Il tasso di occupazione femminile in Fvg è al 69,4%
Di età compresa tra i 20 e i 64 anni
In Italia la situazione dell’occupazione femminile registra una serie di profili critici, ma in Friuli Venezia Giulia – rispetto al contesto nazionale – le dinamiche sono migliori. Vediamo i dati.
Secondo le analisi dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine su dati Eurostat e Istat, il tasso di occupazione (rapporto tra occupati e relativa popolazione di riferimento) delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni, nel secondo trimestre 2024, è pari al 57,6% in Italia e al 69,4% in FVG, mentre la media UE27 è del 71%.
Se in Italia, pertanto, il tasso è ben più basso di oltre 13 punti rispetto alla media europea, in FVG il dato è di poco inferiore. Risulta, viceversa, un divario maggiore se lo si confronta con quello della Germania, 77,7%, e di alcuni Paesi del Nord Europa: Olanda, 79,9%, Svezia, 80,8%, Islanda, 85,4%.
Nel nostro Paese si registra, inoltre, una forte discrepanza tra il tasso di occupazione femminile e quello maschile, pari al 76,8% in Italia e all’81,6% in FVG, anche se il divario risulta minore: il tasso 24/64 anni riferito ai maschi si attesa nella UE27 all’80,9%, in Germania all’84,9%, in Olanda all’87,4%, in Svezia, all’84,3% e in Islanda al 90,5%.
Questa situazione in Italia dipende anche dal fatto che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità, determinata per oltre il 52% da esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche (Indagine INAPP).
Sempre in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari al 55,5%, mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6 % (Rapporto Istat SDGs2023).
Dal punto di vista delle caratteristiche del lavoro svolto, la bassa partecipazione al lavoro delle donne è determinata da diversi fattori: impegni familiari, occupazione in parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici e una netta prevalenza del part time, che riguarda, nel secondo trimestre 2024 in Italia, il 31% delle donne occupate, contro il 7,1% degli uomini.
Si consideri, inoltre, che nel 2023, in Italia il 54,8% dei lavoratori a tempo parziale tra 15 e 64 anni vorrebbe lavorare di più e l’incidenza sale fino al 69,3% tra gli uomini (e fino al 74,2 nella fascia di età tra i 25 e i 54 anni), contro il 50,2% per le donne, che sono la maggioranza.
La scarsa partecipazione della popolazione femminile al mondo del lavoro è ascrivibile anche alla bassa quota di lauree STEM tra le donne laureate. Infatti, secondo l’Istat, il 25% dei giovani adulti (25-34enni) con un titolo terziario ha una laurea nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche, le cosiddette lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Ma la quota sale al 37% tra gli uomini e scende al 16,8% tra le donne, evidenziando un importante divario di genere. L’indirizzo di studio determina importanti differenze nei tassi di occupazione dei laureati, che è maggiore per chi ha una laurea Stem.
Il commento del direttore generale di Confindustria Udine, Michele Nencioni:
“Una riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro porterebbe benefici non solo in termini di equità e uguaglianza, ma anche di crescita economica. Le stime della Banca d’Italia suggeriscono che, a parità di altre condizioni, un aumento del 10 per cento della forza lavoro, dovuto alla convergenza del tasso di partecipazione femminile italiano al livello attuale dell’Ue, aumenterebbe il Pil di circa la stessa percentuale nel lungo periodo”.
“Occorre, pertanto, migliorare ulteriormente le politiche di conciliazione, aumentando l’offerta di servizi di assistenza all’infanzia per i bambini piccoli e promuovendo l’uso dei congedi da parte dei padri. È utile rivedere il disegno del sistema di tassazione e dei trasferimenti alle famiglie, che deve coniugare gli obiettivi di redistribuzione e di equità con la necessità di non disincentivare l’offerta di lavoro femminile. In quest’ottica, possono risultare efficaci strumenti che prevedano una premialità nel caso in cui le madri lavorino”.
“Promuovere, infine, un’organizzazione del lavoro a misura di famiglia: ad esempio, incoraggiando un’organizzazione del lavoro più flessibile offrendo benefit ai dipendenti, che includano servizi aziendali di cura per l’infanzia”.