Violenza sulle donne durante la pandemia, cui hanno assistito minori. Lo studio del Burlo
I pronti soccorso pediatrici possono aiutare la rilevazione e la prevenzione
Il lavoro del Pronto Soccorso Pediatrico dell’Irccs triestino, realizzato sottoponendo un questionario a 212 donne con figli, è stato pubblicato sull’European Journal of Pediatrics. Il 44% delle intervistate ha riferito casi di violenza subita a cui hanno assistito i figli.
Il numero di casi di violenza sulle donne ai quali hanno assistito i figli minori misurato durante la pandemia è stato molto alto, con un profondo impatto sulla salute psico-fisico-emotiva di madri e figli. Lo ha dimostrato uno studio condotto dal Pronto Soccorso Pediatrico dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” diretto dal dottor Alessandro Amaddeo e dalla psicologa Federica Anastasia.
Terzo lavoro sulla Witnessed Violence (violenza assistita) al mondo, con due precedenti piuttosto datati (1999 e 2005), lo studio del Burlo ha esaminato un fenomeno ancora poco esplorato, ma che ha impatti molto significativi. La violenza assistita intra familiare (cioè l’esperire da parte del bambino/a e/o dell’adolescente di qualsiasi forma di maltrattamento su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte o minori, compiuta attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, nonché atti persecutori) infatti, è una forma di abuso sui minori con effetti molto negativi sul benessere e lo sviluppo dei bambini e bambine, sia sulla perpetuazione della spirale di violenza quando divengono adulti e la cui riconoscibilità è collegata alla capacità di rilevare l’esposizione delle madri a fenomeni di violenza intima da parte dei partner (intimate partner violence o Ipv) non sempre facili da riconoscere. In questo campo, l’opera dei Pronto Soccorso Pediatrici può rivelarsi fondamentale sia per la rilevazione del fenomeno, sia per la prevenzione.
«Il gruppo di studio promosso dal dottor Claudio Germani per la realizzazione di questa ricerca – spiega la dottoressa Anastasia – è stato condotto da febbraio 2020 a gennaio 2021, ha rispettato le linee guida dell’Oms e ha utilizzato una metodologia di lavoro che includeva il Woman Abuse Screening Tool (Wast) validato a livello internazionale e su 212 coppie madre-bambino/a nessuna ha rifiutato di partecipare. Il questionario ha dato un impressionate risultato con ben il 44% delle partecipanti che riferivano casi di violenza domestica assistita dai minori. Nei due soli lavori precedenti in letteratura le percentuali riportate erano rispettivamente del 10 e 50%. Dallo studio è, poi, emerso che le madri che subiscono violenza hanno una qualità di vita molto peggiore e una salute peggiore con stress particolare, disturbi del sonno, incubi, stanchezza e affaticamento al risveglio, ansia, allucinazioni uditive e che i bambini che hanno assistito alla violenza, testati in cieco dai medici in Pronto Soccorso, si mostrano molto più agitati, ansiosi, aggressivi e con disturbi del sonno. Inoltre – prosegue la psicologa -, dallo studio è chiaramente emerso come l’alto numero di figli, il basso livello di scolarità della madre, la disoccupazione o i problemi lavorativi e la mancanza presenza di una rete di sostegno familiare siano condizioni nelle quali più facilmente si verificano episodi di violenza sulle donne compiuta dai partner e di violenza assistita dai minori. Non sembrano, invece, influire particolarmente – conclude la dottoressa Anastasia – l’età delle donne o il loro stato civile».
Dallo studio è emersa, inoltre, un’elevata richiesta di welfare. In questo contesto vi è di fatto un ben noto incremento del rischio di trasmissione e transgenerazionale della violenza quale modello relazionale/affettivo e la necessità di una formazione specifica per i professionisti coinvolti.
L’importanza dello studio del Burlo, oltre che dalla pubblicazione da parte della rivista dell’Associazione Pediatrica Europea, è confermata dal fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera la violenza contro i minori come uno dei maggiori problemi di sanità pubblica: nei Paesi ad alto tenore economico, il maltrattamento è, infatti, una delle principali cause di mortalità nella prima infanzia. È, inoltre, difficile fornire stime reali della diffusione del maltrattamento nell’infanzia, in quanto solo una minoranza di casi sono identificati (10%) rispetto alla totalità di quelli che restano sommersi.
«Le conseguenze da maltrattamento sulla salute del minore – chiarisce il dottor Amaddeo – possono essere dirette (lesioni fisiche di variabile gravità, fino alla morte) o indirette (esiti a distanza come patologie organiche e disturbi psico-relazionali). La violenza assistita, poi, è una delle forme nelle quali si manifesta la violenza su minori ed è una forma di maltrattamento la cui rilevazione necessita del preliminare riconoscimento della violenza intra familiare diretta. Secondo un’indagine della Fundamental Rights Agency – prosegue -, infatti, in Italia, il 19% delle donne dichiara di aver subito nel corso della vita violenze fisiche o sessuali da un partner o ex-partner; il 38% ripetuti e multipli abusi psicologici; il 9% “stalking”. Aver subito una forma di violenza, diretta o assistita, durante l’infanzia o adolescenza – ribadisce il dottor Amaddeo – si associa a un aumentato rischio di sviluppare problemi psicologici, sociali, comportamentali e organici; studi scientifici sottolineano, poi, come l’esposizione a tale violenza in età pediatrica possa aumentare la probabilità di ricadere in comportamenti malsani e avere problemi di salute in età adulta. Per questo indagare attivamente la presenza di esposizione alla violenza durante l’infanzia è quindi di primaria importanza per cercare di prevenire gli effetti negativi. In tal senso – conclude – il Pronto Soccorso Pediatrico può rappresentare un osservatorio privilegiato per intercettare situazioni di violenza, ma anche una possibile sede per avviare eventuali interventi».