ll Friulano di Notre Dame!
Sicuramente tra le maestranze che hanno restaurato la basilica Notre Dame di Parigi dei discendenti di pichepieris friulani erano presenti, ma molto più emblematico è Renato Saleri, il figlio di Dorina Lunazzi di Verzegnis, lui è stato un protagonista importante.
Renato è un architetto molto particolare, infatti, è uno specialista – tra l’altro – di euristiche generative per la fabbricazione digitale di morfologie architettoniche e urbane, ed é un esperto ultra-confermato della tecnologia digitale nel campo dell’architettura.
Renato, al di là degli strumenti tradizionali utilizzati dagli specialisti coinvolti, ha progettato dei dispositivi che hanno permesso di aiutare gli architetti di Notre Dame durante le fasi di pre-progettazione, realizzando dei modelli virtuali di parti della cattedrale dopo l’incendio con l’aiuto di un cablecam modificato da lui, carico di apparecchi fotografici e altri sofisticati sensori, permettendo di avere a disposizione delle repliche digitali in 3 dimensioni estremamente dettagliate delle zone sulle quali effettuare i restauri previsti… va ben, mi fermo qui perché diventa sempre più complicato.
Quello che vi posso dire che il suo lavoro di rilevazione tra le rovine di Notre Dame, lo ha fatto anche pilotando droni sofisticati e con acrobazie da scalatori; avendo assistito ad una sua conferenza video alta definizione, ho potuto visitare la carpenteria della basilica detta la ‘’foresta’’, molto prima che fosse ricostruita, sono cose da fantascienza, è stato impressionante, mi sono trovato virtualmente fra le capriate, sospeso nel vuoto vertiginoso!
Renato l’architetto, è il nipote di un muratore emigrato in Francia diventato impresario, buon sangue non mente mai, soprattutto fra i ‘’gnaus’’ di Verzegnis! Gnaus è il soprannome familiare degli abitanti del luogo, Renato sul suo sito web indica che parla friulano, tra le altre lingue, questo è abbastanza raro per essere sottolineato.
Dopo le rilevazioni-progettazioni di Renato ci sono voluti cinque anni e mezzo di lavoro per i restauri, ma finalmente, in questi giorni la cattedrale di Notre-Dame si prepara a riaprire le porte al pubblico, ai fedeli ed ai numerosissimi turisti del mondo intero.
Per questa ricostruzione sono state spese diverse centinaia di milioni di euro, e ci sono migliaia di mani di operai, artigiani, che hanno lavorato con attrezzi e metodi del medioevo.
A più di cinque anni dal devastante incendio del 15 aprile 2019, la cattedrale di Notre-Dame è pronta ad accogliere il pubblico, avevano previsto di far pagare l’entrata ma le autorità ecclesiastiche hanno rinunciato…il Dio Palanca non è stato adottato.
Il Presidente francese Emmanuel Macron ha visitato la cattedrale, per un ultimo sopralluogo prima della riapertura al pubblico, ha distribuito complimenti a destra e manca, nessuno ci credeva che sarebbe stato fatto in cinque anni, nel medioevo occorrevano due o tre secoli, ma è vero non c’era Renato da Verzegnis con i droni!
Per le travi, capriate, della ‘’foresta’’ sono stati utilizzati 2.000 alberi di rovere o quercia, alcuni pluricentenari e di dimensioni eccezionali.
Secondo alcune fonti affidabili, dopo il disastro, sono stati raccolti non meno di 843 milioni di euro in donazioni. Ci sono state due fasi di consolidamento e restauro che sono costati 700 milioni di euro, il resto dei fondi sarà utilizzato, per restaurare le facciate e la sacrestia, questo a partire dall’inizio del 2025.
Le offerte-donazioni provengono da 340.000 donatori diversi, la maggior parte dei quali francesi ma in totale, quasi 150 Paesi tra cui anche il Friuli, hanno partecipato alla raccolta fondi, con un apporto di ben 60 milioni di euro, più della metà provenienti dagli Stati Uniti.
Queste cifre astronomiche hanno permesso all’ente ‘’ Rebâtir Notre-Dame’’ di radunare circa 2.000 professionisti falegnami, carpentieri, scalpellini, pichepieris, ponteggiatori, ecc. per restaurare questa straordinaria cattedrale, probabilmente, molti sono di origine Friulana, come il nostro Renato di Verzegnis, il cui contributo è stato basilare per la ricostruzione praticamente all’identico dato che non c’era più nulla e c’era tutto da ridisegnare partendo – tra l’altro – dai rilievi fatti con il drone o con il suo « cablecam » attrezzatissimo, ma questo nessuno lo sa, salvo noi friulani .
Foto anteprima: Primo giorno di lavoro sulle impalcature con le debite protezioni contro la contaminazione da piombo (settembre 2019)