Siria, è scattato l’attacco. Usa, Regno Unito e Francia. La Russia: “E’ un aggressione”
Stati Uniti d’America, Regno Unito e Francia hanno attaccato la Siria nella notte. Gli obiettivi, ha spiegato il presidente americano Donald Trump in un discorso alla nazione, sono associati al potenziale di armi chimiche del dittatore siriano Bashar al Assad. L’attacco è stato ordinato a una settimana dall’attacco chimico alla città siriana di Douma. Trump, in un discorso per certi versi drammatico, ha definito l’uso di gas chimici in Siria un “atto spregevole” qualificandolo come “crimini di un mostro“. Poco dopo il discorso di Trump hanno parlato, con forma diversa ma sostanza identica, anche la premier britannica Theresa May e il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. La May, in particolare, ha precisato che l’obiettivo “non è un cambio di regime“, ma dissuadere “il regime” dal fare uso di armi chimiche. Stessa nettezza da parte di Macron: “La linea rossa fissata dalla Francia nel maggio 2017 è stata oltrepassata“.
Non si è fatta attendere la risposta della Russia. “Le azioni degli Usa e dei loro alleati in Siria non rimarranno senza conseguenze” ha dichiarato l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonovsecondo quanto riporta la Tass, la principale agenzia di stampa russa.
Si è trattato di un’operazione unica durata poco più di un’ora, partita intorno alle 3 della notte italiana, nel corso della quale sono stati colpiti tre obiettivi legati alla produzione o stoccaggio di armi chimiche: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito a ovest della città di Homs e un importante posto di comando situato vicino. I missili sono partiti da alcuni bombardieri e da almeno una delle navi militari americane nel Mar Rosso. In azione anche fregate e caccia francesi e britannici. Sono stati oltre 100 i missili lanciati, ma “un numero considerevole” sarebbe stato “intercettato e abbattuto” dai sistemi di difesa di Damasco, secondo la versione di Mosca. Un’operazione, dunque, che presenta ancora numerosi punti oscuri, a partire dalle modalità del coordinamento dell’azione e dal fatto che questa sia stata preventivamente comunicata al Cremlino: una circostanza negata dal capo di Stato maggiore delle forze armate americane, Joseph Dunford, e invece sostenuta dalla ministra della Difesa francese, Florence Parly.
La prima reazione di Damasco è stata rivolta a sminuire i risultati dell’operazione: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Assad, i danni sono limitati. Anche Mosca ha di fatto ridimensionato le conseguenze degli attacchi, sostenendo che i missili in arrivo sono stati in gran parte intercettati e distrutti dai sistemi di difesa siriani, tutti “fabbricati in Unione Sovietica oltre 30 anni fa”. Mosca però non ha esitato a condannare le azioni degli Usa e dei loro alleati che “non resteranno senza conseguenze”. Vladimir Putin ha parlato di “atto di aggressione” e ha annunciato che la Russia chiederà una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Anche Teheran, l’altro grande alleato di Assad, ha fatto sapere che “gli Stati Uniti e i loro alleati sono responsabili per le conseguenze regionali che seguiranno all’attacco”, con la guida suprema Khamenei che ha definito Trump, Macron e May “criminali“.
E mentre il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres invita alla “moderazione e alla responsabilità”, il segretario generale della Nato Stoltenberg ha dato il suo sostegno all’operazione. Un appoggio all’attacco è arrivato anche da Unione Europea, Germania, Giappone, Canada e Israele. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni – costantemente informato – ha detto che “non può e non deve essere l’inizio di un’escalation” precisando che “l’Italia non ha partecipato” all’attacco in Siria e soprattutto che “il supporto logistico che forniamo agli Stati Uniti, in questo caso particolare abbiamo insistito e chiarito che non poteva in alcun modo tradursi nel fatto che dal territorio italiano partissero azioni direttamente mirate a colpire la Siria”. Allarmato il commento del leader della Lega Matteo Salvini: “Pazzesco, fermatevi”. Seguito da quello di Silvio Berlusconi: “In queste situazioni è meglio non pensare e non dire nulla”.