Ha trionfato il populismo? Sarà il tramonto della Seconda Repubblica?
Questo è un pezzo scritto “di pancia”, così come lo è stato il voto espresso dal Popolo italiano. I dati del Viminale non sono ancora definitivi e molte sezioni vanno ancora scrutinate ma, a notte fonda appare ormai chiaro, queste elezioni si apprestano ad essere un vero e proprio trionfo per i populisti.
Populismo – termine spesso abusato e di definizione nebulosa e assi poco chiara. Già, ma che cos’è, quindi, il populismo, e perché se ne parla tanto?
I più colti fra voi potranno rispondere che il populismo, nella sua accezione originaria, identificava un movimento politico-culturale russo, aspirante ad una sorta di socialismo rurale ed opposto al burocratismo zarista. Altri, i conoscitori della politica odierna, lo definiranno come un qualsiasi movimento volto all’esaltazione demagogica delle qualità e capacità delle classi popolari. Definizioni, entrambe valide, ma enciclopediche, che dubito possano rispondere in maniera esaustiva alla nostra domanda.
E quindi?
Chiedete a Steve Bannon, autentico autore del trionfo elettorale di ” The Donald “, che cos’è questo famigerato populismo. Egli, fine conoscitore della vox popolare ed attento osservatore delle elezioni italiche, vi risponderà che questo “oggetto misterioso” non è altro che l’innata capacità di saper parlare “alla pancia” del popolo, fornendo soluzioni semplici a problemi difficili, dipingendo come facili soluzioni che non lo sono affatto. Come a dire “io sono dalla tua parte e di me ti puoi fidare, sul serio”.
Ma è quello che promettono tutti i politici – penserà qualcuno di voi. E, in parte, è anche vero. Il vero, autentico, grande leader populista, però, ha quelle qualità che gli permettono di entrare in una strana e verace sintonia con la gente, diventando quasi un’amico, più che un politico.
Nel 1994 Silvio Berlusconi, talentuoso e danaroso imprenditore, sia affacciava alla politica, promettendo al popolo ciò che il popolo voleva in quel momento.
Nel 2014 Matteo Renzi, giovane e rampante leader del PD, portava il partito ad uno storico 40%, promettendo al popolo ciò che il popolo voleva in quel momento.
Entrambi, però, non possono essere definiti populisti. Entrambi, infatti, dopo l’entusiasmo suscitato all’inizio, si sono rivelati dei “comuni” politici, attenti ai giochi di prestigio del bilancio e della stabilità della cosa pubblica.
I populisti, quelli veri, sono ben altra cosa. Sono quelli che, una volta raggiunto il potere, tirano dritto e non guardano in faccia nessuno, immersi nel loro Scopo e portatori di una missione. Guardate Trump, che ha silurato esperti, consiglieri, assistenti, giudici e fidati strateghi, tutti rei di non condividere il suo Scopo e troppo attenti a quella cosa chiamata politica. Un percorso pericoloso, che, basta veramente poco, può portare ad un vicolo cieco, dal quale può essere veramente difficile uscire.
Un altro esempio? Nigel Farage.
Il leader del partito britannico UKip, fervente promotore della Brexit, che, una volta raggiunto il suo Scopo, ossia l’uscita dall’UE, ha ben pensato di dimettersi e dedicarsi ad altro, forse al golf, come dice qualcuno. La sua missione, d’altronde, era terminata e poco importa se, per il suo Paese, era appena cominciata la fase più oscura e complicata. Lui, la promessa fatta “alla pancia” del popolo l’aveva rispettata.
In Italia, appare ormai chiaro, queste elezioni le hanno vinte in due. Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il MoVimento 5 stelle e la Lega.
Partiti e leader che, sulla carta, hanno tutte le carte in regola per mettere in piedi un bel Governo populista, anche insieme, e perché no. D’altronde entrambi, pur con molte differenze, promettono soluzioni semplici a problemi difficili, parlando a quel Popolo, stanco e angosciato, che questo vuole sentirsi dire. Magari ci riusciranno davvero, e verranno ricordati come grandi statisti, oppure no, e allora saranno solo populisti sbugiardati.
In ogni caso, al di là di ciò che sarà da domani, appare chiaro che, agli italiani, la politica ha stufato.
La Politica – ossia la capacità di trovare un accordo per mediare posizioni distanti, la bravura di creare un compromesso.
Gli italiani, con il voto, hanno fatto capire di preferire posizioni dure e, in teoria, intransigenti, ma che promettono risposte chiare. Insomma, esattamente l’opposto dei partiti della Seconda Repubblica, che hanno sempre campato di coalizioni ed accordi, poi demonizzati e ribattezzati inciuci.
No alla politica tradizionale e sì al populismo, questo è ciò che vogliono gli italiani. E, a pagarne lo scotto, sono stati Forza Italia ed il Partito Democratico, crollati nelle preferenze ed entrambi malridotti. Usciti dalle urne un po’ bastonati, questo possiamo dirlo, e ripudiati da quegli elettori stanchi di soluzioni prospettate, ad ampio respiro, ma a lungo termine.
Meglio un uovo oggi che una gallina domani – recita un vecchio proverbio. Ma i proverbi, si sa, sono la saggezza del popolo.
Se tutto ciò risulterà vero, o si rivelerà solo la suggestione di una notte, elettorale, di inizio marzo, spetterà al tempo stabilirlo.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Perché, concedetemelo, ma da tempo volevo concludere un discorso con questa frase che, sarà pure inflazionata, ma conserva un fascino quasi mistico… Un po’ come la notte delle elezioni.