Uccise il figlio. La Cassazione: “No all’ergastolo, il ragazzo era adottato”
Udine – Nella giornata di giovedì 1 marzo, sono state rese note le motivazioni con cui la corte di Cassazione ha invalidato la sentenza di ergastolo nei confronti di Andrej Talpis, rinviando gli atti alla Corte di Assise d’Appello del Tribunale di Venezia che dovrà ora rideterminare la pena.
“Uccidere un figlio adottivo è un reato gravissimo – sottolineano i Supremi Giudici nella sentenza 9427 – per il quale scatta la circostanza aggravante espressamente prevista dal codice penale nel caso di omicidio verso i parenti adottivi, il coniuge, i fratelli e le sorelle o i parenti affini.
La pena, in base a quanto espressamente previsto dal codice penale in tema di circostanze aggravanti, varia da 24 a 30 anni di reclusione, e non prevede, però, la condanna all’ergastolo come pena massima, come avviene invece nel caso dell’omicidio dei genitori o dei figli biologici ”.
I Giudici veneziani dovranno dunque ricalcolare la pena, partendo dai 16 anni di reclusione inflitti nel processo, celebrato con rito abbreviato, a cui dovranno sommare le aggravanti citate dalla Cassazione.
La vicenda
È la notte del 26 novembre 2013 quando il 49enne Talpis, cittadino moldavo residente in Via del Sole a Remanzacco, si scaglia violentemente contro la moglie, che, stando a quanto riferito dall’uomo, lo aveva insultato ed etichettato come “ubriacone”. In difesa della donna interviene il 19enne Ion, adottato in giovane età dalla coppia, che si frappone fra i genitori, facendo da scudo alla madre.
L’intervento del figlio non placa la furia di Talpis che, anzi, prende un coltello da cucina e ferisce mortalmente il ragazzo.
La condanno nei confronti dello Stato
Dalle indagini si scopre che l’operaio moldavo non era nuovo a comportamenti violenti, spesso conseguenti ad uno stato di ebbrezza, e che a suo carico la moglie Elisaveta aveva presentato una denuncia (successivamente ritirata) per violenza domestica.
In virtù di questa denuncia, il 3 marzo del 2017, i Giudici della Corte Europea dei diritti umani condannano lo Stato italiano, reo di aver ignorato i segnali di una possibile tragedia e di non aver fermato per tempo Andrej Talpis.
“Non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica – sentenziano i Giudici di Strasburgo – le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che in fine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio”.
La Corte ha quindi condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della convenzione europea dei diritti umani. I Giudici hanno riconosciuto alla moglie del killer 30 mila euro per danni morali e 10 mila per le spese legali.