Diabete tipo 2: prevenire è meglio che curare !
Il ruolo dell’infermiere nell’educazione terapeutica alla persona con diabete
Ebbene sì, l’insorgenza del diabete di tipo 2, noto anche come diabete che insorge nell’anziano può essere ritardata nelle persone predisposte adottando dei corretti stili di vita ed un’alimentazione sana ed equilibrata, che eviti gli eccessi e gli squilibri alimentari che favoriscono la comparsa di obesità. Mentre il diabete di tipo 1 è causato da un’azione del nostro sistema immunitario che, impazzito, inizia a produrre anticorpi che portano alla distruzione delle cellule che nel pancreas sono deputate alla produzione dell’insulina, per il diabete di tipo 2 la causa è diversa: la predisposizione, la famigliarità, l’adozione di stili di vita ed alimentazione scorretti portano lentamente ad un esaurimento della funzione delle cellule che producono l’insulina, oppure la producono ma essa è meno efficace; il sovrappeso poi non consente all’insulina di agire correttamente; per questi motivi bisogna intervenire con una terapia ad hoc. Il diabete è una malattia in costante aumento, è necessario quindi avere le giuste conoscenze per tenerla sotto controllo.
Aiutare le persone con diabete a prendere consapevolezza della nuova condizione è una sfida importante con la quale noi infermieri di diabetologia ci confrontiamo quotidianamente; spesso durante i nostri colloqui con gli utenti riscontriamo in loro convinzioni errate quali: ho un po di diabete, ero diabetico ma ora non ce l’ho più perché le mie glicemie sono ritornate normali. Anche a queste persone viene rivolto il nostro intervento educazionale.
Il diabete è una malattia cronica, cioè rimane con noi per sempre, quello che possiamo fare è mantenerlo in buon compenso evitando così l’insorgenza delle complicanze. Ed è proprio la cronicità che richiede da parte della persona con diabete l’acquisizione di conoscenze e la necessità di sviluppare l’attitudine al self care, ovvero deve con l’aiuto del medico di base e/o del team diabetologico, divenire parte attiva nel gestire a lungo termine la propria malattia, e non delegare a queste figure la propria cura; capire perchè ci dobbiamo curare è il primo passo per mantenerci in salute. Assume così valore ad esempio capire se è necessario autocontrollarsi la glicemia, e come farlo in maniera strutturata, affinchè porti a sviluppare comportamenti che migliorino il compenso glicemico, è opportuno conoscere il significato dei parametri ematici ed i propri target di glicemia e glicata ai quali tendere, aderire ad un programma di screening delle complicanze, così da cogliere in tempo la loro eventuale comparsa, imparare a riconoscere gli alimenti ed il loro impatto sulla glicemia.
La diagnosi di diabete viene posta quando abbiamo il riscontro occasionale di una glicemia a digiuno superiore a 126 mg/dl , oppure una glicata > a 6.5%
Il riscontro può essere occasionale, magari a seguito di esami fatti di routine per un chek ad es, annuale.
La prima figura a cui rivolgersi in caso di comparsa di sintomi tipici della malattia – sete, poliuria, calo ponderale ma anche stanchezza anomala e protratta, disturbi repentini alla vista (calo, visione sfocata), è il Medico di Medicina Generale, che prescriverà degli esami del sangue ricercando glicemia a digiuno elevata, presenza di glucosio nelle urine; un ulteriore esame che verrà probabilmente richiesto sarà il dosaggio dell’emoglobina glicata, che rappresenta il valore medio delle glicemie all’incirca nei tre mesi precedenti al prelievo. Se questi valori dovessero presentarsi alterati sarà già il medico di base a porre diagnosi di diabete; egli può richiedere ulteriori accertamenti. Il MMG può anche compilare l’esenzione ed avviare una prima terapia, in genere con compresse da assumere ai pasti; opportunamente può inviare ad un centro diabetologico per un inquadramento generale ed una presa in carico da parte di un team multidisciplinare, composto cioè da diverse figure (medico, infermiere, dietista) con competenze e ruoli diversi, perché il trattamento di questa patologia si attua su più fronti. I tre pilastri principali per il trattamento del diabete sono: la dieta, uno stile di vita che preveda più movimento e l’eventuale terapia farmacologica. Oggi la ricerca mette a disposizione del diabetologo un sempre maggior numero di farmaci, alcuni dei quali risultano essere maggiormente protettivi nei confronti dell’apparato cardiovascolare. L’interazione tra dieta, stile di vita e farmaci porta sicuramente ad un buon compenso metabolico, con valori di glicemia e glicata che si portano vicino ai livelli normali; per contro l’abbandono di queste buone pratiche farà nuovamente elevare i livelli di glucosio nel sangue; il diabete come detto in apertura non scompare ma può rimanere ben controllato e questo è un ottimo obiettivo, poiché consente di evitare o almeno ritardare la comparsa di complicanze, che interessano organi quali occhi, cuore, rene, cervello, nervi e strutture vascolari, le parti più distali quali i piedi (comparsa del cd piede diabetico).
Scritto da Francesca Cimitan Infermiera
Rubrica a cura di Sweet Team Aniad FVG
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