L’osteria che non c’è
Il venerdì mattino a San Vito Tagliamento, città medievale graziosa, contornata da mura e corso d’acqua, è giorno di mercato, un mercato piuttosto ampio e ricco che attraversa la via centrale e si estende anche nelle vie laterali con forse qualche centinaio di colorate bancarelle. E’ già aria di festa, poi in un posto bello così non si può non apprezzare l’insieme e l’allegria del giorno mercantile.
L’amico Umberto, conosciuto per il suo baffo fluente ed il suo vino, essendo io suo ospite in quei giorni, mi ha chiesto già il giorno prima, se l’indomani volevo andare anch’io con lui a S. Vito. Mi ha detto che, una serie di persone e amici che aveva conosciuto si ritrovano in un locale: ‘Ognuno porta una bottiglia o qualcosa da mangiare e si sta lì per un’ora o più’ tra le 11 e le 12. Insomma, si sta insieme. Figuriamoci se avrei detto di no, conoscere gente e degustare cose, magari buone, è stato per parecchio tempo il mio quasi mestiere ed ora è una risorsa umana e del cuore. San Vito, nel pordenonese, è a una ventina di chilometri da casa di Umberto. Andiamo in auto col suo collaboratore Gian Battista, entriamo da sud verso il centro, parcheggiamo l’auto adiacente la via centrale e a 50 metri dal mercato Umberto ci guida verso il della piazza, che poi vi si giunge. Piazza del Popolo, baluardo dei resti del Castello del XII° sec., la Torre Raimonda, il Campanile del Duomo, eccetera, eccetera. Dopo un centinaio di metri di passeggiata dietro le bancarelle, o meglio, adiacente le bancarelle, ci ferma davanti a un portico ed entriamo. Vedo questo cortile pavimentato tutto bello, piacevole e colorato con sullo sfondo, a sinistra, un bell’albero ancora con poche foglie data la stagione e sotto di questo un tavolo grande con delle persone attorno che parlano e bevono… Ci avviciniamo e l’Umberto ci presenta ad una bella signora cinquantenne ed a suo marito: “Graziella, piacere”, mi dice tendendomi la mano, poi suo marito del quale non ricordo il nome, altra stretta di mano. Anche gli altri ci salutano e Umberto porge la sua bottiglia perché possa essere sacrificata al banchetto quasi pagano con nostra volontà di stare insieme e parlottare per passare un’oretta più felice.
Mi assento un po’ subito dopo i preliminari dell’incontro e approfitto per fare una passeggiata tra le bancarelle e giungere sotto il castello, era tempo non ci andavo. Da un cinese compro un paio di occhiali da sole perché ero senza, poi ritorno al portico e al gruppo.
Nel frattempo, entrando, noto che alcune persone che prima c’erano ora non c’erano più e ne noto altre nuove, tutte belle persone sui 50, 60 e anche 70, ma anche qualche bella donna. Noto anche, che sopra la porta, dietro al tavolo, c’è una scritta posticcia su un cartoncino chiaro 50×70 cm. o giù di lì con una scritta color arancio: “Osteria Al Caco”. Lì per lì per lì non riuscivo a capire, disabitudine momentanea dei nomi quando abiti in un’altra regione e vi parli un altro linguaggio.
Siedo sull’angolo in fondo, comincio a presentarmi alle persone vicine, arrivano in tavola dei crostini di salame nostrano, alla prima portata, poi del ‘punta di coltello’ e anch’io, goloso, mi verso da bere e allungo la mano verso i crostini e il salame al coltello. Umberto trasmette ai presenti confidenzialmente: “Lui è il mio amico giornalista che scrive di mangiare e bere”. E’ un modo come un altro per presentarmi, generico ma non troppo. Preciso subito tra i vicini che mi stanno a destra e sinistra che, in realtà, avendo fatto qualche rivista e qualche libro sull’argomento ho un po’ di conoscenza anche perché ristoratori e vignaioli mi chiedono un parere sulle cose che fanno.
Insomma, è tutto bello ciò che procura allegria (in tutto eravamo diventati una dozzina di persone), ma l’amico vicino, che ovviamente non ricordo il so nome, come di altri, non è d’accordo con me su alcune cose che ho espresso in questa quasi degustazione. Intanto mi verso un Prosecco da un bel magnum azzurro-blu e prendo dalla nuova portata del salame al coltello e nel frattempo noto sul fondo dalla parte opposta una bella signora. Rispondo come facendo finta di non sapere niente e lui è tutto contento. Umberto continua a conversare e versare il suo vino e Gian Battista commenta un po’ qua e il loro vino. Siamo veramente un’allegra compagnia, è mezzogiorno dei primi di dicembre a San Vito al Tagliamento.
Continuo a guardare la signora, che ovviamente non mi guarda, e mi alzo per andarle vicino visto che si era liberato un posto.
Umberto e G. B. continuano a degustare e bere, oltre che mangiare formaggio e salame.
Io mi siedo vicino alla lei, e mi presento. Anche lei, parlottando, mi dice che ha una figlia, come me e parliamo d’altro. Finita la dipartita del sodalizio di mezzodì nell’Osteria al Caco, cominciamo a salutarci con calorose strette di mano, ormai è quasi l’una e, andando via vado prima a cercare la sala da pranzo e il bar di questa osteria, apro delle porte qua è la, non trovo nulla, poi chiedo a Graziella, la padrona di casa, che mi dice: “Non c’è nessuna osteria, è un ritrovo tra amici in una casa privata il venerdì che è giorno di mercato, o anche quando abbiamo desiderio di avere ospiti!”
Vanni De Conti