Reddito di cittadinanza, è cosa giusta o sbagliata?
Anche in Friuli si è iniziato a parlare di reddito di cittadinanza. Non ci sono state code ai Caf come in altre parti d’Italia ma comunque, in ogni caso, un interesse concreto c’è stato. Una promessa quindi che ha attecchito anche da noi, regione nella quale comunque è già stata introdotta una misura attiva di sostegno al reddito che consiste in un sostegno di integrazione al reddito, per chi ha un Isee che non supera i 6 mila euro all’anno.
Ma il reddito di cittadinanza agli occhi e alle orecchie di molti corregionali è qualcosa di più. Potenzialmente ti permette di vivere senza lavorare, percependo uno stipendio da parte dello stadio. Una forma di assistenzialismo totale che non poteva non essere accolta con entusiasmo soprattutto tra quella fetta di popolazione che è stata particolarmente colpita dalla crisi.
E’ questo il nocciolo del discorso. Quella crisi di lavoro che ha messo in ginocchi molti distretti friulani, basti pensare a Manzano e al distretto della sedia che, nonostante sia in ripresa, è decisamente lontano dalla realtà che fu in passato, alla quale non c’è alcuna risposta concreta se non un assegno di sussidio.
Non c’è lavoro, non sappiamo come ricrearlo e quindi vi diamo dei soldi noi Stato per vivere. Insomma, in parole spicciole, funziona così.
È realizzabile? Intanto, ci vorrebbero 14, per il M5S ma c’è chi dice 29, miliardi che non si saprebbe dove andare a prendere. Tagliare la spesa pubblica per recuperarli? In Italia oggi il problema non è la spesa pubblica. Lo Stato incassa molto più di quello che spende, il problema sono gli interessi sul debito. Ma poi: il M5S dice che il reddito di cittadinanza verrebbe tolto a chi rifiuta tre proposte di lavoro: ma con la crisi che c’è, pensare di poter offrire a ciascun disoccupato tre posti di lavoro è una barzelletta.
Tralasciando che possa essere realizzabile o meno, credo che sia importante capire se una riforma del genere sia eticamente giusta. Io sinceramente penso di no. Innanzitutto perché da buoni italiani quali siamo metteremmo subito in atto una serie infinita di truffe. Non hai diritto ma sai c’è un amico mio che in qualche modo te lo fa avere lo stesso, clichè classico. Per non parlare poi dei finti disoccupati che mi metterebbero in tasca il reddito continuando tranquillamente poi a lavorare in nero. In una Paese dove l’onestà è un accessorio non da tutti una riforma tale è assai rischiosa.
Ma se su tutto ciò magari si può anche mettere una pietra sopra, la vera domanda è un’altra: è educativo dire ai giovani che avranno uno stipendio senza lavorare? Giusto dire a chi si è fatto il mazzo sui banchi di scuola, chi si è formato in università, chi ha fatto tirocini mal pagati lunghi anni che un’occupazione vera vale meno del reddito di cittadinanza? Siamo realisti, un mio coetaneo non lavora per tanti più soldi, anzi nella maggioranza dei casi per molto meno.
Ritengo quindi che sia più utile utilizzare quei soldi che si riusciranno a mettere insieme per incentivare le imprese a creare nuovi posti di lavoro. Un progetto a lungo temine e non una soluzione a tempo tanto per tenere calmi gli animi.
Ma chi ci fa andare a lavorare se stando a casa riusciamo a guadagnare di più?