Alimentazione ed emozioni: connubio per la produttività
Riuscire ad ottenere l’incremento del Pil e del KPI in economia dall’alimentazione? Non sono fantasie, ma reali benefici. Mangiare sano ha un effetto diretto sulla produttività. Se davvero si pensasse, a livello istituzionale, al miglior interesse del corpo e della mente, con stili di vita corretti, si otterrebbe la crescita del Key Performance Indicator (KPI).
Queste tematiche, con una ricaduta effettiva sui sistemi micro e macroeconomici, sono state al centro dell’evento pubblico “Alimentazione ed Emozioni: un connubio per la produttività” organizzato da Regus a Trieste lo scorso mese. Protagonista: la biologa nutrizionista Marta Ciani, famosa per aver messo a punto un suo Metodo che incide anche sugli aspetti pragmatici.
Stando ai recenti dati dell’OMS “una corretta alimentazione può accrescere i livelli di produttività del 20 per cento e migliorare concentrazione, creatività e memoria”.
Tutto dipende da quali alimenti facciamo nutrire le nostre cellule e in che maniera reagiamo agli stimoli dello stress. Se non abbiamo cura delle nostre cellule e non le nutriamo in maniera appropriata, si innescheranno disturbi e malattie che avranno dirette conseguenze sul piano lavorativo. Se ai fattori stressogeni, caratterizzanti la vita quotidiana e ogni mansione, rispondiamo buttandoci sul cibo-consolatorio, il cosiddetto comfort food, non potremo che assistere al decremento dei livelli di efficienza e qualità del lavoro.
Il cibo-consolatorio e il cibo-spazzatura intossicano la persona in ogni suo aspetto, fisico, spirituale e lavorativo. La cura del Sè, indagata dall’esperta tramite test psico-attitudinali, si riflette nelle opere lavorative.
“Se ogni sistema produttivo capisse che conviene, anche per un tornaconto concreto, investire sulla buona salute e il benessere dei lavoratori – dichiara la biologa nutrizionista Marta Ciani –, si potrebbe creare una rivoluzione economica dalla svolta virtuosa”.
Nel corso dell’evento l’esperta ha proposto alcuni punti del suo Metodo Zen incentrato anche sul mangiare consapevole, distinguendo tra fame cellulare e fame dello stomaco: ognuno di noi deve imparare che la sazietà dipende dalla qualità dei nutrienti e la pienezza dalla quantità di materia presente nel nostro stomaco.
“I cittadini consapevoli di come nutrirsi saranno non solo liberi dai condizionamenti pubblicitari e dal cibo che crea dipendenza, ma anche liberi di produrre di più, perché la mente sarà meno intossicata dal cibo insano e, di conseguenza, in circolo ci saranno ormoni che regolano correttamente il funzionamento della concentrazione e della memoria”, spiega.
Ai cibi che determinano maggiore dipendenza chimica – cibi ad alto contenuto di grassi, ricchi di zucchero, sale, additivi e altri trucchi dell’industria alimentare che, conoscendo nel dettaglio i ‘meccanismi di rinforzo’, puntano proprio a incanalare il gusto verso i cibi da supermercato – sono correlati anche i cali lavorativi dovuti proprio alle disfunzioni indotte dai fenomeni denominati food craving e food addiction che tolgono attenzione dal lavoro e causano una minore capacità di produrre.
“Non ci riferiamo soltanto al patrimonio creativo del lavoro, elemento di ingegno fondamentale, ma anche agli aspetti pragmatici dell’atto stesso del lavorare: un organismo appesantito e mal nutrito darà vita a prodotti di uguale specie”.
Almeno il 75 per cento delle malattie, secondo le stime più recenti, presenta qualche legame con lo stress. Se non si adottano delle pratiche per contenere l’impatto dello stress, nessun programma alimentare funzionerà davvero, in quanto il cibo resterà una valvola di sfogo o una compensazione errata (cibo-consolatorio). Non è un caso che il 95 per cento delle persone che affrontano una dieta per calare di peso, dopo qualche mese riacquistano, spesso con gli interessi, il peso perso.
Scritto da Irene Giurovich