Sempre più abitazioni vuote in Fvg
Cala la popolazione ma aumentano gli immobili: negli ultimi 10 anni, in Friuli Venezia Giulia, è diminuita la popolazione (-29.192 residenti), ma sono aumentati gli immobili (+15.104 abitazioni), di conseguenza è cresciuto il numero delle case disabitate, che oggi sono presenti soprattutto nei Comuni più piccoli.
Secondo la Fondazione Think Tank Nord Est, conclusa la stagione dei superbonus esagerati, servono nuove misure mirate per favorire la riqualificazione degli immobili, soprattutto per stimolare gli investimenti delle imprese nell’offerta di alloggi ai lavoratori.
Il declino demografico dell’Italia e del Nordest ha un impatto importante anche sul patrimonio immobiliare: la diminuzione dei residenti comporta inevitabilmente l’aumento delle abitazioni vuote. Questo effetto si amplia se continua a crescere il numero di case, come successo in Friuli Venezia Giulia nell’ultimo decennio.
Infatti, secondo l’analisi della Fondazione Think Tank Nord Est, tra 2013 e 2023 in Friuli Venezia Giulia si contano 15.104 abitazioni in più, a fronte di una diminuzione di 29.192 residenti. Si tratta di una tendenza che accomuna tutte le province ed è particolarmente marcata nell’Udinese, dove al decremento della popolazione di 21.431 abitanti si è accompagnato un aumento di 7.228 case.
Lo squilibrio è ben evidente dalla classificazione dei Comuni, costruita dalla Fondazione, incrociando il trend demografico e quello delle unità abitative. Infatti, nel periodo 2013-2023, l’87% dei Comuni del Friuli Venezia Giulia ha registrato la diminuzione della popolazione e l’aumento degli immobili. C’è poi un piccolo gruppo di Municipi (l’8%), che ha visto crescere sia il numero dei residenti che quello dello delle abitazioni. Infine, solamente nel 5% dei Comuni il calo degli abitanti si è accompagnato alla diminuzione degli immobili.
Aumentano, quindi, le unità abitative vuote, gran parte delle quali avrebbe bisogno di importanti lavori di ammodernamento. L’analisi svolta dalla Fondazione evidenzia come gli immobili non occupati siano presenti in particolare nei piccoli Comuni: in media la quota di abitazioni vuote è del 63% negli Enti locali del Friuli Venezia Giulia con meno di 500 abitanti, mentre nei Municipi con una popolazione compresa tra 500 e 1.000 residenti la quota di case non occupate è del 47%. La percentuale diminuisce poi con l’aumentare della dimensione demografica dei Comuni, attestandosi tra il 15% e il 16% nelle realtà con più di 10.000 abitanti.
Anche le “seconde case” entrano nel computo degli immobili non occupati, che infatti si trovano soprattutto nelle località di vacanza, dove in gran parte coincidono con le case ad uso turistico. Ma una quota importante di abitazioni vuote, tra il 15% e il 30%, si trova in molte zone del Friuli Venezia Giulia.
“La questione abitativa sta diventando sempre più centrale nelle politiche per il lavoro – spiega Antonio Simeoni, vice presidente della Fondazione Think Tank Nord Est – e pertanto le imprese che riescono ad offrire un alloggio ai lavoratori sono sicuramente avvantaggiate nella ricerca del personale.”
Il settore turistico e la sua lunga catena di fornitura, in particolare, è sempre più in difficoltà nel rendere attrattiva una proposta di lavoro, se non è abbinata al benefit di un alloggio. In questa prospettiva, secondo la Fondazione Think Tank Nord Est, si potrebbe innescare un circolo virtuoso a partire dal recupero delle case vuote.
“Chiusa la stagione dei superbonus esagerati, è necessario definire nuove misure strutturali mirate in grado di favorire la riqualificazione degli immobili – propone Simeoni – nella prospettiva di stimolare gli investimenti sul patrimonio edilizio, con benefici anche in termini di sostenibilità e competitività del territorio. Le imprese, se incentivate dall’erogazione di contributi specifici, potrebbero ristrutturare o rimodulare numerose abitazioni, per metterle a disposizione dei propri lavoratori. Si tratta di interventi con possibili ricadute positive soprattutto nei piccoli e medi Comuni delle aree limitrofe alle località turistiche, che potrebbero ripopolarsi e ricostruire un bacino di domanda minimo per garantire la sopravvivenza dei servizi locali.”