Torna la Festa della Pitina nel cuore della Val Tramontina
Nel borgo di Tramonti di Sopra, il 16 e 17 novembre, torna la festa in onore della pitina IGP, primo presidio Slow Food del Friuli Venezia Giulia
Chef del territorio e da oltre confine per una vera esplorazione di gastronomia e tradizioni culinarie a confronto
Torna la festa in onore della pitina IGP, primo presidio Slow Food del Friuli Venezia Giulia, la polpetta di carne affumicata e speziata (ovina, caprina o originariamente di camoscio e capriolo), nata per conservare la carne nei mesi autunnali e invernali, in zone tradizionalmente povere.
Appuntamento sabato 16 e domenica 17 novembre nel cuore della Val Tramontina, nel borgo di Tramonti di Sopra (PN), che si trasformerà nel Mercato della terra (coperto), una mostra mercato delle eccellenze enogastronomiche, a partire dalla pitina e dagli altri presìdi Slowfood regionali e nazionali, per decine di produttori presenti che arrivano dal Fvg, dall’Italia e anche da oltre confine.
Nella grande cucina della festa (sempre coperta e riscaldata), i cuochi dell’Alleanza di Slow Food prepareranno le loro creazioni a base di pitina e non solo: si tratta di chef del territorio e alcuni che arrivano da oltre confine. Ai fornelli ci saranno il cuoco specializzato in cucina vegana Davide Larise, Michela Fabbro del Ristornate Rosenbar di Gorizia, Luca Lot di Ca’ Naonis di Pordenone, Roberto Ferraro di Borgo Titol (Tramonti di Sopra) e Anna Ruminska da Breslavia in Polonia. Ovviamente non può mancare la cucina della Pro Loco di Tramonti di Sopra.
Per degustare un buon bicchiere di vino e accompagnare i piatti degli chef, basterà scegliere tra le decine etichette dell’Enoteca della Festa.
Durante i due giorni di festa, ci saranno degustazioni, incontri e presentazioni: sul sito www.festadellapitina.com è possibile consultare il programma completo delle due giornate e prenotarsi agli eventi.
La pitina IGP.
La pitina nasce nel 1800 nella zona di Frassaneit, una delle borgate del comune di Tramonti di Sopra (PN), dall’esigenza di non sprecare nulla e di conservare la carne di camoscio e capriolo: tagliata a coltello, la carne veniva impastata con sale, pepe nero, aglio e erbe, lavorata a forma di polpetta, ricoperta di farina di polenta per chiudere i pori e messa sul caminetto ad affumicare in modo da preservarla più a lungo possibile.
Oggi, la pitina si mangia cruda tagliata a fette sottili dopo almeno 30 giorni di stagionatura, ma è ottima anche cucinata: può essere scottata nell’aceto e servita con la polenta, rosolata nel burro e cipolla e aggiunta nel minestrone di patate, o ancora fatta al cao, cioè cotta nel latte di vacca appena munto