Quale futuro economico ci attende nel secondo semestre del 2023?
La dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre è preoccupante e le attese per il terzo trimestre non sono positive. Flettono in Italia l’industria e le costruzioni mentre prosegue la crescita, molto moderata dei servizi, trainati dal turismo.
La crescita è frenata dai tassi alti in un momento in cui il traino estero all’export di beni si è arrestato. La Germania è in recessione e francamente è arduo sostenere che durerà poco.
Le sintesi di Confindustria ci ricordano che l‘inflazione italiana continua la discesa (a giugno +6,4% annuo), grazie al prezzo del gas poco sopra i minimi (32 euro a Mwh) che ha riportato i prezzi energetici al consumo su ritmi moderati (+2,1%).
A luglio la BCE ha deciso un altro rialzo dei tassi lasciando la porta aperta per ulteriori rialzi giudicando l’inflazione ancora troppo alta. Scelte basate su protocolli datati che andrebbero rivisti e adeguati.
Indubbiamente il credito è caro e scarso, così le imprese italiane stanno subendo un continuo aumento del costo del credito. Questo riduce lo stock di credito bancario.
Le indagini Istat e Banca d’Italia mostrano un irrigidimento dei criteri di offerta (costi, ammontare, scadenze, garanzie), una domanda frenata dal costo eccessivo, una quota significativa di imprese che non ottiene credito o che rinuncia a causa delle condizioni onerose. Quale futuro economico, ma anche sociale, ci attende nel secondo semestre 2023 e nel 2024?
A dare una spinta, sostenendo il Pil, sono i servizi trainati dal turismo: la spesa degli stranieri in Italia in estate registra dati confortanti. L’offerta speriamo si prolunghi in autunno e oltre.
In parziale controtendenza ai dati italiani è l’economia del Nordest. Vino, materie plastiche, oreficeria, macchine agricole: i distretti del Triveneto sono, infatti, stati protagonisti dell’ultima edizione del rapporto annuale di Intesa Sanpaolo sulla velocità del recupero dopo il crollo del 2020. Dopo il settore gomma del bergamasco, al secondo e al terzo posto assoluto si collocano due distretti dei vini (Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e Vini e distillati del Friuli) entrambi con una forte affermazione sui mercati esteri. Scorrendo la graduatoria risulta che le materie plastiche di Treviso Vicenza e Padova hanno avuto una spinta nel rimbalzo post-pandemico in termini di fatturato e di marginalità e si collocano al quarto posto in Italia, seguiti dalle macchine agricole di Padova e Vicenza al sesto posto per la buona dinamica di crescita del fatturato. Altri tre distretti veneti si evidenziano nelle prime 20 posizioni: i Prodotti in vetro di Venezia e Padova al tredicesimo posto grazie alla crescita dell’export, le Biciclette di Padova e Vicenza al quindicesimo posto con robusta crescita del fatturato, favorite dall’affermazione di nuovi stili di consumo. Per il Friuli-Venezia Giulia, il settore mobile e pannelli di Pordenone si pone al 26esimo posto con una crescita robusta del fatturato rispetto al 2019 e risultati brillanti sui mercati internazionali.
ll sistema delle imprese del Nordest continua a mostrare resilienza, insieme a qualche slancio di dinamismo. I dati del secondo trimestre 2023 evidenziano un saldo positivo tra aperture e chiusure di imprese, con un aumento di 445 nuove imprese nel periodo aprile-giugno. Il tasso di crescita nel secondo trimestre 2023, rispetto al trimestre precedente, è stato pari a +0,46%. È quanto emerge dall’analisi relativa al periodo aprile-giugno 2023, condotta da Unioncamere e InfoCamere.
A livello territoriale, il Mezzogiorno ha subito la flessione più marcata in termini di tasso di crescita, il Nord-Ovest e il Centro sono le due aree geografiche che condividono il primato per l’incremento relativo più elevato rispetto al trimestre precedente (+0,5%), segue il Nord-Est con +0,47%.
Tutti i settori economici hanno messo a segno saldi positivi nel secondo trimestre, eccetto quelli dell’estrazione di minerali da cave e miniere e del trasporto e magazzinaggio. Meglio degli altri, in termini assoluti, ha fatto il settore delle costruzioni, uno tra i più rilevanti per numero di realtà esistenti, con 126 imprese in più nel trimestre.
Occorre chiedersi se il trend in crescita dei servizi sia il segno di un’economia in trasformazione e se ciò sarà in grado di soddisfare in futuro la domanda di lavoro degli italiani.
Se da un lato, quindi l’economia internazionale sta frenando ovunque per effetto della stretta anti-inflazione delle banche centrali (e c’è da chiedersi perché ciò è ammesso, tollerato e consentito) chi si domanda se i rialzi dei tassi di Bce e Fed siano una terapia realmente necessaria oppure potrebbe costringerci a pagare il prezzo di una crisi che potrebbe essere già ri-iniziata alla pari di quanto accaduto nel 2008?
Chi ci assicura che il neo-rigore della Bce dopo anni di tassi a zero sia una misura corretta? E chi concorda e tollera la politica degli annunci, del tutto incauta dal punto di vista della comunicazione del governatore Christine Lagarde?
Personalmente sostengo che c’è un problema di stretta del credito per le imprese quando, invece, la disponibilità di liquidità del nostro sistema dovrebbe essere elevata magari tenendo conto che nel periodo pandemico la nostra industria ha accumulato liquidità senza fare grandi investimenti.
Come accennato la Germania è scivolata in recessione. E c’è da temere che il trend negativo possa consolidarsi anche nel secondo semestre 2023. Se la Germania non cresce non è una buona notizia per l’Italia e per il Nordest che dipende molto dalla domanda tedesca essendo molto specializzato nell’export. In un mondo che si sta frammentando i Paesi che esportano sono quelli che rischiano di soffrire di più. La Germania oggi patisce di più questo rallentamento avendo sempre privilegiato i commerci e l’export e molto meno gli stimoli necessari alla domanda interna. Se la Germania si ferma, a causa di questa interdipendenza, l’Italia soffrirà come Paese esportatore.
E quindi come sarà il secondo semestre del 2023? Ci sarà un rallentamento della crescita, già in atto a luglio. La crescita è da prevedere molto bassa. Con il Pnrr e Next Generation Ue ci siamo illusi di trovarci dinanzi a un grande rilancio infrastrutturale dell’Europa, ma non è così. Il Pnrr è un piano strategico che meglio sarebbe stato concentrare in molti anni soprattutto per le grandi opere. Ciò anche al fine di garantire prospettive ai giovani, altrimenti è meglio cambiare nome alla Next Generation Ue.
Daniele Damele – Presidente Federmanager FVG