei protagonisti che hanno contribuito a rendere la storia di questa valle così particolare. Grazie alla collaborazione con le associazioni “Storie dal Fronte”, “CRCS – Cingoli e Ruote per Conoscere la Storia Aps”, “Quello che le montagna restituiscono”, “Gruppo di ricerca storica Isonzo”, “Il nuovo fronte” e “Landscapes Paesaggi Alpini in Valcanale” i partecipanti a “Un passaporto per la Storia” potranno infatti incontrare rievocatori dalla Prima Guerra Mondiale alla Guerra Fredda e intrattenersi con loro per spiegazioni e attività didattiche, oltre che ascoltare dalla voce di appassionati alcune curiosità sul periodo storico di riferimento. La parte finale di questo incredibile viaggio nella Storia sarà dedicata all’Esercito Italiano e al lavoro che i nostri militari fecero prima di “selezione” dei vari bunker presenti sul territorio così da scegliere i più opportuni da riadattare a opere difensive durante la Guerra Fredda, poi il loro mantenimento in funzione e infine, venuto meno il pericolo di un’eventuale invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia, la loro dismissione e chiusura